Gli attentati dell’11 settembre 2001

L’attentato dell’11 settembre 2001 ha rappresentato uno dei più gravi episodi di cronaca degli Stati Uniti, nonché uno spartiacque per la storia più recente. Per la prima volta, infatti, è stata colpita al cuore la potenza americana con specifici attacchi verso i più importanti simboli economici e politici del Paese. A pianificare l’attentato è stata l’organizzazione terroristica jihadista Al Qaeda, guidata dal saudita Osama Bin Laden. Quest’ultimo, ricercato già da diversi anni, in quel momento si trovava in Afghanistan protetto dal gruppo dei talebani, i quali dal 1996 erano al potere a Kabul. Gli attacchi sono stati portati a termine con l’impiego di alcuni aerei di linea dirottati verso gli obiettivi da colpire: le Torri Gemelle di New York e il Pentagono a Washington.

Negli anni ’90 si è assistito a livello internazionale ad una forte ascesa del terrorismo di matrice islamista. Diverse organizzazioni spinte dall’ideologia salafita e da una rigida interpretazione dell’Islam sunnita, hanno iniziato a pianificare diversi attacchi contro obiettivi occidentali. Le radici del terrorismo islamico vanno però ricercate più indietro e, in particolare, alla guerra innescata dall’invasione sovietica dell’Afghanistan.

Nel Paese asiatico, in particolare, sono confluiti da diverse nazioni molti  gruppi di ispirazione islamista che hanno iniziato a combattere la presenza sovietica. Tra questi, a spiccare sono state proprio quelle organizzazioni il cui obiettivo era portare la Guerra Santa non solo in Afghanistan, ma anche nel resto del mondo. I gruppi jihadisti sono stati pagati ed addestrati da alcuni governo del Golfo, tra cui l’Arabia Saudita, ma anche dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti. Ad ammetterlo, diversi anni dopo, l’ex segretario di Stato Hillary Clinton. Washginton, nell’ambito della guerra fredda contro Mosca, ha appoggiato i gruppi islamisti per accelerare la disfatta sovietica in Afghanistan, ritenuta una delle cause del crollo dell’Urss.

Tra questi gruppi, a spiccare è stato quello denominato Al Qaeda, che in arabo vuol dire “La Base”. Fondato da Osama Bin Laden, membro di una delle più ricche famiglie saudite, già nei primi anni ’90 il gruppo ha fatto un deciso salto di qualità portando il terrorismo islamista al di fuori dei confini afghani. Nel 1998 l’organizzazione terroristica ha portato a segno una delle più gravi azioni terroristiche contro gli Usa: il 7 agosto infatti, due autobomba sono state quasi contemporaneamente fatte saltare in aria dinnanzi le ambasciate americane di Nairobi e Dar Es Salam. L’attacco ha provocato 224 morti, tra questi 12 cittadini americani. Per Washington un campanello d’allarme: Osama Bin Laden, ritenuto responsabile dell’attentato, è diventato da quel momento il nemico numero uno. Contro di lui, il 20 agosto 1998, sono stati lanciati diversi attacchi tra Sudan ed Afghanistan. Tuttavia, gli effetti dei raid sono stati disastrosi: Bin Laden non è stato né individuato e né eliminato, in Sudan è stata bombardata una fabbrica farmaceutica ed il mito del terrorista saudita negli ambienti islamisti è cresciuto enormemente.

Due anni più tardi, Al Qaeda è quindi tornata a colpire obiettivi Usa: in particolare, la nave militare Uss Cole, ormeggiata a largo dello Yemen, è stata attaccata da una barca imbottita di esplosivo. Le conseguenze sono state pesanti: in quell’occasione sono morti 39 marinai, mentre gli Stati Uniti si rivelarono ancora una volta vulnerabili al terrorismo islamista.

Ma per Bin Laden e per Al Qaeda, il vero obiettivo era un altro: attaccare gli Usa nel proprio territorio con un attentato destinato ad entrare nei libri di storia. La maxi operazione terroristica era nelle mire dell’organizzazione jihadista. Così come poi ricostruito dalle indagini, l’attentato contro un obiettivo strategico negli Stati Uniti è stato concepito nel 1996. A prospettare la possibilità di attacchi con aerei dirottati, è stato Khalid Shaykh Muhammad: pakistano, con un trascorso come studente negli Usa, negli anni ’80 era tra le migliaia di combattenti anti sovietici giunti in Afghanistan. È stato lui a proporre a Bin Laden l’idea di attaccare gli Stati Uniti colpendo con l’ausilio di kamikaze alcuni strategici obiettivi. Ed è stato sempre lui ad indicare le Torri Gemelle come possibile bersaglio. Questo perché il nipote di Khalid Shaykh Muhammad, Ramzi Yusef, è stato responsabile di un attentato attuato nel parcheggio sotterraneo delle Torri Gemelle, avvenuto il 26 febbraio 1993. Un’anticipazione di 8 anni di quanto avverrà l’11 settembre 2001.

Dopo un’iniziale titubanza, il via libera all’attacco da parte di Osama Bin Laden è arrivato tra la fine del 1998 e l’inizio del 1999. Essere sopravvissuto ai raid Usa del 20 agosto 1998, potrebbe aver dato al terrorista l’idea di essere pronto per colpire gli americani dentro il loro territorio. Dalla metà del 1999 sono iniziati i preparativi per l’attacco. Bin Laden ha scelto la lista dei kamikaze che dovevano portare a termine la missione di morte, così come ha garantito il supporto finanziario a tutte le fasi preparatorie. Ed è in questo contesto che si è arrivato all’11 settembre 2001.

Era un martedì come tanti altri: l’estate stava volgendo al termine, i principali network americani stavano dando la notizia di un viaggio del presidente George W. Bush, insediato nel mese di gennaio del 2001, a Sarasota. Qui, in questa località della Florida, era previsto un incontro all’interno di una scuola elementare. A Manhattan in quella mattina c’è qualcosa che non va con l’impianto del gas: in una strada non lontana dal quartiere di Ground Zero, alcuni cittadini hanno chiamato il 911 per via di un cattivo odore di gas. Sul posto sono giunti i Vigili del Fuoco, che hanno quindi iniziato a perlustrare la zona per capire l’origine del problema. Ad un certo punto, ad essere avvertito è un forte rumore. Ma non era un’esplosione, nulla c’entrava il problema con l’impianto del gas della zona. Il rumore veniva dal cielo, sembrava il rombo del motore di un aereo. Difficile da credere, visto che per via della presenza di molti grattaceli gli aeroplani raramente sorvolano questa zona di Manhattan a bassa quota. Ma visto il frastuono, istintivamente gli stessi Vigili del Fuoco hanno alzato lo sguardo al cielo. E l’immagine è stata quella poi immortalata da una telecamera presente lì sul posto: un aereo era andato dritto verso la Torre Nord del complesso del Word Trade Center.

Erano le ore 8:46, l’aereo ha colpito l’edificio in una delle sue parti più alte. Da quel momento, si è intuito di non trovarsi all’interno di una mattinata come le altre. Sul posto sono subito arrivati i mezzi di soccorsi e di Polizia, così come le telecamere dei principali network.

 

Molti americani della costa est stavano ancora entrando negli uffici e stavano iniziando la mattinata quando la Cnn ha iniziato a mostrare il denso fumo che fuoriusciva dalla torre appena colpita. Nella costa ovest invece, forse ancora in tanti dovevano alzarsi e le immagini hanno rappresentato un brusco risveglio. In Europa ed in medio oriente era invece da poco passata l’ora di pranzo, in molti ricordano cosa stavano facendo nelle prime ore del pomeriggio mentre ci si chiedeva cosa fosse accaduto a New York.

La parola attentato era solo sussurrata, sia sui media che tra i pensieri delle tantissime persone che in tutto il mondo guardavano attonite la Torre Nord in fiamme. Improvvisamente, la scena trasmessa in diretta è diventata ancora più drammatica: un’altra esplosione è stata immortalata dalle telecamere che riprendevano Manhattan dagli elicotteri, questa volta il movimento di un altro aereo verso l’altra torre gemella è stato ben visibile in diretta a tutti coloro che osservavano. A quel punto, gli Usa ed il mondo hanno capito di essere davanti ad un grave attacco.

Mentre le immagini proiettavano oramai entrambe le torri avvolte dal fumo degli incendi provocati dall’impatto dei due aerei, su tutti i principali network internazionali spuntava il presidente Bush. Come detto in precedenza, il capo della Casa Bianca si trovava a Sarasota, cittadina della Florida in cui stava parlando all’interno di una scuola elementare. Bush è apparso su un podio dinnanzi ai bambini, ai docenti ed ai giornalisti, parlando per la prima volta pubblicamente di attentato. Ha quindi promesso una rapida indagine in grado di catturare tutti i responsabili.

Il presidente Usa ha appreso dell’attacco mentre era seduto in una classe della scuola elementare. Andrew Card, capo di gabinetto della Casa Bianca, si è avvicinato a Bush per comunicargli la notizia del secondo aereo sulle Torri Gemelle. L’immagine di Card che sussurra al capo dello Stato l’informazione circa il nuovo attacco, è diventata come una delle più emblematiche dell’11 settembre.

Dopo alcuni minuti, George Bush ha tenuto il suo discorso e successivamente ha abbandonato l’edificio. Per diverse ore il presidente è rimasto a bordo dell’Air Force One, il quale non è stato fatto atterrare fino a quando le condizioni di sicurezza a terra sono state ristabilite.

 

Mentre il presidente Bush parlava da Sarasota, sui network americani passava la scritta di un possibile terzo aereo dirottato. Infatti, era già stato accertato, grazie a dichiarazioni dell’Fbi e ad alcune testimonianze, che gli aerei che avevano colpito le Torri erano entrambi dei Boeing. Mezzi di linea dunque, partiti da alcuni aeroporti americani poco prima. Dai radar, si apprendeva da notizie di stampa subito rilanciate in diretta, mancava almeno un altro aereo e dunque si faceva strada l’ipotesi di un altro possibile attacco.

Per questo tutti gli obiettivi più sensibili del Paese sono stati fatti evacuare. L’allarme, in tal senso, iniziava a spostarsi da New York a Washington, dove in tutti gli edifici governativi dipendenti ed impiegati venivano fatti uscire repentinamente. Dal parlamento al Pentagono, dal dipartimento di Stato alla stessa Casa Bianca, dalle 9:30 era iniziata una grande opera di evacuazione di tutti i punti più strategici della capitale federale americana.

Alle 9:37 i riflettori si sono accesi anche su Washington: del fumo denso infatti è iniziato a fuoriuscire da un’ala del Pentagono, sede del ministero della Difesa. L’incendio, hanno raccontato i primi giornalisti accorsi sul posto, si è verificato per via dell’impatto di un aereo contro l’edificio. A quel punto ben si è intuito come il terzo aereo di cui si parlava era quello dirottato dai terroristi verso la sede della Difesa americana. La serie di attacchi dunque non era ancora finita.

 

Le autorità Usa hanno chiuso lo spazio aereo e dirottato tutti i voli diretti verso il territorio americano in Canada ed in Messico. I cieli del Paese dovevano quindi rimanere sgombri, al fine di evitare ulteriori attacchi e di identificare eventuali altri aerei sospetti. Il dramma non era però finito, anzi quanto visto fino a quel momento ha rappresentato soltanto l’inizio di una giornata destinata ad essere molto lunga. Alle 9:59 si ha un altro cambiamento di scena: alle spalle del giornalista della Cnn che in quel momento stava parlando, il fumo proveniente dalle due Torri Gemelle è aumentato di intensità ma non era più soltanto nero. Al contrario, una nuova bianca emergeva in corrispondenza della Torre Sud, la seconda ad essere stata colpita. Quando le telecamera hanno puntato l’obiettivo sulla zona, la sagoma dell’edificio non c’era più: tra lo stupore generale, uno delle due Torri Gemelle è collassata su sé stessa, trascinando con sé le centinaia di persone che ancora erano dentro. Le proporzioni del disastro sono quindi apparse ancora più importanti, oramai tutto il mondo guardava a New York e Washington recependo ancora una volta di trovarsi dinnanzi a qualcosa destinato a passare tragicamente nella storia.

Dopo il crollo della prima torre, l’intera parte meridionale di Manhattan è stata quindi fatta evacuare: migliaia di persone a piedi hanno iniziato a raggiungere zone ritenute più sicure, anche perché l’aria si è subito resa irrespirabile per via della presenza della nuvola di calcinacci che circondava il quartiere. Poco dopo, le stesse scene viste alle 9:59 sono state osservate alle 10:28. In quel momento infatti, le telecamere hanno inquadrato il cedimento strutturale anche della Torre Nord, la prima ad essere stata colpita quasi due ore prima. Le Torri Gemelle, tra i simboli più importanti di New York e degli Stati Uniti, non esistevano più.

Mentre ancora i principali network internazionali trasmettevano le immagini provenienti da Manhattan, iniziano ad affluire anche i dettagli circa i voli presi di mira dai terroristi che hanno poi dirottato gli aerei. In particolare, il primo volo attaccato dal commando è stato quello n.11 dell’American Airlines, decollato da Boston e diretto a Los Angeles e con 92 persone a bordo. È stato questo aereo a schiantarsi alle ore 8:45 sulla Torre Nord. Anche il secondo volo dirottato copriva la rotta Boston – Los Angeles: si trattava, in particolare, del volo 175 dell’United Airlines, schiantatosi poi sulla Torre Sud. A bordo in totale erano sedute 65 persone. L’aereo che ha invece terminato la sua corsa sul Pentagono, era quello del volo 77 dell’American Airlines, partito da Washington e diretto a Los Angeles. A bordo vi erano 64 persone.

Dopo lo schianto di quest’ultimo aereo sul Pentagono, diversi media riportavano la possibile presenza di altri aerei dirottati. Una circostanza non smentita dalle autorità, ma su cui al contempo non esistevano certezze. Intorno alle 11:00 però, si è avuta notizia di un incidente aereo nelle campagne di Shanksville, in Pennsylvania. Nessuno, sia tra i membri del governo che tra gli investigatori, si è però da subito sbilanciato circa la possibile connessione tra questo episodio e la catena di attacchi in corso nel Paese. Il volo era il n.93 dell’United Airlines, decollato da Newark e diretto a San Francisco con a bordo 44 persone. Lo schianto al suolo è avvenuto alle 10:03, quasi mezzora dopo l’impatto fatale del volo 77 dell’American Airlines sul Pentagono. Dunque, tutti gli elementi hanno portato a pensare che quell’incidente aereo in realtà era da ricollegare alla catena di attacchi in corso.  Le indagini hanno poi portato a confermare questa ipotesi: all’interno del volo diversi passeggeri hanno intuito il dirottamento, ribellandosi ai terroristi. Forse l’aereo era destinato a schiantarsi in un altro simbolo del potere politico Usa: la Casa Bianca od il Campidoglio, sede del congresso.

Al termine di quella giornata, i morti accertati sono stati 2.974. A questi, nel computo totale, occorre aggiungere anche i 19 terroristi dirottatori a bordo degli aerei. Gran parte delle vittime erano civili, mentre al Pentagono sono morti 55 militari in quel momento all’interno dell’edificio. Nell’elenco di chi ha perso la vita in quel tragico martedì di settembre, complessivamente anche 10 tra medici e paramedici, 341 Vigili del Fuoco, 23 agenti di Polizia, 37 agenti della Polizia Portuale. Si trattava di persone che erano entrate nelle Torri per soccorrere i feriti dopo l’impatto dei due aerei.

Delle 2.974 vittime, ad oggi ne sono state identificate 1.638. Tutte le altre hanno soltanto un nome nel memoriale eretto sul luogo degli attacchi a New York, ma i familiari non hanno tombe in cui piangere i propri cari. Al numero delle vittime, occorre aggiungere anche almeno 24 dispersi di cui a distanza di anni non si sa più nulla. L’elenco dei morti sale a 2.999 se si considerano anche le persone rimaste uccise dalle malattie generate dall’inalazione dei fumi prodotti dal crollo delle Torri. Sono stati infatti 25 coloro che ufficialmente sono deceduti per via di tumori e patologie polmonari riconducibili alla presenza nel luogo dell’attentato dell’11 settembre.

Nell’elenco delle vittime sono rappresentate almeno 90 diverse nazionalità. Dopo gli Usa, a piangere il maggior numero di morti è stata la Gran Bretagna con 67 persone decedute. Subito dietro vi è la Repubblica Dominicana, con 47 vittime tra i cittadini dello Stato caraibico. A morire quel giorno anche dieci italiani.

Subito dopo l’attacco al Pentagono, poco prima delle 10:00, in una tv di Abu Dhabi è arrivata una chiamata in cui alcuni esponenti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina rivendicava gli attentati in corso negli Stati Uniti. Tuttavia poco dopo lo stesso gruppo ha smentito la rivendicazione. Durante la giornata comunque, i sospetti degli inquirenti riportati dai media erano indirizzati su Al Qaeda. Già sul finire dell’11 settembre 2001, il nome di Bin Laden era quello più riportato dai vari network internazionali. Ed anche se inizialmente non c’è stata una rivendicazione del gruppo islamista, nelle settimane successive lo stesso Bin Laden in alcuni video inviati alla tv Al Jazeera ha ammesso la paternità degli attacchi.

Le indagini successive sveleranno in che modo l’attentato è stato pianificato nei due anni intercorsi dalla decisione, da parte del leader di Al Qaeda, di colpire gli Usa usando kamikaze a bordo di quattro aerei. Per finalizzare l’operazione, il gruppo islamista aveva bisogno di persone fidate in grado di mimetizzarsi nella società Usa: qui infatti dovevano imparare a pilotare aerei e vivere per tutto il tempo necessario prima di compiere l’attacco. Per questo sono stati scelti alcuni affiliati che vivevano ad Amburgo, in Germania: si tratta di Mohammed Atta, Marwan ash-Shehhi, Ziad Jarrah. Atta era il leader di questo gruppo ed è arrivato negli Usa il 3 giugno del 2000: da allora, come riportato da Alberto Bellotto su InsideOver, ha iniziato corsi di addestramento per pilotare aerei in Florida. A questa prima cellula iniziale, nei mesi successivi se sono affiancate altre operative negli Usa per gli addestramenti. Il cuore dell’operazione rimaneva però in Afghanistan, lì dove Bin Laden ed i suoi collaboratori vivevano protetti dal governo dei Talebani. Non è un caso che a lanciare l’allarme, nei mesi antecedenti l’attentato, sia stato tra gli altri anche Ahmed Shah Massud: capo dell’Alleanza del Nord, il gruppo che si opponeva ai Talebani, è stato lui ad inviare alle forze di sicurezza americane l’allarme circa la possibilità di un attacco mirato contro gli Usa. Il 9 settembre 2001, due giorni prima dei tragici fatti, Massud ha accolto nel suo rifugio in Afghanistan una troupe televisiva per un’intervista. In realtà, si trattava di terroristi camuffati come giornalisti, i quali hanno poi ucciso lo stesso Massud. È stato forse quello il vero segnale per dare il via all’azione.

Da parte americana, è stata subito promessa una pronta reazione contro i responsabili degli attacchi. Dopo l’11 settembre, dalla Casa Bianca e dal Pentagono sono partiti i preparativi per organizzare un attacco contro i Talebani in Afghanistan ed iniziare a dare la caccia ad Osama Bin Laden. Il 7 ottobre 2001 i primi raid Usa sono stati condotti a Kabul, con i bombardamenti che hanno poi riguardato le province più importanti del Paese. Gli americani hanno dato manforte politica e militare all’Alleanza del Nord, la quale ha iniziato ad avanzare verso Kabul. Poco dopo, i Talebani sono stati eliminato dal potere, ma il radicamento territoriale del gruppo non è mai venuto meno. La guerra iniziata il 7 ottobre 2001 non si è mai realmente conclusa, nonostante ingenti stanziamenti di uomini e mezzi da parte sia degli americani che degli alleati della Nato.

La mente degli attacchi, ossia Khalid Shaykh Muhammad, è stata catturata nel 2003 in Pakistan. La caccia a Bin Laden invece, è terminata il 2 maggio 2011: ad Abottabbad, sempre in Pakistan, il leader di Al Qaeda è stato scovato ed ucciso all’interno di un compound.

Dopo l’attacco, il presidente americano Bush ha inaugurato la strategia della lotta al terrorismo, la quale oltre alla guerra in Afghanistan comprendeva anche l’inserimento di alcuni Stati all’interno di una lista di “nazioni canaglia” accusate di sostenere l’islamismo. Una strategia che ha portato, nel marzo del 2003, anche all’attacco contro l’Iraq di Saddam Hussein, con quest’ultimo ritenuto reo di fabbricare armi di distruzione di massa e di sostenere il terrorismo. Accuse in larga parte poi rivelatesi false, che hanno però comportato la fine del suo governo. Anche in Iraq la situazione è ancora oggi molto instabile, con i gruppi terroristici ben presenti all’interno del Paese. In generale, la guerra al terrorismo ha rappresentato un fallimento: gli attentati nel corso degli anni in occidente sono stati parecchi ed hanno preso di mira molte città anche in Europa, i gruppi terroristici islamisti possono contare su molti affiliati in tutto il mondo. In questi anni, oltre ad Al Qaeda, l’universo jihadista ha visto l’ascesa di altri gruppi quali, tra tutti, quello dell’Isis.

A livello sociale, l’11 settembre ha rappresentato uno degli choc più importanti subiti dagli Usa ma anche dall’occidente. Da quel momento, negli aeroporto e nei punti più sensibili, le misure di sicurezza sono sempre più aumentate ed il tema relativo alla prevenzione di attacchi terroristici è uno dei più sentiti dall’opinione pubblica.