La moschea di Camlica

Enver Pasha, l’albanese che conquistò la Sublime Porta

Nella Turchia dell’era Erdogan stanno venendo recuperati dall’oblìo e/o dotati di un nuovo smalto luccicante innumerevoli personaggi del passato remoto e recente che hanno contribuito alla grandezza della Sublime Porta, da Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli, a Necmettin Erbakan, il teorico del neo-ottomanesimo.

L’obiettivo della dirigenza erdoganiana è una ri-nazionalizzazione delle masse, sino agli anni recenti indottrinate al culto di Mustafa Kemal Ataturk, in direzione dell’islam politico, del panturchismo, del turanismo e della venerazione dell’era ottomana, coerentemente con l’agenda conservatrice, identitaria e turco-centrica del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP, Adalet ve Kalkınma Partisi).

Fra i personaggi storici disseppelliti negli anni del grande risveglio della Turchia, oltre ai suddetti, figura e risalta Enver Pasha, uno dei più grandi condottieri del decadente impero ottomano, nonché un intellettuale votato al panturchismo, che, oggetto di una damnatio memoriae sin dall’epoca di Ataturk, oggi è stato riabilitato ed è tornato ad esercitare un’influenza culturale di rilievo.

Ismail Enver nasce a Costantinopoli il 22 novembre 1881 da una famiglia di origini albanesi. Allevato alla venerazione del sultano, cresce con l’anelito di fare carriera nelle forze armate ottomane. Fervente patriota sin dalla gioventù, Enver studia e si forma nell’ambiente militare, diplomandosi con gli onori nel 1903 alla Harp Akademisi e diventando un maggior generale nel 1906.

Inviato a prestare servizio in quella che oggi è la Macedonia del Nord, qui viene introdotto da suo zio, Halil Kut, in un’organizzazione segreta, la Società Ottomana per la Libertà, i cui membri, di lì a poco, ovvero nel 1908, avrebbero protagonizzato la cosiddetta rivoluzione dei giovani turchi e condizionato profondamente le dinamiche dell’etnopolitica del tramontante impero ottomano.

Avido lettore – nota era la sua passione per Gustave Le Bon, l’autore de Psicologia delle folle –, la scoperta delle tesi leboniane sulla manipolabilità delle masse lo avrebbe influenzato per tutta la vita, spronandolo ad esercitarsi nell’oratoria e nella proiezione del carisma, nonché nella massificazione del pensiero dei suoi seguaci.

Nel 1908, allo scoppio della rivoluzione dei giovani turchi, Enver non si sarebbe fatto cogliere impreparato né avrebbe lasciato ad altri il timone degli eventi. Nell’aspettativa-speranza di un effetto valanga, il giovane militare iniziò a formare delle bande di guerriglieri (çetes) e a diffondere il verbo di una rivoluzione incombente presso la popolazione dei centri urbani.

Facendo leva sulle proprie origini, Enver arruolò nelle proprie çetes albanesi e kosovari, presenti in grande numero fra Tracia ed Anatolia occidentale, e viaggiò in lungo e in largo, da villaggio a villaggio, mettendo in pratica le lezioni sul carisma apprese leggendo Le Bon. Intimorito dallo spettro di una destituzione, l’allora sultano Abdul Hamid II avrebbe ceduto alle pressioni di Enver e dei giovani turchi, ripristinando la costituzione del 1876 e, così facendo, consegnando il giovane militare albanese alla storia.

Nei mesi successivi alla rivoluzione, Enver e il suo alleato, Ahmed Niyazi Bey, sarebbero divenuti dei personaggi pubblici oggetto di devozione in tutta la nazione. Intervistati dai giornalisti, invitati a parlare nelle scuole e immortalati nelle cartoline, i due sarebbero stati ribattezzati gli “eroi della libertà” (hürriyet kahramanları) e la loro carriera ne avrebbe beneficiato grandemente, fra promozioni e stabilimento di contatti importanti con l’estero.

Enver sarebbe stato presente ovunque la Sublime Porta abbisognasse di condottieri capaci e impavidi: in Libia, dove nel 1911 scoppiò la guerra italo-turca e assunse il comando delle operazioni, nei Balcani, dove l’anno successivo scoppiarono le guerre balcaniche, e a Costantinopoli, dove nel 1913 avrebbe partecipato ad un colpo di Stato con l’obiettivo di fermare il declino dell’impero.

Il golpe, passato alla storia come l’assalto alla Sublime Porta (Bâb-ı Âlî Baskını), sarebbe terminato con l’assassinio dell’allora ministro della guerra, Huseyn Nazim Pasha, e con l’istituzione del “Triumvirato dei tre Pascià” – Enver, Talaat e Cemal. Sotto l’egida di Enver, sostituto del defunto Nazim e divenuto pascià (o pasha), la Turchia si ritirò dal tavolo negoziale di Londra per la risoluzione delle guerre balcaniche.

Allo scoppio delle seconde guerre balcaniche, Enver seppe profittare delle divisioni tra i neonati Stati per recuperare il controllo della Tracia orientale, venendo celebrato in patria come il “conquistatore di Edirne” e osannato persino dalla famiglia reale, che gli diede in sposa la principessa Naciye Sultan.

Divenuto un membro effettivo della Casa di Osman (Ḫānedān-ı Āl-ı ʿOsmān), investito del titolo di damat, Enver cominciò a dedicarsi alla diplomazia, con il benestare della dinastia regnante, mettendo la firma sull’alleanza turco-tedesca, formalizzata nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale.

Allo scoppio della Grande Guerra, Enver avrebbe focalizzato i propri sforzi nel Caucaso meridionale, lasciando ai tedeschi l’onere di combattere i russi nel Mar Nero. Ancora titolare del ministero della Guerra, nei quattro anni successivi Enver avrebbe guidato i connazionali nella riconquista di Kars e Batumi, cedute a Mosca al termine della guerra russo-turca del 1877-78, partecipato a deportazioni e massacri compiuti nell’ambito di quello che sarebbe passato alla storia come il genocidio armeno e coordinato la fondazione dell’Armata islamica del Caucaso (Kafkas İslâm Ordusu), un’unità militare composta esclusivamente da musulmani, soprattutto turchi e azerbaigiani, e specializzata nel combattimento dei russi nel Caucaso meridionale.

L’impero ottomano aveva siglato l’alleanza con il blocco sbagliato. Nel 1918, perduta la guerra, Enver viene rimosso dal ministero della Guerra e la breve epopea dei tre pascià giunge ufficialmente al termine. I tre burattinai, dinanzi alla prospettiva di una condanna a morte, fuggono all’estero ed Enver trova riparo nell’amica Germania.

Una volta a Berlino, Enver viene rapidamente contattato dalla diplomazia tedesca, che gli propone un incarico riguardevole: recarsi a Mosca e sondare il terreno per una possibile alleanza tedesco-sovietica. Missione che avrebbe accettato e portato a termine con successo: i semi del viaggio di Enver a Mosca sarebbero germogliati pienamente negli anni successivi, sfociando in un’intensa cooperazione industriale e nel patto Ribentropp-Molotov – la cui futura conformazione, inclusa la spartizione della Polonia, fu delineata durante il soggiorno moscovita dell’ex damat ottomano.

Vano ogni tentativo di fare ritorno in patria, perché incredibilmente inviso ad Ataturk, Enver morì il 4 agosto 1922 in quella terra che aveva combattuto con ardore e tenacia negli anni della Grande Guerra: l’Unione Sovietica.

La storia ha dimostrato come il pensiero enverista sia senza tempo e come, in particolare, sia stato recuperato e valorizzato durante l’era Erdogan. Fervente sostenitore del panturchismo e del turanismo, che avrebbe promosso persino all’interno dell’Unione Sovietica, tentando di guidare un’insurrezione anti-bolscevica in Asia centrale, Enver fu anche, per via delle sue origini, un patrocinatore della fratellanza turco-albanese.

Seguace del solidarismo islamico, nella visione nazionale di Enver non v’era spazio per la collaborazione con le minoranze cristiane, meno che mai quelle greche e armene, che avrebbero dovuto essere convertite oppure relegate ai margini della società e dell’economia. I turchi, sosteneva Enver, avrebbero dovuto fare esclusivamente affidamento su due popoli fratelli, gli albanesi e gli azerbaigiani, con la curiosa eccezione della Germania, da lui ritenuta l’unica alleata in Europa e tra le nazioni cristiane.

Il suo pensiero, lungi dall’essere caduto nel dimenticatoio, è stato riscoperto e sviluppato a partire dalla fine della guerra fredda, così come la sua memoria è stata progressivamene riabilitata dall’alto. Citato ed acclamato da Recep Tayyip Erdogan durante la Parata della Vittoria di Baku del 2020, organizzata per celebrare il trionfo azerbaigiano nella seconda guerra del Nagorno Karabakh, Enver gode di una popolarità crescente presso le opinioni pubbliche di Ankara, Baku e Tirana.

Influenza culturale a parte, Enver sembra essere l’autore dell’attuale agenda estera dell’AKP, come dimostrano l’attivismo turco nell’Albanosfera, il ritorno neo-ottomano in Azerbaigian, il rapporto di amore-odio con la Germania, la promozione in Eurasia del turanismo e del panturchismo e l’ambizione del Gruppo Sadat di dare vita ad un’armata dell’islam. Il disseppellimento del pascià albanese che conquistò la Sublime Porta è la prova di come il passato possa essere estremamente presente e di quanto sia fondamentale una conoscenza degli accadimenti di ieri per comprendere quelli di oggi e, con un po’ di valentia, pronosticare quelli di domani.