Era uno dei Paesi che meglio aveva arginato la pandemia di Sars-CoV-2, almeno durante le prime due temibili ondate. La diffusione della variante Delta, la scorsa primavera, lo ha in parte costretto a inasprire i provvedimenti e decretare importanti restrizioni a livello locale. Risultato: con qualche comprensibile affanno in più, vinta anche la sfida contro la nuova mutazione del Covid. Adesso è il turno di Omicron, e le difese della Norvegia sono crollate sotto i colpi dell’ennesima trasformazione del virus.
Basta dare un’occhiata ai numeri per capire che lo scenario epidemiologico norvegese non è più a prova di contagio. Dall’inizio dell’emergenza globale, la nazione scandinava ha accumulato poco più di 300mila casi e fatto registrare 1.134 vittime. Numeri bassi, ma da calibrare sulle due principali caratteristiche di Oslo: conta circa 5,3 milioni di abitanti (pochi rispetto a tanti altri Paesi europei) e fa registrare una densità abitativa di 15 persone per chilometro quadrato (in Italia, giusto per fare un esempio, siamo a quasi 200).
In ogni caso, il boom di infezioni è arrivato in concomitanza con la metà del mese di novembre, quando da una media di un migliaio di casi siamo progressivamente passati agli oltre 5mila dell’inizio di dicembre.
La lezione della Norvegia
Prima di capire che cosa è successo in Norvegia, appare evidente come tutte le nazioni, anche quelle più avvantaggiate nella lotta contro il coronavirus nonché le più rigorose, possono passare da una situazione di relativa tranquillità a uno scenario di allarme in un battito di ciglia. Altra lezione: in attesa di capire se Omicron è davvero più pericolosa della forma tradizionale di Sars-CoV-2, la sua maggiore contagiosità non sembra in discussione. Dunque, da qui ai prossimi mesi (o anni), la sensazione è che dovremmo abituarci a fare i conti con un Covid sempre più bravo a trasmettersi da un essere umano all’altro, ma meno letale. È probabilmente questa, insomma, la strada che l’agente patogeno appartenente alla famiglia dei coronavirus ha imboccato per diventare endemico. Tornando alla Norvegia, Oslo è stata costretta a cambiare strategia per adattarsi all’attuale situazione.
Sembra passata un’eternità da quando le autorità norvegese, pur con tutte le peculiarità nazionali, venivano prese come esempio vincente da imitare un po’ ovunque ed erano considerate il modello scandinavo vincente per eccellenza, antitesi del liberi tutti della Svezia. La cosiddetta “strategia dei piccoli passi” – evitare le misure drastiche ricorrendo a provvedimenti intermedi, sempre più stringenti nel caso di un aumento dei contagi – ha permesso alla Norvegia di mitigare la pandemia.
Certo, anche la capitale è finita sotto lockdown per un breve lasso di tempo, ma questo è niente a confronto con le misure prese altrove. Qualcosa è tuttavia andato storto. E adesso, anche in Norvegia risuonano allarmi dimenticati.
Il party superfocolaio
Jonas Gahr Store, fresco nuovo primo ministro, ha annunciato l’introduzione di misure restrittive valide un mese ma rinnovabili in caso di necessità. La spiegazione data da Store è un revival di quanto già ascoltato nei mesi precedenti: l’unico modo per scongiurare un lockdown totale è sopportare qualche limitazione, tra cui ridurre al minimo i contatti sociali ed estendere l’uso delle mascherine. Anche perché il sistema sanitario nazionale è da pochi passi dal livello di guardia.
E pensare che a settembre la Norvegia aveva revocato praticamente ogni restrizione in quanto la situazione era sotto controllo. Con gli acquisti natalizi e i numerosi incontri in vista delle festività, il ritmo dei contagi è tornato a salire, alimentato da Omicron e i suoi fratelli. Ma l’Istituto sanitario nazionale norvegese, Fhi, ha acceso i riflettori su un party aziendale tenutosi a Oslo che ha provocato un focolaio di coronavirus con almeno 13 casi della nuova variante Omicron. In tutto, i casi di positività registrati dopo l’evento sono stati quasi 100, fino a 120 secondo altre ricostruzioni. Due partecipanti al party sarebbero stati di recente in Sudafrica.
In ogni caso, il premier Store ha enunciato le nuove misure anti contagio. Tra queste: incontri limitati a non più di dieci persone, anche per party familiari e durante le feste, estendibili a 20 solo per la sera di Natale; distanza di un metro tra le persone in ogni angolo del Paese; obbligo di indossare la mascherina sul posto di lavoro, negli shopping mall e ogni altro luogo pubblico; riduzione dell’affollamento in bar e ristoranti, che non dovranno servire alcolici dopo la mezzanotte; massimo rigore nelle scuole, al fine di proteggere i più piccoli dall’infezione. In tutto questo, il governo si è detto pronto a stanziare nuove somme per compensare le attività commerciali costrette a subire inevitabili contraccolpi economici.