Che cos’è la Nine Dash Line, la linea della tensione nel Mar Cinese Meridionale

La Nine Dash Line, o linea dei nove tratti, è una linea di demarcazione tracciata dalla Cina attorno a territori rivendicati da Pechino nel Mar Cinese Meridionale.

La prima stesura, risalente al 1947 – quando il gigante asiatico era guidato ancora dal partito nazionalista del Kuomintang – comprendeva in realtà undici trattini. Questi evidenziavano la volontà cinese di riconoscere spazi marittimi situati tra Vietnam, Malesia e Filippine. In seguito, con la salita al potere del Partito comunista cinese (Pcc), nel 1952, Mao Zedong abbandonò le istanze cinesi sul Golfo del Tonchino, con l’allora premier Zhou Enlai che cancellò due tratti, riducendoli a nove.

Quelle linee, seppur ridotte nella quantità, restavano tuttavia troppo vaghe. Come se non bastasse, non trovavano affatto d’accordo i Paesi limitrofi della Cina. Si scatenò così un braccio di ferro legale che continua ancora oggi. I problemi, in realtà, sono sorti da pochi decenni, visto che il Dragone – non più lo Stato povero e debole del periodo maoista – è tornato a rivendicare con forza la propria area territoriale nel Mar Cinese Meridionale. Che, non a caso, è la stessa delimitata dalla Nine Dash Line.

La Cina rivendica la “sovranità indiscutibile” sul Mar Cinese Meridionale, tanto che alcuni funzionari definiscono quest’area il “suolo nazionale blu“, un termine usato per riferirsi alle acque al largo del Paese.

Le origini della linea a nove trattini – precedentemente a undici – possono essere fatte risalire alle mappe ufficiali realizzate dal governo nazionalista del Kuomintang prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1949, le forze comuniste di Mao Zedong sconfissero i nazionalisti, i quali fuggirono a Taiwan, stabilendovi il proprio dominio. Di conseguenza, sia la Repubblica popolare cinese che Taiwan rivendicano entrambe la proprietà del Mar Cinese Meridionale.

L’area contesa, al centro di rivendicazioni reciproche tra più nazioni della regione, comprende le Isole Paracel, le Isole Spratly (delle quali l’isola Taiping, la più grande, è controllata da Taiwan), e varie altre aree, tra cui l’Isola di Pratas e Vereker Banks, e gli atolli Macclesfield Bank e Scarborough Shoal.

La maggior parte dei territori e delle isole contese sono solo piccoli pezzetti di terra con poca storia alle spalle e praticamente nessun civile. È anche per questo motivo che molti Paesi sono riusciti a trasformarli in simboli di patriottismo.

Il geografo cinese Yang Huairen fu una delle personalità di spicco che contribuì ad incidere la linea. Yang, nato nel 1917, dopo aver ricevuto una formazione accademica nel Regno Unito fu assunto dall’allora governo nazionalista cinese. Nel 1947, ha lavorato alla stesura della prima mappa introducendo la linea di 11 trattini, nominando ufficialmente ogni pezzo di roccia e barriera corallina presente nell’area, definendo l’intera zona “Isole del Mar Cinese Meridionale”.

Le origini della discordia risalgono però ancora più indietro nel tempo. Al termine della guerra sino-francese, nel 1885, la Cina firmò il trattato di Tientsin con la Francia, rinunciando alla sua sovranità sul Vietnam. Due anni più tardi, l’allora governo Qing firmò una convenzione per delimitare la frontiera tra Cina e Tonchino, ma quel documento non chiariva affatto il confine idrico tra la Cina e l’Indocina francese.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone fu sconfitto e la Repubblica di Cina (governata dai nazionalisti) rivendicò le Isole Paracel, Pratas e Spratly. Il punto fu che, in base alla Dichiarazione del Cairo del 1943 e alla Proclamazione di Potsdam del 1945, la sovranità cinese sull’ampia area del Mar Cinese Meridionale non era stata dichiarata. Nel dicembre 1947, il Ministero dell’Interno del governo nazionalista cinese pubblicò la “Mappa di localizzazione delle Isole del Mare del Sud” che presentava una linea con undici trattini.

La Cina fa risiedere la sua rivendicazione sul Mar Cinese Meridionale su basi di natura storica. Diversi analisti e accademici cinesi sostengono infatti che le isole del Mar Cinese Meridionale siano state scoperte per la prima volta dalla dinastia cinese Han più di due millenni fa.

Come ha sottolineato il Time, citando fonti cinesi, una missione cinese nel III secolo d.C. in Cambogia avrebbe fornito resoconti dettagliati delle Isole Paracels e Spratly. In seguito, tra il X e il XIV secolo, durante le dinastie Song e Yuan, molti resoconti cinesi ufficiali e non ufficiali mostravano il Mar Cinese Meridionale all’interno dei confini nazionali della Cina.

La linea è stata a lungo oggetto di speculazioni su cosa rappresentasse. C’è chi la considera una rivendicazione territoriale cinese e chi una rivendicazione cinese su uno spazio marittimo, mentre altri analisti si chiedono se i trattini puntino ad estendere la sovranità cinese su tutta l’area contrassegnata o soltanto sulle risorse presenti in loco. Pechino non è mai stata molto esplicita. Si è limitata a rivendicare, in maniera generica, la linea dai nove tratti.

Nel 2013, le Filippine hanno presentato un ricorso al Tribunale Permanente di Arbitrato dell’Aja contro la posizione sostenuta dalla Cina. Nel 2016, quello stesso Tribunale, pronunciandosi a favore di Manila, ha dichiarato la linea a nove tratti era una violazione dei diritti internazionali.

Pur non “deliberando su alcuna questione di sovranità sul territorio terrestre e non delimiterà alcun confine marittimo tra le Parti”, l’arbitrato ha concluso che la Cina non ha storicamente esercitato il controllo esclusivo sulle acque all’interno della linea dei nove trattini e non ha “alcun diritto legale base” per rivendicare “diritti storici” sulle risorse presenti.

I detrattori della posizione cinese, inoltre, sottolineano il fatto che Pechino ha firmato la Convenzione sul Diritto del Mare, la stessa che fissa la zona economica esclusiva di un Paese nello spazio delimitato entro le 200 miglia dalle sue coste. In base a questo, le isole rivendicate dal Pcc non spetterebbero al Dragone. Quest’ultimo ha ribadito che il verdetto emesso dall’Aja è da considerarsi carta straccia.

La situazione è tornata improvvisamente agli onori delle cronache per “colpa” del film Barbie. Il Vietnam ha bloccato l’uscita dell’intera pellicola per ragioni geopolitiche, visto che contiene una scena che mostra una mappa controversa agli occhi del governo vietnamita, con le rivendicazioni cinesi sull’intero Mar Cinese Meridionale, del quale Hanoi reclama una parte.

Vi Kien Thanh, capo del dipartimento del cinema in Vietnam, è stato chiaro: “Non concediamo la licenza per l’uscita del film americano Barbie in Vietnam perché contiene l’immagine offensiva della linea dei nove tratti”.

Non è la prima volta che il governo vietnamita ha deciso di interrompere l’uscita di un film a causa dell’inclusione della linea dei nove trattini. Nel 2022, il film d’azione di Sony Uncharted è stato ritirato per lo stesso motivo, così come il film d’animazione di DreamWorks Abominable nel 2019. Netflix ha invece rimosso la serie drammatica di spionaggio australiana Pine Gap nel 2021.

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