L’OAS, l’organizzazione che sfidò de Gaulle durante la guerra d’Algeria

L’età dell’imperialismo ha plasmato la storia dell’umanità, e quella dell’Africa in particolare. Saccheggiato, invaso e spartito, il continente nero è stato l’ombelico del mondo dal 1885 al 1914, periodo della corsa all’Africa, e continua a rivestire un ruolo-chiave negli affari internazionali in ragione dei tesori contenuti nel sottosuolo.

La competizione tra grandi potenze per l’egemonizzazione del continente nero, che non ha mai realmente conosciuto una tregua, ha portato ad un paradosso: non esiste luogo più ricco dell’Africa, eppure nessuno è più povero degli africani. E se tale paradosso è venuto a costituirsi, diventando elemento caratterizzante del continente, è anche perché alcune potenze hanno intravisto in questo luogo, più che un domicilio temporaneo, una vera e propria seconda residenza. Come la Francia, la cui storia e la cui perseveranza l’hanno resa la prima e unica potenza eurafricana.

A rendere la Francia una potenza eurafricana sono, oggi, la sua cangiante demografia, il possesso di strumenti come il Franco CFA e l’esistenza di realtà come la Françafrique, ma, per lungo tempo, il cordone ombelicale che l’ha unita al continente è stato rappresentato dal delta del Maghreb: l’Algeria. Un cordone che non avrebbe mai voluto tagliare, come rammentano la sanguinosa guerra  d’indipendenza algerina e l’epopea della temibile Organizzazione dell’Armata Segreta. Il legame con l’Algeria era talmente profondo che non veniva considerata una semplice colonia ma bensì uno dei dipartimenti dello Stato che aveva sul suo suolo almeno un milione di francesi chiamati “pied-noirs”. 

L’Organizzazione dell’Armata Segreta (OAS, Organisation de l’Armée Secrète) è stata un’organizzazione paramilitare diventata poi un’entità terroristica sanguinaria, nonché culturalmente influente, della Francia gollista.

Fondata a Madrid nel 1961 da un manipolo di ex ufficiali dell’esercito francese, tra i quali Raoul Salan – co-autore del putsch di Algeri –, Pierre Lagaillarde – carismatico capo dell’assedio di Algeri – e Jean-Jacques Susini, l’OAS fu la risposta dei revanscisti e degli oltranzisti del colonialismo al referendum sull’autodeterminazione dell’Algeria avvenuto a inizio anno, supportato dal neo Presidente Charles de Gaulle

Il trio voleva impedire l’indipendenza dell’Algeria – colonia in guerra dal 1954 –, combattendo al tempo stesso contro la classe dirigente francese – ritenuta responsabile della liquefazione dell’impero coloniale –, e avrebbe fatto leva sul proprio capitale sociale, fatto di legionari, militari in servizio e agenti segreti, allo scopo di radunare un esercito parallelo, un esercito segreto, con cui combattere dall’una e dall’altra parte del Mediterraneo.

Dopo aver lanciato un appello dall’eco internazionale, al quale avrebbero risposto reduci dell’Indocina, petainisti, franco-algerini, ebrei algerini, soldati regolari e segmenti deviati dell’apparato di sicurezza nazionale – in combutta, sembra, con Gladio –, stabilito una gerarchia e assegnato i ruoli, l’OAS avrebbe dichiarato guerra ad Algeri e a Parigi.

La prima vittima eccellente dei sicari dell’Oas fu l’avvocato Pierre Popie, assassinato a pochi giorni di distanza dalla nascita dell’organizzazione terroristica. Popie, presidente del Movimento Repubblicano Popolare, era uno dei più noti patrocinatori della causa dell’indipendenza ed era l’autore dell’iconico motto della guerra civile “L’Algérie française est morte“.

A maggio, quattro mesi dopo l’eliminazione di Popie, l’OAS avrebbe mietuto un’altra vittima eccellente: Roger Gavoury, capo della polizia francese nella capitale algerina e uomo di punta dell’Eliseo in loco. Il movente? Una soffiata aveva avvertito Salan, Lagaillarde e Susini che Gavoury aveva cominciato ad indagare sulle ramificazioni dell’Oas in Algeria.

Entro l’aprile 1962, in un solo anno e mezzo di attività – attentati, bombe, omicidi mirati, sparatorie indiscriminate – , l’OAS sarebbe stato responsabile di almeno duemila morti e oltre quattromila feriti. Numeri indicativi di qualcosa: era in corso una guerra nella guerra.

A partire dal 17 marzo 1962, data dell’omicidio dell’intellettuale e capo spirituale della guerra civile algerina Mouloud Feraoun, le attività dell’OAS nel fronte algerino avrebbero cominciato ad incontrare una più dura e violenta opposizione da parte dei locali. E a partire dal 22 agosto dello stesso anno, data di un fallito attentato ai danni di Charles de Gaulle, per l’OAS sarebbe stato l’inizio della fine.

Segno del mutamento dei tempi, dell’avvio ineluttabile del tramonto, fu la condanna a morte di Jean Bastien-Thiry, l’attentatore di de Gaulle. Bastien-Thiry, giustiziato l’11 marzo 1963, sarebbe passato alla storia come l’ultimo detenuto di Francia a morire per fucilazione.

All’indomani del cessate il fuoco stabilito tra l’Eliseo e il Fronte di Liberazione Nazionale dell’Algeria, suggellato dagli accordi di Évian del 18 marzo 1962, l’OAS avrebbe dato il via ad una campagna martellante ed impressionante di attentati dinamitardi sul suolo algerino nella speranza-aspettativa di boicottare quella pace di piombo precorritrice di indipendenza.

La campagna di attentati, contrariamente alle aspettative dell’OAS, non avrebbe fatto che unire ulteriormente Parigi e Algeri, tanto a livello di politica quanto a livello di simpatia popolare, privandola di quel (poco) consenso di cui ancora godeva presso frazioni di opinione pubblica e dell’apparato securitario. Troppi attentati – una media di cento esplosivi al giorno nel mese di aprile –, troppi obiettivi insensati – come ospedali e scuole – e troppe vittime innocenti – 62 in un solo giorno ad Algeri il 2 maggio.

Il 5 luglio 1962, alla fine, l’Algeria avrebbe ufficialmente conseguito l’indipendenza dalla Francia, mettendo la parola fine alla guerra civile e destinando l’OAS, nel frattempo annichilita da arresti e omicidi mirati, alla storia. Quei mesi di fuoco, sangue e odio, però, avrebbero lasciato una cicatrice indelebile ed una voglia di vendetta incontenibile tra gli algerini. Una voglia di vendetta che avrebbe assunto la forma del tragico massacro di Orano, cioè i due giorni di linciaggio e violenze iniziata sullo sfondo dei festeggiamenti per l’indipendenza e consumata da orde di nazionalisti algerini ai danni di centinaia di pied-noirs, costretti a fuggire in Francia malgrado gli accordi di Evian prevedessero una protezione ai coloni francesi rimasti sul suolo algerino. 

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