Sergei Korolev, la “scommessa” di Putin

I veri uomini di potere non amano il contatto col pubblico, si astengono dal parlare ai microfoni e repellono le luci dei riflettori. Eminenze grigie, talvolta coi capelli ancora neri, questi uomini sono dei burattinai ai quali piace godersi lo spettacolo da loro coreografato nel dietro le quinte del palcoscenico.

In Russia, stato-civiltà nel quale i siloviki rivestono un ruolo-chiave nelle dinamiche di governo sin dai tempi dello zarato, la schiera di uomini di potere che hanno assunto il potere visibile, o che detengono quello invisibile, è lunga quanto la sua storia millenaria. Il più importante dell’attualità è stato ed è sicuramente Vladimir Putin, il padre fondatore della nuova Russia, ma come lui ne esistono tanti. E uno di essi è Sergei Korolev.

Sergei Borisovič Korolev nasce a Frunze, nell’attuale Kirghizistan, il 25 luglio 1962. Di origini slave, Korolev viene cresciuto in un contesto familiare permeato da valori militari, fedele al Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) e relativamente agiato per l’epoca.

Dal padre, un comandante delle forze armate, Korolev avrebbe ereditato – oltre che la passione per la divisa – i contatti negli ambienti che contavano – e che mai hanno smesso di contare, neanche dopo la fine del grande esperimento sovietico. Il padre, infatti, era un amico stretto di Viktor Zubkov, un importante tesserato del PCUS che decenni dopo, durante l’era Putin, avrebbe scalato la piramide del potere.



Korolev non sarebbe rimasto molto in Kirghizistan, da lui ritenuto troppo remoto e troppo irrilevante per soddisfarne le ambizioni carrieristiche. Da adolescente si fece inviare dai genitori a Leningrado, odierna San Pietroburgo, per frequentare la Scuola militare superiore di elettronica, presso la quale si licenziò nel 1979.

Terminati gli studi, decise di proseguire la tradizione di famiglia entrando nel mondo dei servizi segreti. Un paragrafo di vita, questo, del quale nulla è noto.


L’ascesa di Korolev comincia in concomitanza con il collasso dell’Unione Sovietica. Talentuoso, sfrontato e, non meno importante, ricco di capitale umano – il circuito di amicizie del padre –, Korolev avrebbe cominciato una silenziosa ma inesorabile scalata della piramide del potere nel dopo-Urss.

Aiutato da Zubkov, futuro 36esimo primo ministro della Russia e futuro presidente del CdA di Gazprom, e da Anatolij Serdyukov, futuro ministro della difesa, Korolev sarebbe entrato prima nel succulento mercato della sicurezza privata e poi nel dipartimento anti-crimine organizzato del FSB.

Neanche un’indagine a suo carico per via di presunti legami con la mafia sanpietroburghese sarebbe stata in grado di fermarne l’ascesa ai vertici dell’apparato securitario. Perché dopo essere stato demansionato nel 2004, a causa delle ombre su di lui gravanti, fu riabilitato da Serdyukov nel 2007, nel frattempo nominato ministro della difesa, dal quale fu assunto come consigliere.



Sotto l’egida di Serdyukov, Korolev avrebbe copartecipato alla riforma del GRU, alla fondazione del SSO e alla creazione del Centro per le esigenze speciali. Un’esperienza formativa di grande utilità, propedeutica al raffinamento di abilità già possedute e all’acquisizione di nuove.

Con la fine dell’era Medvedev, e la conseguente uscita di scena di Serdyukov dal ministero della Difesa, Korolev avrebbe vissuto un nuovo periodo di difficoltà. Nuovamente demansionato a seguito di uno scandalo di corruzione, scoppiato nell’immediatezza del reinsediamento alla presidenza di Putin, l’uomo riuscì comunque a farla franca nel migliore dei casi: crollo delle accuse e ritorno al FSB. Una caduta in piedi.


Trasferito al FSB, Korolev fu qui nominato capo del Direttorato della sicurezza interna del CSS. Una manna del cielo, per l’uomo, visto che trattavasi del dipartimento deputato alle indagini su casi di corruzione, collusione col crimine e criminalità di alto profilo, cioè su capi di accusa che lo seguivano come un’ombra dai primi anni Duemila.

L’unità, sotto la direzione di Korolev, sarebbe divenuta celebre per le indagini ai danni di politici e miliardari scomodi al sistema, dall’oligarca Dmitrij Mikhalchenko ai governatori Nikita Belykh e Komi Vyacheslav Gaizer, contribuendo in maniera determinante alla rivalutazione dell’uomo da parte di Putin.



Nel 2016, dopo soli quattro anni di permanenza al FSB, Korolev riceve la prima promozione: viene nominato direttore del Servizio di sicurezza economica. Non dimentico dell’importanza del CSS, ne affida la guida a un suo protetto e fedelissimo: Aleksei Komkov. Il primo mattoncino di un piccolo impero. La prima tappa di un percorso positivamente in salita, segnato dalla pioggia di “ingressi meritocratici” nei consigli direttivi di varie entità, tra i quali l’Istituto Kurchatov e Rosatom.

Il 2021 è l’anno della svolta, dell’investitura ufficiale a membro dell’esclusiva e ristretta cerchia putiniana, emblematizzata dalla nomina a primo vice-direttore del FSB, dalla promozione a generale dell’esercito e dall’entrata nell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai in qualità di supervisore per la Russia dell’agenda sulla lotta al terrorismo.

Ritenuto un papabile alla successione di Aleksander Bortnikov, direttore del FSB dal lontano 2008, Korolev ha ricevuto l’estrema unzione da parte dell’Occidente allo scoppio della guerra in Ucraina. Nell’aprile 2022, invero, viene inserito da Australia, Canada e Regno Unito nell’elenco degli individui russi sanzionati per via del presunto ruolo giocato nel conflitto.

Tre mesi dopo l’entrata nel mirino occidentale, nel mese di luglio, Korolev entra nelle black list di Unione Europea, Svizzera e Nuova Zelanda. Curiosamente, ma non sorprendentemente, l’uomo non viene sanzionato dagli Stati Uniti: essendo uno degli astri nascenti del nuovo sistema di potere destinato a emergere dalle ceneri della guerra in Ucraina, nel cui contesto vanno letti i 30+ decessi di oligarchi, banchieri, militari e siloviki avvenuti dal febbraio 2022 all’agosto 2023, Korolev è un potenziale interlocutore di primo livello.


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