Erik Jan Hanussen, il mago di Hitler

Dietro ogni statista, in democrazia come in dittatura, si celano sempre un maestro dal quale ha appreso e un ispiratore dal quale è stato influenzato. Perché la storia non è che una catena di trasmissione di conoscenze, di condivisione di esperienze e di circolazione di idee. E pochi posseggono la sete di imparare, e poi di mettere in pratica, che è tipica di statisti e strateghi.

Giulio Mazzarino ebbe come maestro il cardinale Richelieu, di cui portò a compimento il sogno di fare della Francia la regina d’Europa e di mantenere le terre tedesche frammentate in una miriade di micro-Stati in guerra tra loro. Lenin ebbe come ispiratori Karl Marx e Friedrich Engels, dei quali traspose in realtà l’utopia comunista. E Adolf Hitler ebbe insegnanti l’esoterista Erich Ludendorff e il veggente Erik Jan Hanussen.

Erik Jan Hanussen, al secolo Herschmann Chaim Steinschneider, nacque a Vienna il 2 giugno 1889. Figlio d’arte – il padre era attore, la madre una cantante -, nelle sue vene, sebbene una volta adulto si sarebbe spacciato per danese, scorreva sangue moravo ed ebraico.

Allevato sin dalla tenera età alle arti della recitazione, dell’improvvisazione e dell’intrattenimento, Hanussen, crescendo, avrebbe mostrato un talento innato nell’ipnotismo e nel mentalismo. Un talento che avrebbe avuto modo di esprimere in lungo e in largo in Austria e in Germania: nei cabaret, nei caffè-concerto, nei circhi e, infine, nei teatri.

Tra uno spettacolo e l’altro, quando sorprendendo perché telepate e quando stupefacendo perché telecineta, Hanussen sarebbe divenuto il più popolare illusionista e prestigiatore della Germania weimariana, nonché il secondo più celebre del mondo – superato per fama, ma non per bravura – soltanto dal contemporaneo Harry Houdini.

Avrebbe trascorso il primo dopoguerra in viaggio, come un girovago, perché ricercato e contrattato dai signori dell’intrattenimento di Europa, Medio Oriente e Stati Uniti, per i quali Hanussen, in quanto sinonimo di qualità, era un magnete di incassi.

Hanussen, che si era allontanato dal padre da giovane, crebbe come uno spirito libero, privo di qualsivoglia formazione religiosa, perciò da adulto, nonostante le origini ebraiche, non avrebbe avuto problemi a sposare la causa nazista e a stringere un legame particolarmente intenso con un Hitler in carriera, reduce dal putsch della birreria e lontano dal cancellierato.

I due erano soliti trascorrere molto tempo insieme, a volte in pubblico e a volte in privato, e discutevano del più e del meno, di politica come di psicologia delle masse. Hitler era alla ricerca di un nuovo metodo comunicativo, di uno stile in grado di renderlo magnetico, persuasivo e trascinante, e Hanussen aveva la soluzione: applicazione delle tecniche del mentalismo alla comunicazione politica. Ma Hitler, più di tutto, voleva il potere, quello vero – politico -, e Hanussen, all’inizio del 1932, lo rassicurò: aveva interrogato gli astri, e gli avevano risposto che avrebbe vinto le future elezioni.

Sono i cuori degli uomini che vanno conquistati, non le loro povere menti, con le parole e con la mimica del volto e dell’intero corpo. Non è il contenuto di una frase a decidere il suo effetto sul pubblico, bensì il modo in cui viene pronunciata: è il tremare o il tuonare della voce dell’oratore a toccare le corde del cuore umano.

Aver predetto con un anno di anticipo l’ascesa di Hitler al trono di Germania, ed erogato altrettanti vaticini rivelatisi profetici ai nazisti che nel tempo lo avevano interrogato sul loro futuro, non avrebbe cambiato il suo destino, che era quella di una separazione (tragica) con Hitler.

Nell’immediato dopo-elezioni, complice la sua vicinanza a Hitler, gli ambienti comunisti avrebbero lavorato al boicottaggio della celebrità di Hanussen, diffondendo documentazione probante la sua ascendenza ebraica. L’opera di assassinio del personaggio avrebbe dato i suoi frutti: Hanussen, sebbene fosse diventato da poco cattolico, fu allontanato dal Partito e da un giorno all’altro messo all’angolo da coloro che fino al giorno prima erano stati suoi amici.

Il vero punto di rottura, ad ogni modo, sarebbe stato un altro. La sera del 24 febbraio, nel corso di una sessione di divinazione per intrattenere un vasto pubblico, avvertì gli spettatori di aver intravisto il crollo del Reichstag a causa delle fiamme. Fiamme del destino, precorritrici di una nuova era, divampanti dinanzi ad una folla acclamante le SS. Il vaticinio sarebbe divenuto realtà tre giorni dopo e a lui, Hanussen, sarebbe costato la vita.

La mattina del 25 marzo, a poco meno di un mese dall’incendio del Reichstag, Hanussen fu prelevato dalla propria abitazione con l’inganno. Gli agenti delle SA gli dissero di vestirsi, e di seguirlo sulla loro macchina, perché avrebbe dovuto interrogarlo. Lo avrebbero ritrovato senza vita dei contadini due settimane dopo, il 7 aprile, orribilmente mutilato, crivellato di proiettili, nel bosco di Staakowen.

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