Jim Jones, il profeta dell’Apocalisse

Stati Uniti, anni Settanta. Un carismatico predicatore, i cui sermoni sono una via di mezzo tra la Bibbia e il Capitale, riesce a convincere quasi mille persone a seguirlo nella costruzione in terra della moriana isola di Utopia. Quel progetto, terminato in un bagno di sangue, si chiamava Jonestown. Quel pastore errante, corruttore di greggi, si chiamava Jim Jones – e questa è la sua storia.

San Francisco, anni Settanta. Un pastore sulla quarantina con alle spalle un ventennio di predicazione nelle periferie, tal James Warren Jones, che per tutti è Jim, è sulla bocca di tutti i giornalisti californiani. Carismatico, oratore autodidatta, controcorrente, Jones è un pastore fai-da-te che è diventato famoso per i suoi sermoni antisistema e che pratica ciò che predica: è il fondatore di una chiesa di strada, il Tempio del popolo, popolata di poveri, senzatetto e tossicodipendenti.

Lo stampa lo descrive come una stella emergente dell’attivismo di sinistra, antiguerra e antisegregazionismo, mentre per gli ultimi di San Francisco è una sorta di messia inviato dalla provvidenza per prendersi cura di loro. Jones è, in effetti, un pastore coraggioso e coerente: coraggioso nell’affrontare gli agguerriti militanti del Partito Nazista Americano, coerente nella messa in pratica dei suoi sermoni, tra porte (sempre) aperte della sua chiesa e adozione di bambini.

Il Tempio del popolo, per i politici della vecchia guardia, è un pericolo per la sicurezza nazionale. Perché Jones non si limita a fornire pasti agli affamati, a dare tetto a chi non ne ha e ad adottare bambini di famiglie svantaggiate, essendo un pastore (molto) politico e, agli occhi delle forze reazionarie, divisivo e radicalizzante: organizza marce contro la guerra in Vietnam, fa apologia della mescolanza razziale, parla di popolarizzare quelle che definisce le “famiglie arcobaleno” e accusa la Bibbia di essere uno strumento di oppressione dell’uomo bianco.

C’è chi lo ritiene, nell’establishment, un utile idiota o un agente di influenza dell’Unione Sovietica. In occasione dei servizi religiosi presso il piccolo del Tempio del popolo, dove è sempre sold out, Jones parla di de-cristianizzare quello strumento d’oppressione dell’uomo bianco che sarebbe la Bibbia, accusa il capitalismo di essere un sistema satanico e si presenta come il fondatore di un nuovo movimento religioso, il socialismo apostolico, al cui interno mescola apocalittismo protestante, escatologia induista, leninismo ed elementi New Age. Una religione perfettamente adatta allo spirito dei tempi.

Jones è un incantatore di serpenti, le folle lo amano e lo acclamano, ma non è tutto oro quello che luccica. Le denunce ai suoi danni sono parecchie e aumentano a vista d’occhio: abusi su minori, aggressioni, estorsioni, minacce. Jones si professa innocente da tutte le accuse, per lo più provenienti da ex frequentatori della chiesa, e nel 1974 inizia a parlare ai fedeli della possibilità, o meglio della necessità, di scappare dagli Stati Uniti, terra dell’incombente apocalisse, per trovare riparo in una mini-Gerusalemme costruita con le mani e col sudore dei membri del Tempio del popolo.

L’epopea di Jonestown, la città di Jones, inizia nel 1977. Quell’anno, grazie ai (tanti) soldi ricevuti dai fedeli, il profeta è riuscito a finalizzare l’acquisizione di un terreno edificabile di 3800 acri nella giungla guyanese, sul quale costruire la comune dei sogni del Tempio del popolo, e a portarsi dietro circa mille persone.

Il sogno si rivela un incubo molto presto: più che una comunità utopica, Jonestown sembra un campo di lavoro similsovietico. Gli abitanti sono costretti ai lavori forzati per raggiungere gli obiettivi di produzione agricola, la popolazione è tenuta a guardare  documentari (di ignota provenienza) sull’imperialismo e sulle ingiustizie degli Stati Uniti, le donne sono obbligate ad avere rapporti sessuali con padre Jones e gira voce che in alcune aree della proprietà vengano condotti esperimenti sugli abitanti più impenitenti. Fuggire non è possibile: Jonestown è recintata ed è sorvegliata a vista da guardie pesantemente armate.

Scappare è difficile, ma non impossibile. Durante una delle notti bianche che si svolgono settimanalmente, durante le quali il pastore semi-ipnotizza i jonestowniani con delle bevande per poi parlargli dei problemi dell’attualità e innestargli l’idea del cosiddetto “suicidio rivoluzionario”, qualcuno riesce a eludere la sicurezza e a raggiungere l’ambasciata degli Stati Uniti a Georgetown. È l’inizio della fine.

Stati Uniti, 14 novembre 1978. Il senatore democratico Leo Ryan, che per motivi professionali – l’adesione al movimento antisette – e privati – è conoscente del padre di Bob Houston, un membro del Tempio del popolo ucciso in circostanze mai chiarite due anni prima – ha sviluppato un’ossessione nei confronti di Jones, sta partendo alla volta di Jonestown.

Non è la prima volta che le strade di Ryan e Jones si incrociano, giacché il primo ha investigato a lungo sulla presunta Kremlin connection del secondo, ma questa sarà l’ultima. Il 17 novembre, dopo tre giorni di viaggio, Ryan sbarca nella Guyana per visitare la discussa Jonestown, con al seguito una delegazione di politici e giornalisti dei più importanti media americani. Sembra tutto in regola – persone sorridenti, cibo a volontà, giochi di prestigio, operette musicali –, ma è una messinscena: Jones, avvisato dalle autorità guyanesi dell’arrivo di Ryan, ha rinchiuso gli abitanti meno affidabili e ha organizzato l’intero spettacolo per occultare i crimini che ivi stanno avendo luogo.

La mattina del 18, quando Ryan e i suoi accompagnatori stanno per andarsene da Jonestown pensando di aver fatto un buco nell’acqua, accade l’impensabile: una folla di genitori accerchia la delegazione, implorando il senatore e i giornalisti di far salire i loro bambini sull’aereo. Jones interviene, spiega ai delegati che le famiglie in questione non si erano mai trovate bene nella comunità e che sono libere di andarsene. Ma, così facendo, provoca l’irreparabile: altri jonestowniani si fanno avanti e chiedono, davanti all’incredula delegazione, il permesso di fare ritorno negli Stati Uniti.

Jones non può permettere che Ryan, una volta negli Stati Uniti, chieda al governo di intervenire, magari con la forza, per riportare in patria dei cittadini apparentemente tenuti in ostaggio in una colonia simil-penale. Ordina alle guardie di uccidere i delegati. La sparatoria, accompagnata da accoltellamenti, si conclude con cinque morti – tra cui Ryan – e undici feriti. È la fine.

Jones, subito dopo la sparatoria, avvisa i membri della comunità che è giunto il momento di compiere l’atto di fede di cui ha parlato nei suoi sermoni: il suicidio rivoluzionario. L’alternativa è un’autocondanna alla quotidianità infernale, fatta di ingiustizie, razzismo e materialismo, che è il mondo contemporaneo. Mentre la voce di Jones si diffonde in tutta la colonia, amplificata dagli altoparlanti, i medici e le guardie porgono a ognuno degli abitanti un bicchiere con dentro una miscela per raggiungere il Paradiso.

Quando le autorità guyanesi e statunitensi arriveranno a Jonestown, qualche giorno dopo, troveranno una scena indelebile davanti ai loro occhi: cadaveri ovunque. Alcuni crivellati di colpi di pistola, perché probabilmente avevano opposto resistenza, ma molti privi di segni di colluttazione, a riprova dell’incredibile persuasione esercitata dall’ipnotico padre Jones sugli abitanti della comune, per un totale di oltre novecento corpi.

Jones decise di suicidarsi in solitudine, nella sua dimora, sparandosi in testa. Sarebbe stato ricordato come il regista del suicidio di massa più grave della storia degli Stati Uniti, il secondo più grave del mondo, portandosi nella tomba (tanti) misteri: i materiali propagandistici di provenienza sovietica ritrovati nel campo, le testimonianze dei (pochi) sopravvissuti sulle sporadiche visite di sovietici a Jonestown, le valigette di denaro spedite regolarmente a Mosca. Chi era realmente Jones (un falso profeta o uno scienziato pazzo al soldo di qualcuno?), e cosa sia accaduto davvero a Jonestown (un sogno naufragato o un esperimento sul controllo mentale riuscito alla perfezione?), forse non si saprà mai.

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