Negli ultimi dieci anni i rapporti tra Cina e Russia si sono progressivamente rafforzati fino alla decisione, reciproca, di dare vita ad un'”amicizia senza limiti“.
L’ultima svolta è avvenuta lo scorso febbraio a Pechino, in occasione dei Giochi Olimpici Invernali in programma nella capitale cinese, quando i presidenti dei due Paesi, Xi Jinping e Vladimir Putin, hanno svelato al mondo intero la natura della nuova partnership sino-russa.
Pochi giorni dopo Mosca ha dato il via alla cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina, creando un’insanabile spaccatura tra il Cremlino e il blocco occidentale. Non sappiamo se Xi fosse a conoscenza del piano di Putin. I rappresentanti cinesi hanno più volte negato, e questo confermerebbe la particolare natura del rapporto Russia-Cina. Un rapporto solido, profondo e forte quanto si vuole, ma pur sempre limitato nel tempo – e cioè fino a quando Mosca e Pechino avranno una qualche convenienza a portarlo avanti – e, soprattutto, ben lontano dall’essere un’alleanza.
Dietro alle strette di mano di Xi e Putin si nascondono infatti obiettivi, strategie e interessi molto diversi, talvolta addirittura in competizione tra loro. Gli unici due minimi comuni denominatori, al momento, si chiamano Stati Uniti e commercio.
Cina e Russia hanno una storia lunga e complicata, intervallata da periodi di solidarietà reciproca ma anche segnata da parentesi di profondo e aspro disaccordo. I legami sino-russi si sono tuttavia rafforzati nel corso degli ultimi dieci anni, quando i due Paesi hanno iniziato a mettere in discussione l’ordine globale emerso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, al termine della Guerra fredda. Un ordine globale, a detta di Mosca e Pechino, a trazione statunitense che renderebbe entrambe subalterne di Washington.
Emerge subito una prima contraddizione: se è vero che l’Orso e il Dragone spingono per dare vita ad una comunità internazionale in cui il peso degli Stati Uniti sia meno rilevante, allo stesso tempo il Cremlino non ha alcuna intenzione di accettare uno scenario in cui l’egemonia Usa verrebbe semplicemente sostituita da quella cinese. Il presente obbliga tuttavia Xi e Putin a sedersi sullo stesso lato del tavolo.
Nel recente passato non sono tuttavia mancati momenti di tensione. Senza scavare troppo nella storia, la prima spaccatura risale agli anni ’60, quando si verificò di uno scontro ideologico sulla dottrina comunista: per la Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong, l’Unione Sovietica aveva tradito la missione comunista.
Nel 1969 scoppiò un conflitto armato sul confine sino-sovietico della durata di sette mesi che portò i due Paesi ad un passo dalla guerra. Con la salita al potere di Deng Xiaoping, dopo la morte di Mao, la nuova dirigenza cinese smise di condannare il “revisionismo sovietico“, ponendosi anzi sulla linea di un timido riavvicinamento. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica terminò la crisi più acuta.
Il disgelo successivo, tiepido e circondato da un’elevata diffidenza, avrebbe gradualmente avvicinato Russia e Cina, più compatte e interconnesse nel contrastare le manovre internazionali degli Stati Uniti. Oggi, come detto, Mosca e Pechino non sono alleati formali – il che significa che nessuno dei due è tenuto a difendere l’altro in una guerra – e si definiscono partner strategici. Ad eccezione della vicinanza tra Xi e Putin, le connessioni interpersonali tra i funzionari rimangono deboli e gli alti rappresentanti dei due Stati continuano a diffidare l’uno dell’altro, nonostante le dichiarazioni formali di cooperazione.
È importante capire se la cosiddetta amicizia senza limiti sino-russa riguarda effettivamente Russia e Cina o se, al contrario, è un’estensione del rapporto personale instauratosi tra Xi Jinping e Vladimir Putin. Nel febbraio 2022 i due leader hanno affermato che la partnership tra i Mosca e Pechino “non ha limiti” e promesso di approfondire la cooperazione su vari fronti. Xi e Putin hanno coltivato uno stretto rapporto personale, essendosi incontrati più di quaranta volte dal 2012 ad oggi.

Alcuni esperti sostengono tuttavia che la partnership istituzionale sino-russa sia un semplice legame di convenienza. Il trait d’union che spingerebbe insieme Mosca e Pechino sarebbe la percezione condivisa secondo cui gli Stati Uniti minaccerebbero i loro interessi. In effetti, negli ultimi anni, i presidenti statunitensi hanno definito più volte la Cina e la Russia come le grandi potenze rivali del Paese.
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha fatto sì che i due Paesi dessero un significato diverso al concetto di “amicizia senza limiti”. Da una parte, infatti, troviamo un Putin che vorrebbe fare leva su questo legame per dare l’impressione tangibile di non star governando un Paese isolato dopo l’allontanamento dall’Occidente. Dall’altra, troviamo però uno Xi che non sembra essere intenzionato a farsi etichettare come stretto alleato di Mosca. Non è un caso che Pechino abbia più volte rimarcato il fatto che, per la Cina, la Russia è un partner e non un alleato.
Il primo obiettivo comune coincide con la volontà di modificare non tanto la struttura dell’ordine internazionale quanto il suo funzionamento. In altre parole, Russia e Cina non intendono più essere subalterne di Washington o di chicchessia. Dopo di che ci sono altre questioni che legano Mosca e Pechino: interessi economico-commerciali e militari.
Scendendo nei dettagli, i legami economici sino-russi stanno crescendo sempre di più. La Cina si rivolge alla Russia principalmente per ottenere risorse energetiche, come petrolio e gas, e cibo. Mosca è diventata il più grande fornitore di petrolio del Dragone, e anche le importazioni cinesi di gas naturale e carbone russi sono in aumento. Allo stesso tempo, Pechino sta importando più grano e altri prodotti agricoli dalla Russia.
Anche la cooperazione militare sta avanzando, visto che Cina e Russia continuano ad intensificare le esercitazioni militari congiunte. ma il vero focus, al momento, resta sul commercio. I due Paesi vantano intese siglate nel campo dell’oil and gas dal valore di 117,5 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda il petrolio, il gigante russo Rosneft ha firmato un accordo con la compagnia cinese Cnpc per fornire 100 milioni di tonnellate di oro nero attraverso il Kazakhstan da qui ai prossimi dieci anni. Sul gas, il colosso russo Gazprom si è impegnato a trasmettere ai cinesi di CNPC 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas attraverso una rotta dell’Estremo oriente russo, prevedendo di aumentare le esportazioni di gas verso la Cina fino ad arrivare a 48 miliardi di metri cubi annui (ma non è dato sapere entro quando).
La Cina sta portando avanti un complicato gioco di equilibrio, cercando di salvare la faccia e mantenere salda la partnership con la Russia, proteggendo però allo stesso tempo il suo accesso ai mercati e alla finanza occidentali. Il punto è che Pechino ha molto più da perdere rispetto a Mosca, nel caso in cui le tensioni globali dovessero appesantirsi.
Xi non vuole sacrificare le relazioni economico-commerciali costruite con l’Occidente per accontentarsi di mantenere l’amicizia con il Cremlino. Quest’ultima è funzionale ai piani del Dragone ma non rappresenta certo l’unica opzione diplomatica sul tavolo del Partito Comunista Cinese. Al contrario, Putin vede nella Cina una vera e propria ciambella di salvataggio, tanto diplomatica quanto economica, e ha molto più interesse di Xi, almeno in questa fase, a mantenere viva la partnership.
Mosca sa bene, però, di essere l’attore non protagonista dello spartito sino-russo, e sa benissimo di avere un peso specifico irrisorio se raffrontato alla stazza del partner. Tutto questo non crea problemi adesso, nell’immediato presente, ma per quanto tempo il Cremlino accetterà, di fatto, di essere l’ombra della Cina? Senza dimenticare il fatto che, dai richiamati confini alla questione siberiana, per non parlare del comportamento da attuare nei confronti dell’Occidente, ci sono molti interrogativi ai quali russi e cinesi danno una risposta diversa.
Dal 20 al 22 marzo 2023 Xi Jinping è volato a Mosca per incontrare, per la 40esima volta, il suo omologo russo Vladimir Putin. I due hanno firmato una dichiarazione congiunta, chiedendo una soluzione della crisi ucraina e un impegno da parte della Russia a riprendere i colloqui volti a porre fine alla guerra. I termini restano tuttavia ancora molto vaghi.
La parte più interessante, ai fini della relzione sino-russa, riguarda il resto, ovvero gli accordi rafforzati in chiave economico e commerciale. Putin e Xi hanno infatti firmato un accordo portando i legami di Russia e Cina in una “nuova era” di cooperazione. “Abbiamo firmato una dichiarazione sull’approfondimento del partenariato strategico e dei legami bilaterali che stanno entrando in una nuova era”, ha spiegato il leader cinese. Da un punto di vista diplomatico, le due parti hanno ribadito la loro conformità al “Trattato di buon vicinato, amicizia e cooperazione tra la Repubblica popolare cinese e la Federazione Russa” firmato il 20 giugno 2021, nonché di sviluppare relazioni bilaterali in conformità con i principi e lo spirito stabiliti nella “Dichiarazione congiunta sulle relazioni internazionali e lo sviluppo globale sostenibile nella nuova era emessa dalla Repubblica popolare cinese e dalla Federazione Russa” del 4 febbraio 2022″.
Che cosa significano le parole di Xi? Mosca e Pechino hanno intanto deciso di accelerare la realizzazione del previsto gasdotto Power of Siberia 2, che consegnerà 50 miliardi di metri cubi (bcm) di gas naturale all’anno dalla Russia alla Cina attraverso la Mongolia, con il Cremlino ben desideroso di incrementare l’export energetico oltre la Muraglia. I due leader hanno anche discusso di Internet, concordando di creare un “sistema di gestione globale multilaterale, equo e trasparente di Internet”.
E ancora Xi e Putin hanno concordato di cooperare per aumentaredell’uso delle valute “locali”, e cioè il rubli russo e lo yuan cinese, che rappresentano già i due terzi dei pagamenti degli accordi commerciali tra i due paesi. Altre aree coperte dall’accordo comprendono l’espansione del commercio bilaterale, la citata cooperazione in materia di sicurezza energetica e alimentare, lo sviluppo di infrastrutture ferroviarie e di altre infrastrutture logistiche transfrontaliere. Ulteriori temi toccati dai due leader comprendono anche l’intelligenza artificiale e il rafforzamento della collaborazione per la rotta dell’Artico. In ogni caso, l’obiettivo sino-russo coincide con “l’aumentare in modo significativo il volume degli scambi bilaterali entro il 2030“, come ha sottolineato il Cremlino.
La sensazione è che, proprio come ogni partnership, anche quella sino-russa sia destinata a durare finché conviene alle parti coinvolte (ed è questa la grande differenza rispetto ad un’alleanza che, invece, è molto più durevole).
Guardando al futuro, la Cina cercherà di mantenere la sua partnership strategica con la Russia evitando gravi costi di reputazione. Ma questo calcolo di costi-benefici potrebbe cambiare, ad esempio, se la guerra in Ucraina dovesse danneggiare Mosca e indebolire ulteriormente i legami della Cina con l’Europa. A quel punto, quando e se Putin diventerà un fardello troppo pesante da portare in spalla per Xi, le relazioni sino-russe potrebbero iniziare a deteriorarsi.
Non solo: l’ampliamento delle disparità commerciali ed economiche e l’intensificazione della competizione per l’influenza in Asia centrale potrebbero produrre altri due sostanziali punti di tensione tra le due nazioni.