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Isabel Dìaz Ayuso, la presidente madrilena cui guarda il centrodestra europeo

Isabela Dìaz Ayuso è divenuta uno dei simboli del centrodestra continentale. Lo stesso che potrebbe puntare al rinnovamento. Il presidente della Comunità di Madrid è un fenomeno politico cui molti guardano con attenzione, e non solo in Spagna: tanti sono stati i commenti delle cronache internazionali nel corso della prima metà del 2021, in seguito al suo secondo trionfo consecutivo. Se n’è parlato anche dalle nostre parti.

Prevedere il futuro della Ayuso sarebbe opera da visionari. Di sicuro nessuno le vieta di pensare in grande per le prossime tornate iberiche. L’età aiuta: è poco più che una quarantenne. Bisognerà comprendere se e quali spazi si apriranno. La realtà dice che in un momento minoritario per il Partito Popolare spagnolo, se non altro per la marcia dei Socialisti sul piano nazionale, la Ayuso è riuscita a farsi rieleggere, al netto dei cambiamenti relativi alla geografia politica comunitaria, con l’addio di Ciudadanos. Gli stessi mutamenti d’equilibrio che, qualche anno fa, hanno rischiato di minare la sua tenuta alla guida del governo di Madrid. A questo risultato è stato associato il cambiamento del vento generale. Un segnale cui tutti gli analisti dovrebbero prestare attenzione.

Quella del leader popolare è una storia che inizia dalla militanza nel movimento giovanile. Non è un caso isolato, ma la tendenza odierna presenta di solito altri tipi di profili biografici, come quelli centrati sulle esperienze nella società civile. L’impegno sin da giovanissima al fianco di Pablo Casado non le ha proibito di costruirsi a livello professionale, con una laurea in giornalismo ed una specializzazione in comunicazione. La Ayuso, insomma, è quella che si direbbe una politica di professione, oltre che una giornalista.

Dopo il  grande risultato madrileno, il popolarismo – dicevamo – sembra spirare di nuovo in Europa. La vittoria dei Repubblicani alle regionali francesi e la vittoria spagnola, anche per come si erano messe le cose in tutti e due i casi, con i Repubblicani dati bene ma non benissimo dai sondaggi e la coalizione della Ayuso disgregata dopo la crisi governativa, hanno consegnato al Partito Popolare del Vecchio continente una certezza in più: quella di poter tornare ad essere maggioritario. Il che vale sia per le singole realtà nazionali sia per il consesso dell’Unione europea, per cui si voterà nel 2024.

 

 

 

Il leader del Partito Popolare ha scommesso quasi in maniera personale circa due anni e mezzo fa, quando ha imposto la donna politica come candidata alla presidenza della comunità madrilena. Prima di allora, la Ayuso aveva ricoperto ruoli diversi: aveva lavorato per uffici di comunicazione o per uffici stampa, sempre per esponenti dello stesso partito. Parlando della popolare spagnola con una nostra fonte che vive a Madrid, apprendiamo che l’ascesa vera e propria (pure quella mediatica) è avvenuta con il primo lockdown: “Ha creato un clima dialettico con il presidente Pedro Sanchez, polarizzando lo scontro attorno ad alcune questioni riguardanti le scelte da prendere in pandemia”. E ancora: “Non è che abbia fatto molto nei due anni in cui ha presieduto il governo regionale di Madrid – ci dicono – , ma con l’avvento del Covid-19 è riuscita ad incanalare il dibattito, divenendo l’alternativa a Sanchez per l’opinione pubblica”.

La Ayuso non ha voluto dare seguito ad alcune misure restrittive, compreso il lockdown generalizzato. Questo è stato l’elemento che, secondo la nostra fonte, ha fatto sì che il presidente divenisse una sorta di espressione naturale ed apprezzata del liberalismo. Ma anche la miglior forma d’opposizione al socialista Sanchez. Durante il primo mandato, la Ayuso ha avuto un raggio d’azione limitato dall’alleanza con Ciudadanos e dall’appoggio esterno di Vox. In questo secondo mandato, dovrebbe avere meno problematiche, considerando pure il raddoppio dei seggi per la sua formazione politica.

La Ayuso, stando a quanto ci racconta Enrico Reghini di Pontremoli, italiano che lavora in Spagna, che proviene dal mondo di Forza Italia e che conosce molto bene il Pp, incarna un particolare tipo di spirito madrileno che punta forte sulla libertà e sulla sua assoluta inviolabilità. Madrid è una città tendenzialmente di centrodestra. Ma la capitale – ci avvertono – non è l’intera Spagna. Quindi la percezione che si ha del presidente della comunità di Madrid varia, com’è normale che sia, a seconda delle zone. A Madrid viene di sicuro considerata un fenomeno dirompente: “La forza della Ayuso è quella di aver spostato l’asse a destra, pur rimanendo nei confini del Ppe. Si tratta di un leader aperto sui diritti civili e strenuamente convinto della bontà del sistema pubblico-privato. In parole povere è un’aznarista (nel senso del presidente José Maria Aznar e della sua visione del mondo), quindi una borghese, che è tuttavia riuscita a convincere anche strati di fasce popolari”.

Eccolo quindi il modello Ayuso che ha persuaso Madrid. Sul centrodestra e sui valori di riferimento nessun dubbio. Ma è il mix idealistico ad averle consentito l’exploit. Liberalismo in economia, condito però da toni forti: quelli che possono attrarre le persone che non comprenderebbero un messaggio troppo elitario. Il problema, se c’è, è che questo tipo d’impostazione sembra costruito ad arte su Madrid. Se la Ayuso dovesse provare ad estendere questo modo di fare alle altre zone della Spagna, potrebbe non ottenere gli stessi risultati. E questa potrebbe essere la sfida dei prossimi anni.

Se Pablo Casado è il leader riconosciuto, Esperanza Aguirre, che è stata per anni la declinazione del popolarismo a Madrid, può essere il riferimento indiretto della Ayuso. La Aguirre è stata una delle emanazioni dell’aznarismo ai tempi d’oro del Pp spagnolo. Molti pensano alla Ayuso come ad una possibile candidata per le elezioni politiche. La Aguirre è un modello inesploso che potrebbe essere seguito. Ma il presidente madrileno ha di sicuro un senso di dovere nei confronti del vertice partitico, cioè di Casado. Qualche questione di corrente può aiutare a comprendere meglio il quadro: se è vero che la Ayuso ha un senso di riconoscenza verso Casado, è vero pure che il nuovo prodigio politico popolare sembra guardare con favore alla Aguirre ed alla sua componente politica, che poi è stata la sua scuola. Quella, per intenderci, più vicina ad Aznar e aperta al confronto, per quanto propositivo, con la corrente di Mariano Rajoy, La Ayuso, insomma, è una via di mezzo tra il vecchio ed il nuovo corso del popolarismo spagnolo. E questo può essere uno dei motivi per guardare con favore ad una sua candidatura. Per rivendicare la candidatura sul piano nazionale, però, la Ayuso dovrebbe scavalcare alcune logiche, oltre che il suo amico Casado. E per ora nulla suggerisce che ciò stia per accadere. Certo, se Casado dovesse di nuovo perdere le elezioni politiche, la Ayuso si ritroverebbe in pole position per la leadership partitica e per tutto quello che ne conseguirebbe come designazione per l’esecutivo.

Prima che la Ayuso esplodesse come fenomeno, un caso è balzato agli onori delle cronache. Lo ha raccontato la rivista il Timone, ad esempio. Pur non essendo una fervente cattolica, il presidente della comunità di Madrid ha combattuto affinché il presepe della città simbolo del suo mandato venisse presentato secondo le categorie tradizionali. Qualcuno ci ha letto una mossa opportunistica ma, al netto di tutto, la battaglia è risuonata come decisione di buon senso, di una persona che, differentemente da molti suoi colleghi di partito, non ha fatto del cattolicesimo una bandiera anche politica. Essere di centrodestra, quindi, seppur mediando tutto con delle giuste dosi di laicità. Sappiamo quanto la Spagna, forse solo dopo l’Italia, sia profondamente cattolica. La Ayuso potrebbe esportare un modo di concepire la politica e la sfera valoriale anche in altre esperienze ed in altri contesti. Il modello già esiste.

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