Al cardinale Robert Sarah non piace essere contrapposto al Papa dalle narrative giornalistiche. Anche perché significa distorcere la realtà. E non c’è da meravigliarsi. Il porporato africano non ha mai lavorato per la disgregazione della Chiesa: si è sempre dichiarato in filiazione con Jorge Mario Bergoglio, che è vertice indiscusso e guida pure per il cardinale, che tuttavia ha posto temi che hanno stuzzicato le velleità del cosiddetto “fronte tradizionale”. Sarah non ha mai firmato documenti tipo quello sui “dubia” rispetto ad Amoris Laetita, giusto per fare un esempio. La fedeltà al Papa non è in discussione.
Dalla liturgia tradizionale all’ortodossia dottrinale: se è vero che il cardinal Robert Sarah non ha mai “attaccato” l’ex arcivescovo di Buenos Aires, è vero pure che i tradizionalisti hanno guardato e continuano a guardare a Sarah come ad un riferimento costante. Sappiamo, infine, quanto certi ambienti della “destra ecclesiastica”, per così dire, abbiano criticato il pontefice argentino durante questo regno. É questa l’equazione di base che spiega come mai il porporato africano sia stato accostato a questo o a quello “schieramento” del Vaticano, in un’ottica correntizia.
Di strappi veri nei confronti della Santa Sede non ce ne sono stati. Certo, Sarah è un difensore della cosiddetta “Messa tridentina”. E questo può far storcere il naso ai progressisti, che non hanno mai trovato nel cardinale un interlocutore per assecondare i loro programmi. Il caso più eclatante è forse quello del libro scritto a quattro mani con il papa emerito Joseph Ratzinger: con quel testo, l’ex prefetto della Congregazione per il Culto Divino ed per i Sacramenti e l’ex vescovo di Roma hanno manifestato tutta la loro contrarietà nei confronti della revisione di una regola – quella del celibato -, che il “duo conservatore” – come abbiamo avuto modo di definirlo – vede come centro stesso della vita ecclesiastica. “Dal Profondo del nostro Cuore” è diventato un caso in tempi brevissimi, con quello che è accaduto attorno alla firma di Ratzinger.
Certo, con ogni probabilità non leggeremo mai di un Sarah favorevole all’ordinazione femminile, alla laicizzazione dell’Ecclesia, alla benedizione per le coppie omosessuali, alla rivisitazione liturgica in senso progressista e così via. Non troveremo mai, insomma, argomentazioni valide per sostenere le ambizioni di certi partecipanti al Sinodo biennale tedesco. Le stesse che non trovano neppure il favore di Francesco. Quella di Sarah è la visione del mondo di un alto-ecclesiastico che, anche per mezzo di numerose pubblicazioni che sono divenute dei veri e propri best seller, ha sempre dimostrato ferma coerenza.
Comunque sia, Sarah nasce proprio mentre finisce la seconda guerra mondiale in un piccolo villaggio della Guinea francese. Nella sua storia hanno trovato spazio la Francia, la Costa d’Avorio, il Senegal e l’Italia: tutti luoghi di formazione che hanno reso il cardinale l’alto consacrato che il mondo conosce oggi.
Attraverso una delle ultime opere scritte, ossia “A servizio della verità. Sacerdozio e vita ascetica”, edito da Fede e Cultura, diviene naturale dedurre come la storia del cardinal Sarah sia soprattutto quella di una profonda vocazione. Sarah tiene molto al sacerdozio come “servizio” alla “verità” cattolicamente intesa. Nel testo, il “principe della Chiesa”, oltre ad esaminare lo stato di salute dell’istituto del sacerdozio, avverte ad esempio sui rischi derivanti dal fenomeno d’internet, consolidando la sua fama di difensore di una certa idea dell’identità cristiano-occidentale. Quella che, sempre a titolo esemplificativo, non accoglie tutto quello che la tecnologia offre senza spirito critico. Originario della Guinea, il nome e la parabola ecclesiastica del cardinale saranno legati per sempre alla Francia, dove si è in parte formato come teologo e dov’è divenuto un riferimento costante per tantissimi cattolici.
La storia di Robert Sarah, che è peraltro quella di una “carriera” velocissima rispetto ai tempi canonici, è legata a doppio filo a due continenti: quello africano e quello europeo. Per l’Europa, l’ex prefetto ha spesso pronosticato un futuro cupo. “Tramonto” è una parola che riecheggia quando vengono interpretate le disamine del cardinale sul Vecchio continente. Se dovessimo rintracciare un termine per descrivere il pensiero di Sarah sull’Africa, quello sarebbe, con buone probabilità, “preoccupazione”. Come nel caso del rischio di uno “svuotamento continentale” dovuto all’emigrazione costante, quindi alla progressiva perdita di forza-lavoro. Ma “tramonto” e “preoccupazione”, più in generale, sarebbero utili anche a descrivere gli avvertimenti di Sarah per l’avvenire della fede cristiano-cattolica.
Nel corso di questi anni, il nome del cardinal Robert Sarah è comparso sulle cronache internazionali pure quando si è trattato di analizzare l’approccio della Chiesa cattolica nei confronti dei migranti e, più in generale, dei fenomeni migratori. Sarah non è un sostenitore della necessità dell’accoglienza erga omnes, cioè essenzialmente tutti. O meglio, in alcune sue riflessioni, sembrerebbe essere rintracciabile una visione diversa in materia. Partendo dai drammi spesso legati all’emigrazione.
In certi ambienti, sono divenute celebri alcune riflessioni derivanti da libri o interviste, come quella in cui l’alto-ecclesiastico ha dichiarato: “Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità. È questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa”. Il cardinale ne fa pure una questione umanitaria. Nell’opera “Si fa sera e il giorno ormai volge al termine”, Sarah non usa mezzi termini: “Queste nazioni (Sarah si riferisce al continente africano, ndr) come potranno svilupparsi se tanti lavoratori sceglieranno la via dell’esilio?”. E ancora: “C’è un grande rischio che corre l’occidente, ossia che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.
Insomma, Sarah in questi aspetti differisce di sicuro da chi, nella Chiesa cattolica, vorrebbe che l’accoglienza fosse sempre garantita in nome del Vangelo. E non perché il cardinale non voglia sostenere la bontà e la necessità dell’accoglienza delle persone che provengono dalle periferie “economico-esistenziali”, come le chiama papa Francesco, o delle persone in generale. Semmai, il cardinale ne fa una problematica più ampia, che passa pure dal ruolo esercitato dalle Ong. Non solo: l’alto ecclesiastico sembra percepire il pericolo che la confessione cristiano-cattolica smette di essere quella maggioritaria nel Vecchio continente. E l’immigrazione diviene così anche un elemento in grado d’influire sull’identità religiosa europea. Accogliere sì, quindi, a patto che i diritti possano essere garantiti, e magari che il futuro dell’Africa e dell’Europa vengano salvaguardati.
Il cardinal Robert Sarah non è più il prefetto della Congregazione per il Culto Divino e per la Disciplina dei Sacramenti. Più di qualche interprete o addetto ai lavori ha letto la mossa di papa Francesco come una presa di distanza. In realtà, Bergoglio non ha rinnovato altri incarichi, nonostante in certe circostanze la prassi prevedesse quasi una riconferma tacita, in specie dopo la durata di un solo mandato. Ci si ricorderà del cardinale Gherard Ludwig Mueller che non è più il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, nonostante dalla nomina fossero passati appena cinque anni.
Quindi il Papa avrebbe preso le distanze da cosa, non confermando cardinali del calibro di Sarah e Mueller alla guida dei Dicasteri cui erano stati incaricati? Possibile che il Santo Padre abbia voluto “allontanare”, per così dire, l’espressioni più dirette, in termini di “politica-ecclesiastica”, del ratzingerismo? Sarah e Mueller sono di sicuro due porporati accostabili per posizioni e genealogia episcopale al papa emerito. Ma è difficile immaginare che il Papa non abbia rinnovato l’incarico a Sarah per via della prossimità con Benedetto XVI. Più probabile che il vescovo di Roma, come tutti i suoi predecessori, abbia inteso disegnare la Curia a sua immagine e somiglianza. E sarebbe stato strano il contrario, a pensarci.
Il cardinale africano è “ratzingeriano” nella misura in cui ha sposato il contributo dell’emerito sulle grandi domande che animano il cattolicesimo odierno. Dai temi che abbiamo anticipato, passando per le preoccupazioni relative allo scenario per cui potrebbe presto perdere “peso”, sia in termini numerici sia come influenza culturale complessiva: il cardinale Sarah è di sicuro un figlio della scuola dottrinale dell’ex pontefice. Ratzinger e Sarah sono d’accordo pure su quella che il secondo chiama ormai apertamente “crisi del sacerdozio”.