Quattro mappe per spiegare il Niger

L’ultimo decreto missioni varato da Palazzo Chigi ha messo nero su bianco che oltre 450 militari italiani dovranno volare in Niger. Il testo licenziato dal governo spiega che la missione è frutto di un accordo bilaterale con la Repubblica del Niger e “l’obiettivo è focalizzato sull’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurzza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del c.d. GS Sahel”. Non solo. Il documento spiega anche che l’area di intervento potrà essere allargata a Mauritania, Nigeria e Benin, e che la missione “è intesa, altresì, a fornire supporto alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e a supportare la componente aerea della Repubblica”.

Viene da chiedersi come mai all’improvviso uno dei Paesi più poveri dell’Africa sia diventato uno dei primi obiettivi del governo uscente, e molto probabilmente una patata bollente per i prossimi inquilini di Palazzo Chigi. In parte gli scarsi riferimenti del documento rispondono a questa domanda anche se un’analisi più attenta ci racconta che il Niger, e il Sahel in generale, rappresentano una frontiera chiave per i fenomeni che stanno sconvolgendo gli assetti globali ed europei. Mali, Nigeria, Niger e Ciad sono un crocevia importantissimo di una serie di traffici esplosi in anni recenti. Le rotte migratorie, il traffico di armi e quello della droga. A queste si unisce un quarto fenomeno che riguarda il terrorismo internazionale. L’Africa occidentale è attraversata da una galassia islamista che non solo minaccia le popolazioni locali, ma è in grado di agire anche al di fuori dei propri confini, basti pensare al il traffico di esseri umani e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Ma andiamo con ordine. Chiusa e rinsecchita la rotta balcanica proveniente in particolare da Medio Oriente, uno dei punti più caldi per le migrazioni è rappresentato dalla rotta africana, o meglio dalle rotte africane. A eccezione di quella che si sfoga nell’Africa Orientale, e che arriva verso l’Egitto, quelle Occidentali e centrali confluiscono quasi tutte nel cuore del Mediterraneo, in Libia, Algeria, e Tunisia. In questo senso il Niger ricopre un ruolo chiave.

rotte migranti africa

La posizione strategica, i legami tribali e le condizioni climatiche, hanno fatto del Paese africano un collettore per tutti i flussi dell’area. Agadez è diventata un hub che raccorda i migranti pronvenienti da Ghana, Togo, Benin, ma anche quelli dei Paesi più lontani, come Camerun, Senegal, Gambia, Mali, Guinea, Sierra Leone, Liberia, Costa d’avorio che usa il Burkina Faso come punto di passaggio. Nel 2016 Politico definì senza mezzi termini Agadez come la capitale africana del contrabbando, soprattutto di esseri umani. La città, 170 mila abitanti appena, raccoglie carovane di camion e mezzi che spingono i migranti diretti verso Nord.

L’intensificazione dell’attività dei camion per il trasporto dei migranti.

Un lungo rapporto di Frontex del 2016 ha raccontato che i trafficanti lasciano la città molto spesso il lunedì, per approfittare dei convogli dell’esercito che vanno verso Nord per rifornire le basi. Le carovane viaggiano in mezzo al deserto parallelamente alle strade normali sfruttando la copertura dell’esercito fino per arrivare nei pressi del checkpoint di Toureyet. Il convoglio carico di disperati si muove poi fino a Dirkou oltre il quale proseguono da soli in mezzo al deserto. I trafficanti fanno poi rotta verso Madama per poi sconfinare in Libia. Secondo diverse fonti vicine al governo proprio a Madama troverà posto il contingente militare italiano, che dovrebbe essere schierato nel checkpoint che una volta era della Legione straniera. Un altro dei punti caldi del confine è il passo di Salvador che attraversa nel Nord del Paese passando per  il deserto del Ténéré parallelo al confine algerino. In alcuni casi, come la frontiera tra Niger ed Algeria, sono stati costruiti dei muri di confine. Ma nella maggior parte dei casi il limes resta poroso. In questo senso è chiaro che la nostra missione dovrà lavorare molto nel controllo del confine, come esplicitato nel documento del governo.

traffico di armi africa

Ma i trafficanti del Sahel non commerciano solo in esseri umani. Trafficano in armi, soprattutto quelle leggere. In particolare a pesare nella bilancia africana è stato il disfacimento della Libia. Come raccontato anche qui su Gli occhi della guerra, la caduta di Gheddafi ha aperto le sue armerie al resto dell’Africa. Nel 2016 il centro di ricerca CAR (Conflict armament research) ha cercato di mappare come migliaia di armi e munizioni abbiano irrorato l’Africa e il Medio Oriente. Molte sono arrivate in Mali alimentando la guerra civile tra il 2012 e 2015, altre sono finite in zone come dove vigono conflitti settari, mentre altre ancora sono finite in mano alle decine di gruppi armati jihadisti che si trovano nel Sahara occidentale.

Se escludiamo il caso libico, Niger, Mali e Magreb, e il Sahel in generale sono diventati terreno fertile non solo per Al-Qaeda, ma anche per formazioni che via via si sono legate allo Stato islamico. Un caso su tutti quello del gruppo guidato dall’ex qeadista Adnan Abu Walid al-Sahraoui che ha rivendicato l’uccisione di quattro Berretti Verdi americani in un agguato avvenuto nell’Nord Est del Niger nell’ottobre scorso. Secondo i dati raccolti dal Armed Conflict Location and Event Data Project, tra il 2008 e 2018 sono morte oltre 30 mila persone per attentati e scontri a fuoco perpetrati da AQMI (Al-Qaida nel Maghreb islamico), Boko Haram in Nigeria, Ansar Dine in Mali, l’Isis tra Libia e Egitto, e Ansar al-Sharia sempre sul territorio libico.

La morte dei soldati americani ha rappresentato molto chiaramente quali siano le sfide che i nostri uomini si troveranno ad affrontare tra Mali e Namibia. Non solo. L’attacco a Tongo Tongo costato la vita ai Berretti verdi ha acceso un faro sula questione dei soldati americani stanziati nel Paese. Che però rimane ancora fumosa e coperta da segreti. Secondo fonti della stampa americana la missione delle forze speciale doveva scoprire e individuare alcuni miliziani che passano il confine tra Mali e Niger responsabili di attentati contro la base delle Nazioni Unite in Mali a Kidal. Quindi sotto questo punto di vista la missione italiana rischia il contatto con gruppi armati.

rotte droga africa

L’africa transharariana è diventata anche un nuovo hub per il commercio della droga. Come ha spiegato un rapporto dell’ATOM (Global Initiative against Transnational Organized Crime) l’Africa occidentale, in particolare a partire dai Paesi che si affacciano sul golfo di Guinea, è attraversata, tra Sahel e Sahara, da un flusso di droga che ha un forte impatto sulla governance e la stabilità dei vari Paesi.

In particolare la porta della cocaina sudamericana è la piccola Guinea-Bissau. Fin dall’inizio degli anni 2000 il minuscolo stato africano ha aperto le porte ai flussi dei cartelli diventando un piccolo hub per lo smercio della polvere bianca, con un volume di affari di 1,25 miliardi di dollari l’anno secondo l’Incb (International Narcotics Control Board ). Diversi membri dei cartelli di Bolivia, Colombia e Brasile hanno stretto accordi con le organizzazioni presenti nei paesi del Golfo africano e hanno iniziato a irrorarli di stupefacenti. Una volta approdati nel continente i carichi prendono due strade. Quella aerea da Ghana e Nigeria, o quella terrestre. Quest’ultima ha nelle associazioni terroristiche il principale distributore. Il resto del lavoro lo fanno i confini prosi. Come quelli del Mali e del Niger. Ecco perché, almeno sulla carta, alla base del patto bilaterale tra Roma e Niamey c’è l’idea di lavorare molto sulle capacità dell’esercito nigerino, perché sia in grado di contenere tutti i flussi che passano attraverso i suoi confini migliorando il controllo del territorio.

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