La demografia, similmente alla geografia, è destino. Ma è un destino bizzarro, perché mutevole e, per certi versi, imprevedibile. Un destino geografico, ritenuto inalterabile, può essere spezzato da un’invasione o da una secessione. E un destino nazionale, considerato manifesto, può essere capovoltato dal fattore demografia.
La demografia è un fattore che può essere plasmato dal caso, cioè il naturale corso degli eventi, oppure da forze che sognano di appropriarsi del destino di una nazione. La cui anima vorrebbero riscrivere ex novo, a loro immagine e somiglianza. E questa non è fantapolitica: è storia.
Colonizzazione demografica e colonizzazione ideologica sono i due mezzi che le potenze più lungimiranti hanno tradizionalmente impiegato per raggiungere il fine dell’egemonia. La demografia per alterare irreversibilmente il quadro etnico di un territorio – Rivoluzione del Texas insegna. L’ideologia per vincere cuori e menti di un popolo, così da meglio egemonizzarlo – come rammentano gli esempi della sciitizzazione che ha accompagnato la costruzione dell’Asse della resistenza e della protestantizzazione delle Americhe Latine teleguidata dagli Stati Uniti.
Decattolicizzare per americanizzare. Perché laddove arrivi il verbo rivisto di Lutero, la storia recente mostra e dimostra come lì attecchisca anche il culto dell’American way of life. In America Latina, la geopolitica della fede ha potuto dove fallirono la carota – l’Alleanza per il progresso di JFK – e il bastone chiodato – l’operazione Condor. Forse perché la fede rapisce genuinamente cuori e menti, anziché intingerli nella paura.
Se l’argomento di discussione è la protestantizzazione delle Americhe Latine, necessario è soffermarsi sul ruolo dei suoi protagonisti. Come la Casa di Dio di Cash Luna, regista della conversione en masse del Mesoamerica al nuovo protestantesimo. O come la Chiesa universale del regno di Dio di Edir Macedo, autrice principale della trasformazione del Brasile da “paese cattolicissimo” a polmone del protestantesimo latinoamericano.
La Chiesa universale del regno di Dio (Igreja Universal do Reino de Deus) è una denominazione cristiana di stampo evangelico e carismatico, la cui sede è il suggestivo Tempio di Salomone – ricostruzione fedele del primo tempio di Gerusalemme –, sito a San Paolo, e il cui fondatore è il predicatore Edir Macedo.
Raccontare della Chiesa universale del regno di Dio è scrivere di Macedo. La prima è figlia del secondo. Il secondo ha plasmato la prima a sua immagine e somiglianza. E insieme hanno in serbo l’obiettivo di trasfigurare il Brasile, a lungo il paese più cattolico del mondo, rendendolo una teocrazia fondata sui dettami del Primo Testamento. Leggere Plano de Poder, il libro-manifesto di Macedo, per provare a capire.
La storia di Macedo inizia a Rio de Janeiro nel 1945. Allevato al cattolicesimo in una famiglia numerosa – madre, padre e sette figli –, Macedo si converte al protestantesimo pentecostale in giovane età, attorno al 1965, sulla scia dell’ingresso della sorella nella Chiesa cristiana della nuova vita (Igreja Cristã de Nova Vida).
La scoperta del pentecostalismo lo folgora come Paolo sulla via di Damasco. Nel 1975, sentendo di essere stato chiamato a diffondere il Verbo tra i connazionali, Macedo fonda una propria chiesa con suo cognato, Romildo Ribeiro Soares. Ma l’esperienza dura poco: il duo si divide, per screzi sulla gestione dell’ente, e non si ricongiungerà più. Dallo scisma nasceranno la Chiesa universale del regno di Dio, capeggiata da Macedo, e la Chiesa internazionale della grazia di Dio, diretta da Soares.
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L’allontanamento da Soares si sarebbe rivelato una manna del cielo per Macedo, che, non più legato mani e piedi alle volontà del cognato – più frugale in materia di gestione dei conti –, sarebbe volato a New York per apprendere le arti del televangelismo e, si vocifera, per raccogliere il capitale necessario all’avvio dell’impresa della vita. Erano i primi anni Ottanta.
Del soggiorno newyorkese di Macedo è dato sapere poco. Quello che si sa, invece, è che la trasformazione della Chiesa universale del regno di Dio in impero è avvenuta negli anni immediatamente successivi. Coi primi due importanti passi compiuti nel 1989, anno dell’acquisto di RecordTV e della fondazione di Grupo Record.
Entro la prima metà degli anni Novanta, perlomeno dal punto di vista mediatico, la Chiesa universale del regno di Dio è già una forza. Forza che attrae l’interesse degli investigatori – dall’abuso della credulità popolare al riciclaggio di denaro – e che strega decine di migliaia di brasiliani, specie dei ceti bassi, promettendogli doni preternaturali – grazie all’influsso dello Spirito Santo – e laute ricompense nel corso della vita terrena – la Teologia della prosperità in luogo della Teologia della liberazione.
Il boom della Chiesa universale del regno di Dio è straordinario. L’aumento degli zeri sui conti correnti di Macedo è fisiologico – giacché ai fedeli viene imposta la decima sul loro stipendio. Il salto di qualità, da magnete culturale dei ceti bassi a impero dell’intrattenimento con influenza politica, è inevitabile.
L’espansione globale della Chiesa universale del regno di Dio comincia nel 1989, con l’apertura di un ramo nella seconda casa dei brasiliani: il Portogallo. Qui è dove Macedo avrebbe voluto costruire un tempio sfarzoso a Porto, in segno di sfida all’odiata Chiesa cattolica, ma il piano non ha successo. Il cambio di programma porta a un ridirezionamento (molto) più intelligente dei fondi: l’idea del superbo santuario evangelico nel paese delle apparizioni di Fatima viene accantonata per permettere l’apertura di sedi nell’Europa centrorientale che va liberandosi dal comunismo. Terreno fertile per il proselitismo.
In concomitanza con l’approdo nel Vecchio Continente, la Chiesa universale del regno di Dio mette piede anche in Africa: prima nello spazio lusofono e dopo nell’intera area subsahariana. In Brasile, intanto, Macedo dà mandato ai predicatori di uscire dalle favelas – ampiamente evangelizzate – così da focalizzarsi sulla conversione delle classi e dei gruppi che contano: ceto medio, imprenditoria, politica.
Macedo mette a disposizione dei propri predicatori, affinché adempiano alla missione di convertire i brasiliani che contano, l’intero apparato propagandistico della Chiesa universale del regno di Dio: da RecordTV, nel frattempo divenuta il secondo più grande network televisivo della nazione, a Sony Music Brasil, che nel 1999 mette sotto contratto suo nipote Marcelo Crivella – autore di uno degli album più venduti di quell’anno.
La svolta mediatica è un successo: la Chiesa universale del regno di Dio è un piccolo impero, sebbene non ancora riconosciuto dalla Chiesa cattolica, già nei primi anni Duemila. Lo dimostrano i molteplici tutto esaurito registrati dalle messe all’americana celebrate da Macedo e dal suo pupillo Crivella negli stadi del Paese, come il Maracanã, a cavallo dei due secoli.
L’espansione globale della Chiesa universale del regno di Dio conosce fasi di arresto e stagnazione, in special modo in Africa – dove, dallo Zambia al Madagascar, piovono le messe al bando per le accuse più variegate: dal settarismo al satanismo –, ma tutt’altra faccenda è l’emisfero occidentale. In Brasile diventa un potere dietro il trono. Negli Stati Uniti entra nel mercato delle conversioni carcerarie e si getta alla conquista di Miami, balcone su L’Avana. Il Duemila è la decade che consacra la trasformazione della Chiesa in una “multinazionale della fede” di impronta transcontinentale.
Il Brasile degli anni Venti del Duemila è lontano dall’essere sulla strada della teocrazia immaginata da Macedo in Plan de poder, ma vero è che alcuni dei sogni del controverso profeta si sono materializzati. Il suo successo è la prova vivente della validità della teologia della prosperità – è a capo di un patrimonio di circa un miliardo e cento milioni di dollari. La Chiesa universale del regno di Dio ha compiuto il proprio nome – essendo presente in oltre 130 paesi, con più di dodicimila templi e all’incirca dieci milioni di fedeli. Ma, soprattutto, la Chiesa universale del regno di Dio è divenuta padrona del destino politico e religioso del Brasile.
Macedo è stato colui che, più di ogni altro televangelista carioca, ha inciso sul percorso verso la decattolicizzazione del Brasile. Paese, un tempo cattolicissimo, che entro la metà degli anni Trenta potrebbe essere a maggioranza protestante. Epocale trasformazione che mai avrebbe potuto avere luogo in assenza del fattore Macedo, la cui chiesa è oggi la casa di sette milioni di brasiliani e le cui idee hanno galvanizzato un’armata di profeti fai-da-te a costituire chiese e a ritagliarsi spazi nel brulicante mercato della fede carioca. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: un brasiliano su tre apparteneva, nel 2021, ad una chiesa protestante.
Gli scandali che investono periodicamente Macedo e i suoi soci, sia in patria sia all’estero, non hanno intaccato la popolarità e l’influenza della Chiesa universale del regno di Dio. I sondaggisti di Datafolha la indicano come la quinta istituzione sociale più prestigiosa del Brasile. Per il ceto medio è una sorta di ascensore sociale, un luogo in cui fare networking e stringere legami per la vita. Mentre i ceti bassi chiudono un occhio sulla vita sfarzosa che conducono i pastori di Macedo, un po’ perché gli viene insegnato che un giorno potrebbe arrivare il loro turno e un po’ perché non possono fare a meno del suo prezioso stato sociale – che nel 2019 ha raggiunto 13,2 milioni di brasiliani e che nel 2020, primo anno di pandemia di COVID19, ha distribuito ventiduemila tonnellate di alimenti ai più bisognosi.
Evangelizzando tra gli ultimi, fondando e/o rilevando case editrici e discografiche, stazioni radiofoniche – più di dieci – e canali televisivi – Rede Mulher, TV Templo, TV Universal (e altri) –, producendo intellettuali e infiltrando i mondi della cultura e dell’intrattenimento – RecordTV ha prodotto il quarto film più visto di sempre in Brasile: Os Dez Mandamentos –, la Chiesa universale del regno di Dio è diventata una forza in grado di condizionare l’opinione pubblica, al di là delle convinzioni religiose, attraendo l’interesse dei principali partiti politici. Forza che anche i personaggi più vicini alla Chiesa cattolica e più distanti dall’americanismo (tanto professato da Macedo) hanno dovuto riconoscere – come Dilma Rousseff e Lula, che nel 2014 figurarono tra gli ospiti d’onore all’inaugurazione del Tempio di Salomone.
Le sue stazioni radiofoniche coprono il 75% dell’intero territorio nazionale. I suoi missionari e volontari operano negli angoli più remoti del paese: dalle favelas ai meandri dell’Amazzonia. I suoi intellettuali egemonizzano il panorama editoriale. E i suoi canali sono visibili in ogni televisione. Questi i motivi che hanno trasformato la Chiesa universale del regno di Dio nel punto di riferimento dei grandi partiti di massa, dai Repubblicani al Partito dei Lavoratori, che ad essa si rivolgono in coincidenza delle competizioni elettorali per chiedere due cose: pubblicità e voti.
I patti basati sul do ut des tra i partiti e la Chiesa universale del regno di Dio, fino ad oggi, e con la sola eccezione delle presidenziali del 2022 – dove Macedo aveva supportato (di nuovo) Jair Bolsonaro – si sono rivelati vincenti. Prova del fatto che in Brasile, oggi, seppure non sia teocrazia, non si muove foglia che Edir Macedo non voglia.