I separatismi in Europa: piccole patrie pronte a ribellarsi

Catalogna, Paesi Baschi, Scozia, ma anche Fiandre, Vallonia, Corsica e Bretagna. I movimenti secessionisti, in Europa, continuano a vivere e a rappresentare una sfida per quasi tutti gli Stati. Non c’è un Paese, nel nostro continente, che non sia teatro dell’ascesa dei localismi. La questione catalana ha dato un segnale chiaro sulla direzione intrapresa dai governi nazionali. Ma anche sul sentimento che sta affiorando in tutto il continente. 

I regionalismi più strutturati non sempre sono indice di un indipendentismo. Si pensi all’esempio del Galles. La regione occidentale della Gran Bretagna, da sempre considerata all’interno del grande mosaico irredento, in realtà non ha mai avuto movimenti forti che promuovessero la sua secessione. C’è un senso di identità che non si tramuta necessariamente in voglia di separarsi. La storia che li lega all’Inghilterra è ancora molto salda. Il paragone con la Scozia, appunto per questo, rischia di essere superficiale.

In Francia, la situazione è molto interessante. Parigi da sempre ha una visione molto centralista. È la capitale a essere il cuore pulsante del Paese, con le realtà regionali considerate sempre periferiche. Eppure, proprio dalle periferie del Paese, il vento secessionista continua a spirare. Corsica, in primis, ma anche Bretagna e le regioni basche e catalane francesi rappresentano spine nel fianco dell’egemonia parigina. E anche dall’altra parte del mondo, la Nuova Caledonia vuole l’indipendenza dalla Francia e si prepara a votare pere la separazione.

Discorso a parte per il Belgio. Inghiottito in un vuoto di potere per molto tempo, il Paese è ormai fortemente separato nella sue componenti vallona e fiamminga. Le due entità non sentono più un legame solido che possa far sì che il Belgio continui a esistere. E adesso sono in molti a credere che proprio Bruxelles, il cuore dell’Unione europea, possa vivere una secessione

La Germania anche, così come l’Italia, ha una sua spinta identitaria molto forte. Il regionalismo esiste. Ma finora, la situazione economica estremamente favorevole l’ha di fatto sedato. La Baviera, regione ricchissima della Germania, è quella più incline a un vago autonomismo. Ma di fronte alla crescita economica e all’egemonia imposta per anni da Angela Merkel sull’Europa, anche a Monaco hanno pensato sì alle proprie radici culturali e storiche ma senza troppe pretese.

Anche in Europa dell’Est i sussulti secessionisti non sono minimi. E parliamo di un cosmo, quello orientale, che dopo la caduta dell’Unione sovietica ha subito pesanti stravolgimenti politici e territoriali. Ma anche l’Europa del Nord non è da meno. Gli arcipelaghi delle Fær Øer, delle Shetland e delle  Isole Åland sono in “guerra” con gli Stati centrali. Mentre la Groenlandia è pronta a staccarsi dalla Danimarca.

La Spagna è il Paese-simbolo, insieme al Regno Unito, di questa ondata secessionista. Perché in sé vive tutta la complessità del dibattito sul secessionismo e sull’identità.

Due realtà differenti e parallele fendono l’unità nazionale spagnola: Paesi Baschi e Catalogna. I primi, dopo gli anni del terrorismo dell’Eta, hanno intrapreso una via “concordataria” con lo Stato centrale. Madrid ha concesso sempre più autonomia in cambio di una sorta di pacificazione politica. Soldi e giustizia hanno fatto il resto. E oggi l’Eta ha chiesto perdono.

La Catalogna, invece, ha vissuto un’ondata secessionista che, soprattutto negli ultimi anni, è divenuta preponderante. Ragioni economiche, storiche, politiche e culturali alimentano il separatismo di Barcellona. La crisi economica che ha colpito la Spagna ha incrementato questo desiderio di secessione. Ma a questa volontà, si aggiungono errori su errori sia dei separatisti che dei governi nazionali, che hanno creato una situazione senza via d’uscita. E che vediamo ben rappresentata dagli arresti dei leader separatisti e dall’immobilismo di Mariano Rajoy per ricucire le ferite di questo nuovo referendum del 2017.

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Il Regno Unito ha avuto un sussulto secessionista con il referendum per l’indipendenza della Scozia. Referendum concluso con una vittoria (55% a 45%) del “no”. Ma la Brexit ha cambiato le carte in tavola. E il governo scozzese, con la premier Nicola Sturgeon, ha messo in chiaro di essere disposta a un nuovo referendum secessionista. La Scozia ha votato in larga parte per rimanere nell’Unione europea.

E molti scozzesi vedono come una minaccia alla propria autonomia la fine dei legami con il continente. E quindi il fatto di essere costretti a rimanere ancorati Londra e di non avere più un legame politico con Bruxelles, preoccupa Edimburgo. Anche (e forse soprattutto) per il mantenimento del mercato comune.

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Non ci sono solo questioni culturali ad essere prevalenti nel dibattito sul secessionismo. In molti casi, la separazione nasce come una risposta alla disorganizzazione dello Stato. Stato e nazione spesso non coincidono ma, inutile negarlo, in molti casi è il discorso economico a muovere le fila della protesta. Difficile osservare un movimento o partito separatista che non faccia riferimento alle tasse o alla produttività della propria regione come volano della secessione. Sono casi molto rari, forse quelli più duri e radicati a livello culturale.

Di sicuro esiste in Europa uno scollamento fra appartenenza a uno Stato e riconoscimento in quello Stato. Lo Stato-nazione è considerato un retaggio storico. Oggi, la comunità è altrove. O è nel locale o è nel globale. Lo Stato viene visto come una costruzione intermedia a volte soltanto scomoda, che non ha più motivo di esistere. In molti altri casi, una zavorra. Tutto con l’idea di base che le cose potrebbero funzionare decisamente meglio se quella regione si governasse da sola.

Ma lo Stato nazionale, ad oggi, non è anche un argine a quella disintegrazione voluta dall’alto? Un’Europa con Stati nazionali indeboliti potrebbe anche lasciare spazio ai regionalismi. Ma nessuno potrebbe essere indipendente. Saremmo tutti province di un impero ancora più grande. Molti indipendentismi, oggi, seguono teorie politiche molto più simili a quelle euro-atlantiche che logiche eminentemente territoriali.

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