Manifestazione contro i piani di annessione della Cisgiordania da parte di Israele

L’annessione della Cisgiordania

Il primo luglio 2020 era la data fissata dal premier israeliano Benjamin Netanyahu per l’inizio del processo di annessione della Valle del Giordano, parte della più grande Cisgiordania (o West Bank). Il progetto del primo ministro, che si basa in parte sul Piano di pace statunitense e sul benestare di Washington, ha generato importanti divisioni all’interno della politica tanto israeliana quanto internazionale e avrà conseguenze rilevanti per il Paese ebraico e per la stabilità della regione.

La Cisgiordania, o in inglese West Bank, è una zona situata a ovest del fiume Giordano che confina a nord, sud ed ovest con Israele e ad est con la Giordania. A seguito dell’occupazione israeliana del 1967, la Cisgiordania è stata suddivisa sulla base degli Accordi di Oslo del 1993 in tre zone: A, B e C. La prima rappresenta la fascia di territorio in mano all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) e corrisponde attualmente al 17% della Cisgiordania; l’area B (24%) è gestita congiuntamente da Anp e Israele; l’area C (59%) è sotto il controllo israeliano. Secondo gli Accordi, l’Anp avrebbe gradualmente dovuto assumere il pieno controllo di tutta la Cisgiordania, ma tale passaggio di poteri non è mai avvenuto e le prospettive di pace sono state ulteriormente inficiate dalla creazione nel 2002 da parte di Israele di una barriera di confine. Il muro, realizzato lungo il confine del 1949, ha ristretto l’area della Cisgiordania, annesso nuovi territori allo Stato ebraico e limitato la libertà di movimento dei palestinesi. Nella West Bank vivono tra i 2 e i 3 milioni di arabi palestinesi e circa 430mila ebrei residenti nei 132 insediamenti – illegali secondo il diritto internazionale – presenti sul territorio palestinese.

Il termine annessione è usato quando uno Stato proclama unilateralmente la propria sovranità su un territorio esterno ai propri confini. Una simile mossa viola le leggi internazionali e in particolare la Risoluzione n.242 delle Nazioni Unite, che proibisce l’acquisizione di terre di un altro Stato mediante l’uso della forza, e la Risoluzione n.2334, che ribadisce l’illegalità degli insediamenti israeliani all’interno dei Territori occupati e di qualsiasi modifica dei confini del 1967 senza un previo accordo tra le parti.

Il premier Netanyahu ha rifiutato la definizione di annessione in relazione al progetto di estensione della sovranità israeliana sulla Valle del Giordano, affermando che Israele vanta dei diritti storici e religiosi sull’area in questione, considerata quindi parte integrante dello Stato ebraico. Secondo il primo ministro, quindi, è scorretto anche definire illegali gli insediamenti presenti nei Territori occupati, come sostenuto anche dagli Stati Uniti di Donald Trump.

Il piano di annessione della Valle del Giordano, nello specifico, comporta la perdita per i palestinesi del 30% della Cisgiordania, di una fascia di territorio che rappresenta il 50% delle terre fertili della West Bank, dell’accesso alle risorse idriche del Giordano e del sale ottenuto dalle acque del Mar Morto.

Gli unici ad aver appoggiato il piano di annessione israeliano sono stati gli Stati Uniti. Gli stessi Usa a inizio 2020 avevano svelato il tanto atteso Accordo del Secolo (Deal of the century) che dovrebbe portare alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Il Piano prevede l’espansione territoriale di Israele a danno del futuro Stato palestinese, privo di una continuità territoriale e di una piena sovranità. Netanyahu, da sempre favorevole all’annessione della Cisgiordania, ha quindi potuto utilizzare il Piano per portare avanti i propri progetti, forte del sostegno americano. Ad esprimersi contro l’annessione sono stati invece la Lega Araba, le Nazioni Unite e l’Unione europea, secondo cui la mossa minerebbe ulteriormente il raggiungimento di una pace tra Israele e Palestina, oltre ad essere una palese violazione del diritto internazionale.

Per quanto riguarda il fronte palestinese, l’Autorità Nazionale ha definito la mossa una “minaccia esistenziale” e ha sospeso gli accordi con Israele, mentre Hamas (che controlla Gaza) ha chiesto ai palestinesi di mettere da parte le divisioni interne per fare fronte comune contro il pericolo dell’annessione. Il Movimento ha anche affermato di essere pronto ad usare “tutti i mezzi a sua disposizione” per contrastare l’espansione israeliana.

Il progetto di annessione è fortemente voluto dal primo ministro – nonché leader del Likud – Benjamin Netanyahu, che da anni preme per l’espansione israeliana nei Territori occupati, oltre ad aver favorito negli anni la creazione di nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania. Il piano però non trova d’accordo tutti i membri del Governo sorto a seguito delle elezioni del marzo 2020 e che hanno portato alla nascita di un Esecutivo guidato contemporaneamente dal leader del Likud e di Kakhol Lavan, Benny Gantz. Proprio quest’ultimo, che ricopre attualmente la carica di ministro della Difesa, è contrario all’annessione a causa dell’opposizione della comunità internazionale. La sua mancata adesione è il principale ostacolo all’attuazione del piano di Netanyahu.

A causa del mancato appoggio dell’alleato di Governo, Benny Gantz, e dell’opposizione della comunità internazionale, non è detto che il primo luglio il Gabinetto israeliano dia il via libera all’annessione. Per questo motivo si parla di tre possibili scenari. Il primo prevede l’annessione della Valle del Giordano, corrispondente al 30% della Cisgiordania; il secondo invece comporterebbe una graduale annessione dell’area in questione a partire dagli insediamenti ebraici presenti nella Valle; il terzo scenario invece prevede la posticipazione a data da destinarsi dell’espansione territoriale israeliana.

Se l’annessione della Valle del Giordano dovesse realizzarsi, i palestinesi perderebbero il 30% della Cisgiordania, il 50% delle terre fertili della West Bank, l’accesso alle risorse idriche del Giordano e al sale ottenuto dalle acque del Mar Morto. I palestinesi si ritroverebbero tra l’altro a vivere in uno Stato – quello israeliano – che non li riconoscerebbe come propri cittadini. Secondo molti, tuttavia, l’annessione della Valle sarebbe una pura formalità dato che i suoi residenti arabi vivono già sotto il controllo militare di Israele – essendo l’area per il 90% appartenente alla zona C – e gli stessi coloni rispondono da sempre alla legge civile israeliana. L’annessione renderebbe però più semplice per questi ultimi la creazione di nuovi insediamenti o l’ampliamento di quelli esistenti. L’espansione israeliana sarebbe il primo atto verso la totale implementazione del Piano di pace americano e secondo gli esperti metterebbe fine alla prospettiva della creazione di due Stati sulla base degli Accordi di Oslo.