Otto von Bolschwing, il nazista della Cia

Quando si scrive e si parla di nazisti fuggiti alla giustizia di Norimberga e scampati alla vendetta del Mossad, sebbene si dovrebbe, non si fa quasi mai riferimento a Otto von Bolschwing.

Si scrive (giustamente) di Josef Mengele, morto serenamente in Brasile – dove avrebbe proseguito i propri esperimenti sui generis. Si scrive di Reinhard Gehlen, diventato il primo direttore dei servizi segreti della Germania Ovest. Si scrive di Martin Bormann, deceduto quietamente nel Paraguay stroessnerista nel piĂą totale anonimato. Si scrive di Otto Skorzeny, reinventatosi un mercenario al servizio della causa anticomunista. Ma non si scrive quasi mai di von Bolschwing, anche se si dovrebbe. PerchĂ© von Bolschwing, similmente a Gehlen, riuscì in un’impresa straordinaria: ripulirsi al punto tale da entrare nelle stanze dei bottoni. Da vestire la divisa della Central Intelligence Agency.



Otto Albrecht von Bolschwing nasce a Schönbruch il 15 ottobre 1909. La sua cittĂ  natale, all’epoca localizzata nella Prussia orientale, oggi è parte integrante della Polonia.

Figlio di una nota famiglia dell’aristocrazia prussiana, i Bodelschwingh, Otto riceve un’educazione di primo livello, cosmopolita e internazionale, formandosi tra la Germania e l’Inghilterra, piĂą precisamente nelle universitĂ  di Breslavia (oggi in Polonia) e di Londra.

Allevato al culto della patria e testimone inerme della Grande Guerra, Otto, come tanti altri connazionali della sua generazione, negli anni Trenta avrebbe aderito entusiasticamente al Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori dell’incompreso Adolf Hitler.

Dapprima arruolatosi nelle SS e dipoi reclutato dalla sezione intelligence del SD, dopo l’ascesa di Hitler al cancellierato fu inviato nel Mandato britannico di Palestina in qualitĂ  di agente sotto copertura. Qui, raccogliendo informazioni sulle mosse di Sua MaestĂ  e supervisionando il piano nazista per l’emigrazione ebraica, sarebbe entrato nelle grazie del celeberrimo Adolf Eichmann.

Von Bolschwing giocò un ruolo-chiave nell’implementazione dell’accordo di Haavara, che fra il 1933 e il 1939 avrebbe consentito l’emigrazione di oltre sessantamila ebrei tedeschi nell’odierna Israele. Freddo, calcolatore e nonviolento, von Bolschwing avrebbe scritto dozzine di memoranda e relazioni su come incoraggiare un’emigrazione ebraica volontaria e su larga scala, invitando le autoritĂ  a porre in essere delle restrizioni alla vita sociale e alle attivitĂ  economiche tali da rendere l’esistenza ai giudei impossibile.

Entrato nelle grazie di Heinrich Himmler, che a sua volta lo mise al servizio di Eichmann, von Bolschwing sarebbe rientrato in Europa in tempo per assistere allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Ad ogni modo, non avrebbe trascorso molto tempo in patria nel corso del conflitto. Le sue competenze manageriali, invero, venivano richieste ovunque: dalla Romania, dove fu incaricato di aiutare la Guardia di Ferro durante il pogrom di Bucarest, ai Paesi Bassi, dove fu inviato per gestire la confisca dei beni ebraici.

PiĂą interessato al denaro che alla causa nazista, nonchĂ© consapevole del probabile esito del conflitto – era, del resto, un agente dell’intelligence –, ad un certo punto della guerra avrebbe cominciato a lavorare per i Corpi di Controspionaggio (CIC, Counter Intelligence Corps) del Servizio Segreto dell’Esercito degli Stati Uniti.

Von Bolschwing avrebbe continuato a lavorare per gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, sposandone la crociata anticomunista e rivelandosi uno dei loro agenti migliori. Reclutato dall’organizzazione Gehlen, che esperiva operazioni antisovietiche per conto di Washington tra le due Germanie, l’Europa centro-orientale e i Balcani, giocò un ruolo-chiave nel determinare l’esito della guerra civile greca, fornendo agenti e informative all’Occidente.

Dotato di un’intelligenza al di sopra della media e forte di un vasto capitale sociale, rivelatosi determinante nel teatro greco, von Bolschwing riuscì laddove nessuno dei propri connazionali passati all’altra sponda avrebbe mai avuto successo: formalizzare la cooperazione con la Casa Bianca, uscire dall’ombra, cioè siglare un contratto. Contratto che siglò con la Central Intelligence Agency, diventandone un agente a tutti gli effetti.

Troppo prezioso per essere perduto, o meglio ceduto, von Bolschwing avrebbe ricevuto la protezione incondizionata della Cia in piĂą occasioni:

  • 1950. La Cia sabota le indagini delle autoritĂ  austriache sul conto dell’ex nazista, che era sospettato di crimini di guerra, dichiarando di non possedere alcuna informazione compromettente nei suoi riguardi e veicolando l’idea che fosse “pulito”.
  • 1954. Causa il continuare delle attivitĂ  investigative da parte di Vienna, la Cia opta per un’operazione di evacuazione, occupandosi di acquistare i biglietti e fornire il visto per gli Stati Uniti all’agente e alla sua famiglia.
  • 1961. Il Mossad, venuto a conoscenza del ruolo di von Bolschwing durante il processo Eichmann, chiede l’estradizione dell’ex nazista. La Cia rigetta la richiesta adducendo ragioni legalistiche – era diventato un cittadino statunitense nel 1959 – e impedisce che l’apertura di un caso nascondendo il fascicolo dell’agente al Dipartimento di Giustizia.

Von Bolschwing avrebbe pagato la protezione ricevuta dalla Cia, che per evitarne una possibile condanna a morte in Israele aveva litigato con il Mossad. Dovette dapprima rinunciare ad un prestigioso incarico semidiplomatico in India e dipoi accomiatarsi, de facto, dal mondo dell’intelligence.

Avrebbe vissuto gli ultimi anni in maniera turbolenta, tragica, assistendo alla scomparsa prematura della moglie – suicidatasi nel 1978 – e alla riapertura delle indagini a suo carico nel 1981. Morì il 7 marzo dell’anno seguente, a causa di una malattia incurabile al cervello, prima che il mutamento dei tempi ne potesse determinare una condanna, come giĂ  accaduto all’amico ex collega Gehlen in Germania Ovest.

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