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Le relazioni tra Stati Uniti e Cina, spiegate

Da un lato la necessità di mantenere stretti legami economici, dall’altro grande diffidenza politica. Le relazioni tra Usa e Cina, o meglio quelle tra gli Usa e la Repubblica Popolare Cinese fondata nel 1949, hanno sempre oscillato tra momenti di apertura e altri di ostracismo.

C’è chi, come lo studioso Graham Allison, ha addirittura tirato in ballo la Trappola di Tucidide per spiegarle. Secondo questa teoria, Washington e Pechino sono destinati alla guerra perché la Cina è una nazione in ascesa che rischia di “rubare” il ruolo geopolitico fin qui ricoperto da quella statunitense, progressivamente in declino. Uno scenario del genere ricalcherebbe insomma quanto avvenuto tra Atene e Sparta.

Nel frattempo, in mezzo a crisi internazionali e problemi globali, le due grandi potenze mondiali stanno cercando un complicato modo per smussare gli angoli e collaborare là dove possibile. Evitando di scatenare un conflitto dagli esiti imprevedibili, soprattutto sul fronte dell’economia.

Gli Stati Uniti e la Cina comunista hanno una delle relazioni bilaterali più importanti e complesse al mondo. Nel ripercorrerle possiamo partire dal 1949, anno in cui Mao Zedong istituì la Repubblica Popolare Cinese dopo che i comunisti sostenuti dai contadini sconfissero il governo nazionalista di Chiang Kai Shek.

Chiang e migliaia delle sue truppe fuggirono a Taiwan. Gli Stati Uniti, che avevano già sostenuto i nazionalisti contro l’invasione delle forze giapponesi durante la seconda guerra mondiale, continuarono a sostenere il governo della Repubblica di Cina in esilio a Taipei, ponendo le basi per diversi decenni di limitate relazioni con Pechino.

Nel 1953 il presidente statunitense Dwight Eisenhower revocò il blocco della marina statunitense a Taiwan, portando Chiang Kai Shek a dispiegare migliaia di truppe nelle isole Quemoy e Matsu, nello stretto di Taiwan nell’agosto 1954. L’Esercito popolare di liberazione cinese rispose bombardando le isole.

Nel frattempo la luna di miele tra l’Unione Sovietica e la Cina iniziò a scricchiolare. I disaccordi culminarono nelle schermaglie di confine nel marzo 1969. Mosca sostituì così Washington come la più grande minaccia della Cina, e la scissione sino-sovietica contribuì di fatto al graduale riavvicinamento di Pechino con gli Stati Uniti.

Nel luglio del 1971 il Segretario di Stato Usa Henry Kissinger effettuò un viaggio segreto in Cina. Poco dopo, le Nazioni Unite riconobbero la Repubblica Popolare Cinese, dotandola del seggio permanente del Consiglio di sicurezza detenuto dalla Repubblica cinese di Chiang Kai Shek.

Nel 1972 il presidente Richard Nixon trascorse otto giorni in Cina, durante i quali incontrò Mao e firmò il comunicato di Shanghai con il premier cinese Zhou Enlai. Il comunicato pose le basi per migliorare le relazioni Usa-Cina, consentendo così ai due Paesi di discutere in merito a questioni complesse, su tutte Taiwan. La normalizzazione delle relazioni tra i due paesi procedette a ritmi lenti per gran parte del decennio, fino al 1979, quando il presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter concesse alla Cina il pieno riconoscimento diplomatico

L’amministrazione Reagan firmò quindi nell’agosto 1982 un terzo comunicato congiunto con la Repubblica Popolare Cinese per normalizzare le relazioni, riaffermando l’impegno degli Stati Uniti per la sua politica di una sola Cina.

usa cina
Il presidente Usa Richard Nixon visita la Grande muraglia cinese nel 1972. Foto: National Archives and Records Administration.

Nel 1999 avvenne un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze ben peggiori. La Nato bombardò accidentalmente l’ambasciata cinese a Belgrado durante la sua campagna militare contro le forze serbe che occupavano il Kosovo. Le relazioni Usa-Cina, già al limite dopo i fatti di Piazza Tienanmen, ne risentirono parecchio. Gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica si scusarono per la serie di errori dell’intelligence statunitense che portò al micidiale bombardamento.

Funzionari dell’ambasciata cinese in fuga dall’edificio dell’ambasciata bombardato per errore dalla Nato nel 1999 durante la guerra in Kosovo. Foto: Ansa

Nel 2000 avvenne la prima, grande svolta. Bill Clinton firmò l’ US-China Relations Act, garantendo a Pechino normali relazioni commerciali permanenti con gli Stati Uniti e aprendo la strada all’adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel 2001.

Numeri alla mano, tra il 1980 e il 2004, il commercio Usa-Cina era passato da 5 miliardi a 231 miliardi di dollari. Nel 2006, la Cina superò il Messico come secondo partner commerciale degli Stati Uniti, dopo il Canada.

Agli albori dei primi anni Duemila si pensava che un graduale inserimento cinese nel commercio avrebbe potuto trasformare, quasi per osmosi, anche il sistema politico di Pechino. Non solo: riconoscendo il gigante asiatico come una potenza emergente, gli Stati Uniti invitarono la Cina a fungere da “stakeholder responsabile” e ad usare la sua influenza per attirare nazioni come il Sudan, la Corea del Nord e l’Iran nel sistema internazionale. Non sarebbe mai avvenuto niente del genere.

La Cina ha semplicemente saputo sfruttare al meglio l’ingresso nel Wto e le numerose delocalizzazioni di aziende occidentali sul proprio territorio per rimpinguare le proprie casse. Come se non bastasse, una volta che Pechino ha iniziato a capitalizzare l’enorme disavanzo collezionato grazie alle sue esportazioni, rafforzando l’esercito e modernizzando il Paese, si è iniziato a parlare di ascesa cinese in accezione negativa del termine.

Intanto, nel settembre 2008, la Cina superò il Giappone diventando il maggior detentore del debito statunitense, o titoli del Tesoro, con circa 600 miliardi di dollari. Due anni più tardi la Cina avrebbe superato il Giappone come seconda economia mondiale mentre entro il 2027 Pechino potrebbe detronizzare Washington.

Nel 2011, in un saggio per Foreign Policy , il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha delineato un “perno” degli Stati Uniti verso l’Asia. L’appello di Clinton per “maggiori investimenti – diplomatici, economici, strategici e altro – nella regione Asia-Pacifico” era visto come una mossa per contrastare il crescente peso della Cina.

Intanto Il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina è passato da 273,1 miliardi di dollari nel 2010 al massimo storico di 295,5 miliardi di dollari nel 2011.

A margine del vertice di cooperazione economica Asia-Pacifico del 2014, il presidente Barack Obama e il presidente Xi Jinping hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sul cambiamento climatico, impegnandosi a ridurre le emissioni di carbonio.

Con l’avvento di Donald Trump le relazioni tra Cina e Stati Uniti subiscono un’inversione di rotta. Nel 2017, dopo aver vinto le elezioni presidenziali, Trump rompe con la pratica consolidata parlando al telefono con il presidente taiwanese Tsai Ing Wen e mette in discussione  l’impegno Usa nei confronti della politica di una sola Cina.

Nonostante incontri e dialoghi, nel 2018 l’amministrazione Trump annuncia tariffe radicali sulle importazioni cinesi, per un valore di almeno 50 miliardi di dollari, in risposta a quello che la Casa Bianca sostiene sia il furto cinese di tecnologia e proprietà intellettuale statunitensi.

La guerra commerciale entra nel vivo e si allevierà solo nel 2020, quando il presidente Trump e il vice premier cinese Liu He firmano un accordo di “fase uno”, per una svolta parziale nella Trade War. La pandemia di Covid avrebbe in seguito riacceso le tensioni tra i due colossi.

Il presidente Usa Donald Trump firma la legge sui dazi alla Cina. Foto. EPA/Mike Theiler

La Nato, che negli ultimi anni si è concentrata per lo più sulla deterrenza dell’aggressione russa, ha recentemente rilasciato un comunicato che ha ampliato l’attenzione dell’Alleanza fino ad includere le minacce dalla Cina, come lo sviluppo di armi nucleari e la modernizzazione militare.

È la prima volta che un comunicato della Nato fa riferimento a minacce provenienti dalla Cina. La dichiarazione è arrivata mentre l’amministrazione di Joe Biden sta spingendo i partner Usa a rispondere collettivamente contro l’ascesa di Pechino.

Il continuo tira e molla tra Usa e Cina viene interrotto dalla vicenda dei presunti palloni spia. Un giallo, ancora avvolto nella nebbia, che ha nuovamente complicato i rapporti tra le due superpotenze.

 

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