Amin Laschet ha preso il posto di Angela Merkel. Un ruolo che non riguarda soltanto la Germania, ma anche l’intero contesto europeo. Il congresso della Cdu che si è appena concluso (per quanto manchi ancora la ratifica postale) era chiamato ad individuare il leader del partito che, salvo sorprese davvero poco pronosticabili, guiderà anche il prossimo governo teutonico. La Merkel detta spesso temi e tempi all’Unione europea. Una tendenza che Laschet è chiamato a replicare. La Bundeskanzlerin ha infatti già annunciato che lascerà per sempre la politica. Qualcuno pensa che in preparazione ci sia una staffetta con Ursula Von der Leyen alla guida della commissione Ue, ma sino a questo momento gli indizi non sono sufficienti per stabilire la veridicità di questa supposizione.
Il trentatreesimo congresso della Cdu ha, con buone probabilità, già influito sulle sorti dell’Europa del futuro. La Merkel è stata una figura chiave e Laschet non ha un compito facile. Anche perché non è detto che la Germania post-Merkel riesca a recitare la parte del leone nel corso dei prossimi decenni. Quante e quali decisioni strategiche rivelatesi determinanti sono dipese dalla Merkel e dai governi che ha presieduto? Laschet avrà la stessa capacità d’incidere? Soltanto il tempo può rispondere. Prima ancora di provare a replicare a questi quesiti, inoltre, i tedeschi saranno chiamati a votare. Le elezioni teutoniche, al netto della pandemia, dovrebbero svolgersi nel 2021. Stando a quanto riportano i sondaggi citati dall’Agi, i cristiano-democratici dovrebbero perdere più di qualcosa in termini di consensi. In ogni caso, risulta difficile immaginare uno scenario che non preveda la presenza della Cdu, con tanto di Cancelliere, nel prossimo governo tedesco. Tutto comunque può accadere.
Amin Laschet rappresenta la continuità. I delegati potevano scegliere di rompere rispetto al passato merkeliano, ma così non è stato. Se Angela Merkel avesse potuto scegliere il suo successore, per ragioni tanto correntizie quanto ideologiche, avrebbe presumibilmente nominato proprio Laschet. E questo è già un segnale che aiuta a comprendere quanto sia difficile, per l’intero consesso politico teutonico, mettersi alle spalle l’esperienza della Cancelliera che va avanti dal 2005.
Per i sostenitori della rottura con il merkelismo, doveva prevalere Friederich Merz, neoliberista di ferro, che la Merkel in buona sostanza non ha mai considerato più di tanto. Merz ci aveva già provato nel 2018, ma era stato sconfitto da Annegret Kramp-Karrenbauer, che si è poi ritirata dalla corsa. La Karrenbauer aveva spostato troppo a destra l’asse dell’Unione democratico-cristiana di Germania. Non sembrano esistere spazi nella Cdu, quindi, per chi intende allontanarsi dalla Merkel e dalla sua visione del mondo. La ricetta neoliberista di Merz è stata bocciata, mentre quella conservatrice della Karrenbauer si è arenata per via di una quasi incompatibilità di fatto con il partito che aveva iniziato a presiedere.
Amin Laschet siede sullo scranno più alto della Cdu, dopo essere stato un politico di lungo corso. Non è, per così dire, un uomo della società civile prestato alla politica o qualcuno che si era allontanato dalla Cdu, come nel caso di Merz, in seguito peraltro a delle frizioni avute proprio con Angela Mekel. Nato nel 1961, Laschet proviene dal Nord-Reno Westfalia, il land di cui è attualmente governatore. Questo è un fattore che va tenuto in forte considerazione. La Renania settentrionale può vantare un Pil pari a quasi 600 miliardi di euro, mentre costituisce pure il Land più popoloso tra quelli tedeschi. Al suo interno, per dirne una, c’è la storica regione della Ruhr, oltre alla città di Colonia. Nella vittoria di Laschet risiede pure un dato territoriale: un bacino elettorale potenzialmente molto largo per quando si andrà a votare e consolidati rapporti con le forze economiche teutoniche per coordinare le sorti della Germania del futuro. Il padre del vincitore del congresso della Cdu era un minatore. E, all’interno dell’appuntamento congressuale dell’inizio del 2021, il governatore della Renania ha voluto porre più di un accento sulla sua storia personale, che certamente racconta una progressione in termini economico-sociali. Laschet ha sì studiato Giurisprudenza, ma prima di sposare la causa politica ha più che altro fatto il giornalista. A ben vedere, l’esperienza politica è il vero canovaccio che lega l’intera esperienza esistenziale del governatore. La prima elezione di cui si è reso protagonista è stata quella al Bundestag, nel 1994. Poi l’esperienza al Parlamento di Strasburgo e Bruxelles, che si è declinata con l’ingresso negli affari politici della Renania nel 2005. Da allora non ha più abbandonato il suo Land di riferimento, sino a diventarne il governatore.
Utilizzando le categorie politiche che sono familiari a noi italiani, diremmo che Laschet è un vero e proprio democristiano. Usufruendo di logiche correlati agli schieramenti, diremmo pure che Laschet non aderisce al globalismo ed al neoliberismo sfrenato di Merz, ma neppure al conservatorismo di centrodestra di cui è invece un’esponente la Karrenbaurer. I delegati della Cdu, nel congresso del 2021, hanno preferito il moderatismo e la più classica delle vie di mezzo. Prima del voto dei delegati, si è fatto un gran parlare di come Merz fosse intenzionato a spostare la Germania, in caso di vittoria, verso le posizioni dei cosiddetti “Paesi frugali”. Con Merz, insomma, la Repubblica federale tedesca avrebbe guardato con maggior favore alle posizioni che in questi anni sono state espresse sui tavoli europei dall’Olanda, dalla Danimarca, dalla Svezia, dalla Finlandia e così via. Non che la Merkel sia una loro avversaria, ma con Merz avremmo potuto assistere ad un’alleanza quasi sistematica tra la Germania e le richieste del Nord Europa. Come sappiamo, questo avrebbe influito anche sulle sorti del sistema economico-italiano, e più in generale delle nazioni del Sud Europa.
Oltre agli annunci sul “come” la Germania andrà a ricoprire nel futuro all’interno dell’Ue, esistono anche altri distinguo tra Laschet e Merz. Il trionfo di Laschet non è avvenuto sulle ali dell’entusiasmo. E Merz è stato in partita fino alla fine. Il politico uscito sconfitto nell’appuntamento congressuale del 2021 è considerato un “falco” su tutta linea: dalle condizioni che avrebbe voluto imporre alle nazioni come la nostra, che devono affrontare il tema del debito pubblico, al tipo di gestione dei fenomeni migratori che sarebbe stata impostata nel caso Merz avesse vinto: le differenze sono molte. Merz, ad esempio, non è un “migrazionista”, anzi. Amin Laschet, invece, è noto pure per portare avanti posizioni aperturiste in materia d’immigrazione. E rispetto al merkelismo? Laschet si sovrapporrà per filo e per segno alla visione dell’attuale leader della Cdu? Non proprio. La Merkel sull’immigrazione ha compiuto scelte diverse, ma comunque significative. La Bundeskanzlerin è stata a volte aperturista, mentre in altre circostanze ha invece espresso volontà di gestire i fenomeni migratori con meno disponibilità all’accoglienza erga omnes. Laschet, nel caso fosse coerente con la piattaforma valoriale che dice d’incarnare, non dovrebbe mai discostarsi dal multiculturalismo convinto. E questo, considerata l’importanza della Germania per l’Ue, potrebbe ovviamente avere dei riflessi sull’intero Vecchio continente. In materia d’ambientalismo, infine, Amin Laschet non appare troppo convinto della necessità di una “conversione ecologica” – per usare le parole di papa Francesco – con tempistiche più veloci possibili. Più che ad un’alleanza con i Verdi, del resto, Laschet sembra guardare ad una coalizione organica con i liberali. E questo vale sia per il piano economico sia per le tematiche legate all’ambientalismo. Nel Land che governa, Laschet è il vertice di una coalizione composta proprio dalla Cdu e dal Partito liberale. Uno schema che il neo-vincitore vorrebbe replicare.
Sino a questo momento abbiamo quasi dato per scontato che, avendo vinto il congresso della Cdu che doveva simbolicamente sancire il successore della Merkel, Amin Laschet abbia la strada spianata per essere candidato come Cancelliere della Repubblica federale tedesca: in parte è vero, ma esistono delle incognite che potrebbero modificare di gran lunga i piani del governatore della Renania del Nord. Come abbiamo premesso, le voci di staffetta tra la Merkel e la Von der Leyen non trovano per ora riscontro, ma è uno scenario che non ci sentiamo di escludere a prescindere. Un’alleanza organica con il Partito Liberale ben si presterebbe ad una candidatura di Amin Laschet, che è un centrista. Ma se la Cdu, in accordo con la Csu, dovesse decidere di guardare in direzione dei Die Grunen, ossia dei Verdi, che nel frattempo, come dimostrato nelle scorse elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, sono in forte ascesa, allora, in nome del progressismo, si potrebbe pensare ad un candidato meno democristiano. In questo senso, già si fa il nome di Jens Georg Spahn, l’attuale ministro della Salute della Germania. Non si può dare insomma per scontato che Laschet sia il prossimo candidato a Cancelliere del principale partito tedesco, ma adesso, dopo l’affermazione congressuale, questa possibilità esiste. Il sistema elettorale tedesco, comunque sia, è proporzionale, e i giochi saranno aperti fino alla fine.