L’età nazista è stata la grande epoca buia del Novecento. Breve, perché durata solamente dodici anni, eppure incredibilmente intensa, poiché causa scatenante della Seconda guerra mondiale e di genocidi come la Shoah e il Porrajmos, quella nazista è e resta la saga storica più studiata, eppure più incompresa, di tutti i tempi. Un paradosso, perché lo comprensione dovrebbe seguire lo studio, eppure è così.
Il motivo per cui, ancora oggi, laici e professionisti faticano a capire le ragioni di quello che Alfred Rosenberg aveva ribattezzato il Mito del ventesimo secolo è che ne ignorano le origini – oppure le conoscono ma non ne afferrano del tutto la complessità. Perché il nazismo ebbe tanti padri, dal razzismo scientifico angloamericano all’occultismo britannico. E tra quei padri, che furono molti e diversi tra loro, uno dei più importanti fu lo stregone Karl Maria Wiligut.
Karl Maria Wiligut nasce a Vienna il 10 dicembre 1866. Di estrazione aristocratica, Wiligut riceve un’educazione rigida, militare, che a soli 17 anni lo traghetta nel reggimento di fanteria dell’esercito di Milan I di Serbia. Ottenuto il grado di tenente a soli 22 anni, cioè nel 1888, l’anno seguente aderisce ad una loggia paramassonica rispondente al nome di Schlaraffia.
Di questa società, ancora oggi esistente, Wiligut avrebbe scalato i vertici in poco tempo, acquisendo conoscenze e competenze in una varietà di ambiti: dall’esoterismo alla poesia. Ne sarebbe uscito nel 1909, dopo aver ottenuto il titolo di cavaliere e pubblicato due libri grazie al bagaglio sapienziale ivi ricevuto: una raccolta di poemi intitolata Seyfrieds Runen ed un’opera sullo gnosticismo iperboreo dal titolo Neun Gebote Gôts.
Chiamato a servire nell’esercito allo scoppio della Grande guerra, Wiligut avrebbe combattuto per gli Imperi centrali tra Balcani ed Europa orientale. Si accommiata dal servizio militare nel 1919, con gli onori, vantando il titolo di colonnello e portando su di sé le cicatrici di una battaglia avvenuta nei pressi di Leopoli.
Nel dopoguerra, ufficialmente in pensione, Wiligut inizierà a profittare del tempo libero per dedicarsi a quella che era stata la sua più grande passione dopo l’esercito: l’occultismo. Una passione che da giovane lo aveva condotto all’interno di Schlaraffia, a studiare le teorie misteriosofiche di Guido von List e Josef Lanz, e che ora, ormai maturo, lo avrebbe riportato da una vecchia conoscenza: Theodor Czepl dell’Ordo Novi Templi.
Internato in un ospedale psichiatrico nel 1924 per via degli abusi consumati ai danni della moglie tra le mura domestiche, Wiligut avrebbe riassaporato la libertà e rivisto la luce del Sole soltanto tre anni dopo. Libero, ma senza famiglia e con una diagnosi di schizofrenia e disturbo narcisistico della personalità, Wiligut avrebbe abbandonato l’Austria, sua terra natale, e preso residenza in Germania, a Monaco di Baviera.
Nella Germania dei primi anni Trenta, in stato di agitazione per l’ascesa del nazismo e in fermento culturale per via del proliferare di società segrete, sette, ordini esoterici e nuovi movimenti religiosi, Wiligut sarebbe rapidamente divenuto un punto di riferimento per amatori dell’occultismo e mistici nazisti. Il motivo? Quel libro sull’ariosofia pubblicato nel lontano 1908, tanto inosservato in Austria quanto popolare in Germania.
Tutti volevano attingere a quel pozzo di scienza dell’occulto e negromanzia che era Wiligut, la cui dimora bavarese sarebbe divenuta il punto di fermata di personaggi come Ernst Rüdiger e di membri dell’Ordine dei nuovi templari e del Partito nazionalsocialista dei lavoratori.
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Troppo famoso nei circoli occultistici per essere ignorato, o meglio per non essere reclutato, Wiligut sarebbe stato introdotto nelle SS su volere di Heinrich Himmler. E non per svolgere un ruolo qualunque: Himmler lo avrebbe messo a capo del Dipartimento per la storia antica e la preistoria dell’Ufficio centrale per la razza e le colonie (RuSHA, Rasse und Siedlungshauptamt).
All’interno del RuSHA, lavorando a stretto contatto con l’Ahnenerbe, Wiligut avrebbe gestito l’agenda dei viaggi dei cercatori di misteri e curato i piani per il restauro del suggestivo castello di Wewelsburg – pensato per diventare il “centro del mondo” nel dopoguerra e nel frattempo utilizzato dalle SS per svolgere riti iniziatici, pratiche occulte e cerimonie ariosofiche, come battesimi ed evocazioni.
Wiligut, come tanti connazionali dell’epoca, era realmente convinto della superiorità della civiltà germanica e del suo essere diretta discendente della perduta razza ariana, in qualche modo connessa con gli atlantidei e gli iperborei. Da giovane era stato un seguace della scuola ariosofica di von List e Lanz – i primi “ricercatori scientifici” della razza ariana e dell’Iperborea –, ma crescendo se ne sarebbe distanziato e avrebbe sviluppato una propria dottrina filosofica attingendo alla mitologia norrena, all’epica germanica e al misticismo giudeocristiano.
Wiligut era anche convinto che la storia dei popoli del mondo fosse cominciata molti millenni prima di quanto attestato dalla storiografia ufficiali. La storia della civiltà germanica, ad esempio, avrebbe avuto approssimativamente inizio prima del duecentomila avanti Cristo.
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Wiligut, contrariamente a molti nazisti, non disprezzava né il messaggio cristiano né la Chiesa cattolica. Era stato, del resto, allevato al credo cattolico sin dalla tenera età. Del cristianesimo, ad ogni modo, aveva una concezione più che eterodossa: credeva che la prima Bibbia fosse stata scritta in tedesco e che Cristo, più che un ariano – tesi in circolazione sin dai tempi di Émile-Louis Burnouf, Houston Stewart Chamberlain e Madison Grant –, non fosse altro che un antichissimo dio venerato dagli avi dei tedeschi dalla notte dei tempi.
Ossessionato dalle rune, parimenti a von List, Wiligut sviluppò un proprio alfabeto runico e realizzò diverse micro-opere con l’antico sistema di scrittura germanico. Wiligut avrebbe trasmesso questa fissazione a Himmler, che nel sistema delle rune armane dell’esoterista avrebbe trovato l’ispirazione per forgiare l’anello con testa di morto delle SS.
Convinto sostenitore della storicità di Atlantide e dell’Iperborea, nonché della tesi della fuga degli ariani nel sottosuolo, Wiligut avrebbe giocato un ruolo-chiave nella formazione dell’agenda dell’Ahnenerbe. Gli viene dato credito, infatti, per aver influenzato una miriade di missioni, dalla Scandinavia all’Asia centrale.
Le avventure naziste di Wiligut avrebbero raggiunto il capolinea nel 1938. Il Partito era venuto a conoscenza dei trascorsi dell’uomo con la psichiatria, degli abusi domestici, e Himmler, per ragioni di immagine, diede l’istruzione perentoria di pensionarlo. Fu congedato pochi giorni prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, nell’agosto 1939.
Anziano, privo di affetti ed ostracizzato dal Partito, Wiligut avrebbe vissuto con inquietudine e in solitudine l’intero conflitto, cambiando città sulla base dei bollettini di guerra. Avrebbe trovato la morte ad Arolsen il 3 gennaio 1946, qualche tempo dopo aver avuto un infarto e non prima di aver erudito i necrofori sull’incisione da apporre sulla lapide:
La nostra vita vola via come una chiacchierata inutile