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La storia del conflitto in Irlanda del Nord

 

L’Irlanda del Nord è turbata dagli scontri tra la polizia, i gruppi di nazionalisti fedeli al Regno Unito ed i loro nemici indipendentisti, che vogliono la riunificazione con l’Irlanda. Le motivazioni degli scontri, che sino al 9 aprile avevano provocato il ferimento di 50 agenti e l’arresto di almeno 10 persone, sono molto complesse e legate alle fratture politiche del passato. Alla divisione tra cattolici indipendentisti e protestanti lealisti si sono aggiunti i problemi economici e amministrativi causati dalla Brexit e le tensioni tra i due principali partiti di governo nordirlandesi. Le proteste sono dunque causate da una serie di fattori e hanno avuto effetti anche in campo diplomatic, come un raffreddamento delle relazioni tra Regno Unito e gli Stati Uniti sotto la guida di Joe Biden. Ecco quali sono.

La divisione dell’Irlanda ha origini lontane e legate alla conclusione della guerra civile combattuta tra le milizie di Dublino e l’esercito inglese nel triennio 1916-1919. Il Government of Ireland Act del 1920, che pose fine al conflitto, diede la possibilità alle sei contee unioniste di essere escluse dalla futura giurisdizione del Libero Stato di Irlanda ed avviò il percorso verso l’indipendenza per il resto dell’isola. La partizione diede vita all’Irlanda del Nord, popolata in maggioranza da protestanti fedeli a Londra ma dotata di una cospicua minoranza di cattolici nazionalisti legati a Dublino e molto scontenti rispetto al compromesso che si era venuto a creare.

Il governo britannico riuscì a preservare un baluardo di potere in terra irlandese ma la soluzione trovata causò diversi problemi e diede vita ad un movimento migratorio di cattolici diretti verso sud e di protestanti in fuga dalla nuova Irlanda indipendente. La regione dell’Ulster venne spezzata in due tronconi recidendo legami storici, sociali e culturali di lunga data e costringendo alcune comunità a vivere dal lato sbagliato del confine. L’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA), che si opponeva alla partizione, diede vita ad una serie di violenti scontri a Belfast tra il 1920 ed il 1922 ma la situazione non mutò. I nazionalisti, già alienati, iniziarono a vedere le forze di polizia locali come settarie.

L’Irlanda ottenne la piena indipendenza nel 1937, in precedenza aveva lo status di dominion all’interno del Commonwealth britannico, quando una nuova Costituzione abolì lo Stato Libero Irlandese e diede vita all‘EIRE (Irlanda in gaelico) come nazione pienamente sovrana. L’Irlanda del Nord, a partire dal 1922, divenne una regione autonoma del Regno Unito e sino al 1972 il governo, con sede a Stormont, venne retto dal Partito Unionista, molto legato ad alcune associazioni protestanti come l’Orange Order. I cattolici, nel corso di questo periodo, lamentarono una discriminazione che assunse un carattere sistematico. La loro forza elettorale venne diluita aggiustando il sistema elettorale mentre a livello locale solamente i più abbienti, che nella maggior parte dei casi erano protestanti, potevano votare. I cattolici evidenziarono, inoltre, discriminazioni nell’ambito dell’assegnazione delle case popolari, difficoltà nel trovare lavoro e furono spesso oggetto dello Special Power Act, un provvedimento che consentiva l’arresto senza convalida giudiziaria. La lingua e la storia irlandese non vennero insegnate nelle scuole pubbliche, il tricolore della Repubblica divenne illegale così come il Sinn Fein, un partito repubblicano. Il primo incontro ufficiale tra i primi ministri delle due Irlande non ebbe luogo prima del 1960, 40 anni dopo la nascita dell’Irlanda del Nord.

La Seconda Guerra Mondiale vide l’Irlanda del Nord e l’Eire schierati su fronti diversi. Il Nord seguì il resto del Regno Unito nella guerra contro la Germania mentre Dublino scelse la strada della neutralità. L’aviazione tedesca, nel 1942, bombardò pesantemente Belfast ma anche Dublino ed il resto dell’Eire non vennero risparmiati. La vittoria del Fine Gael alle elezioni generali del 1948 portò ad una rottura significativa tra Dublino e Londra ed alla proclamazione della Repubblica d’Irlanda, che uscì dal Commonwealth. L’Ireland Act riconobbe che la Repubblica non era più un dominion britannico ma affermò anche l’Irlanda del Nord avrebbe continuato a far parte del Regno Unito a meno che il proprio parlamento non avesse deciso diversamente.

Decenni di politiche segregazioniste crearono una società nordirlandese affetta dal settarismo. Cattolici e Protestanti vivevano in aree diverse, venivano educati in scuole differenti, lavoravano in luoghi diversi ed arrivavano persino a bere in pub differenti. Persino in città come Belfast e Derry la maggior parte dei Cattolici e dei Protestanti viveva le proprie vite senza alcuna significativa interazione dal punto di vista sociale. L’emergere di movimenti legati ai diritti civili, ispirati da quanto stava accadendo negli Stati Uniti ed in Sudafrica, mise in crisi la segregazione. I Cattolici iniziarono a ribellarsi e fondarono, nel 1967, la Northern Ireland Civil Rights Association (NICRA) per strutturarsi e creare un movimento organizzato. Gli Unionisti non la presero bene e videro in questo movimento una minaccia nei confronti della loro storia e dominanza politica. Non passò molto tempo prima che le due fazioni giunsero allo scontro violento. Nel 1969 i nazionalisti ed i lealisti si affrontarono nella città di Derry, dove la situazione degenerò ben presto in una vera e propria guerra stradale che si concluse con un bilancio di otto morti ed ottocento feriti. Le violenze proseguirono nei due anni successivi e portarono alla nascita di gruppi paramilitari ed all’invio di truppe britanniche. Era iniziato un lungo periodo di disordini e violenze, meglio conosciuto come Troubles.

Il primo ministro nordirlandese Brian Faulkner provò a ridurre la violenza facendo ricorso a provvedimenti draconiani come l’internamento senza processo. Questo tentativo non sortì, però, gli effetti sperati e piuttosto contribuì a far peggiorare la situazione. Nel gennaio del 1972 ebbe luogo un grave fatto di sangue, noto come Bloody Sunday, che portò alla morte di 14 civili cattolici uccisi, a Derry, dal Reggimento dei Paracadutisti. Questo evento spinse il governo britannico ad assumere il pieno controllo della sicurezza in Irlanda del Nord, a sospendere il parlamento nordirlandese ed a governare in maniera diretta questa parte del proprio territorio.

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Scontri nel luglio del ’72

Il periodo compreso tra il 1972 ed il 1974 fu uno dei peggiori per quanto riguarda la violenza, che raggiunse picchi molto significativi e che provocò la morte di 500 persone nel solo 1972. La conferenza di Sunningdale, svoltasi nel 1973 in Inghilterra, provò a cercare una via d’uscita alla crisi proponendo la nascita di un esecutivo allargato. Gli unionisti si opposero temendo una possibile apertura ad un’Irlanda unita. Nella seconda metà degli anni Settanta si registrarono meno violenze ma non si riuscì a raggiungere una soluzione politica stabile. La Convenzione Costituzionale del 1975 si rivelò troppo vicina alle posizioni unioniste e le sue conclusioni vennero respinte dai nazionalisti e dal governo inglese.

Gli eventi della Bloody Sunday diedero vita ad una vera e propria guerriglia contro le forze di sicurezza britanniche. Centinaia di giovani smisero di marciare e preferirono imbracciare i fucili dell’IRA dando filo da torcere alle forze di sicurezza britanniche. Si trattò di un conflitto asimmetrico, dato che i britannici poterono contare anche su 35mila uomini, ma le continue imboscate dei volontari, che potevano contare sulla copertura fornita dalle proprie comunità, si rivelarono logoranti. Nell’occhio del ciclone finirono anche i dipendenti del governo, gli ufficiali di polizia fuori servizio, i poliziotti penitenziari e chiunque potesse venire associato alla macchina da guerra inglese. Nel 1979 gli insorti uccisero diciotto soldati utilizzando mine antiuomo nei pressi di Warrenpoint ed uccisero Lord Louis Mountbatten, membro della famiglia reale inglese e zio del principe Filippo, a Donegal. Il governo della neo-eletta Margaret Thatcher si trovò a dover gestire un problema molto complesso e la morte, per sciopero della fame, di dieci prigionieri (tra cui lo storico attivista e militante dell’Ira Bobby Sands) aggravò la situazione. Le rivolte, ormai continue, resero l’Irlanda del Nord ingovernabile e spinsero i britannici ad inviare un grande numero di soldati in loco.

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Marcia a Parigi in ricordo di Bobby Sands nel 1981

A partire dagli anni Ottanta l’IRA iniziò ad attaccare i propri obiettivi in Inghilterra. Londra divenne oggetto di attentati dinamitardi e vennero rapiti ed uccisi alcuni ufficiali di alto livello. Tra gli attacchi più significativi ci furono quello alla Conferenza del Partito Conservatore a Brighton nel 1983, l’uccisione del deputato Ian Gow con un’autobomba posta fuori dalla sua abitazione e l’attacco alla City di Londra del 1993.

Il 15 novembre del 1985 Londra e Dublino siglarono l’Accordo Anglo-Irlandese. Il perno dell’intesa era costituito dalle consultazioni, formali e regolari, tra le due parti in merito all’amministrazione dell’Irlanda del Nord. Gli incontri si svolsero nell’ambito della Conferenza Intergovernativa Anglo-Irlandese e cercarono di affrontare alcune problematiche emerse nel corso del tempo, dalle questioni di confine alla cooperazione in materia di sicurezza passando per le questioni legali e politiche. Il governo britannico accettò l’ipotesi di un’Irlanda unita con il consenso dei nordirlandesi e quello irlandese accettò il persistere della partizione qualora questa soluzione fosse di gradimento ai nordirlandesi. L’accordo mirava a dar vita ad una nuova relazione tra le due isole, a trovare un soluzione costituzionale per tutta l’Irlanda e conteneva una clausola che consentiva ai partiti politici del Nord di ottenere poteri sostanziali in caso di adesione ad un governo unitario.

Nei primi anni Novanta si svolsero, nonostante il clima di violenza, negoziati tra i partiti politici nordirlandesi con il coinvolgimento del governo britannico e di quello irlandese. Nel 1993 il primo ministro inglese John Major e quello irlandese Albert Reynolds siglarono la dichiarazione di Downing Street. In essa veniva evidenziato che la riunificazione dell’Irlanda avrebbe potuto verificarsi unicamente con il consenso della popolazione dell’Irlanda del Nord e che le problematiche tra Irlanda ed Irlanda del Nord dovevano essere risolte unicamente dalle due parti. La dichiarazione ricevette l’appoggio del Sinn Fein, l’ala politica del Provisional IRA. Entro il 1997 tanto il Provisional IRA quanto i paramilitari lealisti avevano proclamato il cessate il fuoco e la maggior parte dei partiti locali sedeva al tavolo delle trattative.

Il 10 aprile del 1998 è una data storica per l’Irlanda del Nord dato che in questa occasione è stato siglato l’Accordo di Pace del Venerdì Santo. L’intesa venne firmata dal governo inglese, allora presieduto da Tony Blair, da quello irlandese e da otto partiti politici nordirlandesi tra cui il Sinn Féin, l’Ulster Unionist Party, l’SDLP e l’Alliance Party. L’accordo divenne realtà anche grazie all’interesse degli Stati Uniti che con l’inviato speciale George Mitchell, designato dal presidente Bill Clinton, avevano facilitato il dialogo. L’intesa riconosce che l’Irlanda del Nord, grazie alla volontà della maggior parte dei propri cittadini, è parte del Regno Unito. I cittadini sono liberi di cambiare idea e di scegliere la riunificazione con l’Irlanda. In questo caso il governo britannico è obbligato a far svolgere un referendum ed a rispettarne il risultato. Dall’accordo sono nate tre nuove istituzioni, tra cui l‘Assemblea dell’Irlanda del Nord, eletta democraticamente ogni cinque anni e presieduta da un consiglio dei ministri che deve rappresentare i partiti di entrambe le comunità. L’intesa impegna i partiti ad impiegare metodi pacifici per risolvere le divergenze e li spinge ad utilizzare la propria influenza per far smobilitare i paramilitari. L’accordo è stato approvato dal 71% degli elettori dell’Irlanda del Nord e dal 94% degli elettori irlandesi in due referendum svoltisi nel 1998.

I mesi e gli anni successivi all’Accordo di Pace del Venerdì Santo hanno visto progressi e regressi nello scenario politico nordirlandese. Il 15 agosto del 1998 ha avuto luogo il più grave attentato terroristico nella storia del conflitto quando una bomba dell’IRA ha ucciso 29 persone presso il mercato della città di Omagh. Questo evento, seppur tragico, non ha però impedito alcuni sviluppi positivi avvenuti in seguito. Nel 2007 l’esercito inglese ha concluso le proprie operazioni militari in Irlanda del Nord a 38 anni di distanza dal primo dispiegamento delle proprie forze di polizia mentre nel 2012 Martin McGuiness, ex comandante dell’IRA, ha incontrato la Regina Elisabetta e le ha stretto la mano.

Si è trattato di un gesto importante ed altamente simbolico per quanto riguarda il miglioramento delle relazioni tra Irlanda del Nord e Regno Unito. In alcune occasioni, come dopo le elezioni del 2017, le tensioni tra i partiti politici hanno provocato un blocco lungo quasi tre anni ed impedito il funzionamento dell’assemblea legislativa. Nel 2016 la maggioranza degli elettori dell’Irlanda del Nord ha votato, nel referendum sulla Brexit, in favore della permanenza nell’Unione Europea associandosi alla Scozia mentre un gran numero di votanti del Galles e dell’Inghilterra ha preferito l’uscita che ha poi prevalso con una maggioranza del 51.89%.

Il Protocollo dell’Irlanda del Nord nell’ambito dell’accordo della Brexit ha creato una frontiera problematica tra questo territorio e la Gran Bretagna. L’Irlanda del Nord, grazie a questo protocollo, è allineata con diverse leggi comunitarie mentre la Gran Bretagna può discostarsi da queste ultime. Questa difformità obbliga le autorità ad istituire dei controlli sui beni che si spostano tra le due parti del Regno Unito ed ha provocato l’ira del Partito Democratico Unionista (DUP) che, sino al mese di aprile 2021, esprimeva il primo ministro nella persona di Arlene Foster. Il partito, che nel referendum del 2016 aveva appoggiato il Leave, si era poi rifiutato di appoggiare l’accordo di uscita raggiunto da Theresa May con la motivazione che quest’ultimo avrebbe tenuto legato il Regno Unito all’Unione Europea per un periodo di tempo indefinito.

scontri irlanda del nord 2021

L’accordo raggiunto con l’Unione Europea nell’ottobre del 2019 è stato però accolto con altrettanto sdegno ed ha provocato una serie di gravi reazioni in Irlanda del Nord. Una serie di gruppi paramilitari lealisti hanno ritirato il proprio appoggio all’Accordo del Venerdì Santo mentre tra il febbraio e l’aprile del 2021 sono comparsi dapprima alcuni graffiti contro il confine doganale e poi sono stati registrati scontri nelle aree unioniste. La tensione è molto alta ed i prossimi sviluppi sono ancora incerti.

La complessa situazione nordirlandese ha avuto effetti anche nelle relazioni internazionali di Londra. Il 10 giorno il tema è fino sul tavolo dell’incontro bilaterale tra il premier britannico, Boris Johnson e il presidente Usa, Joe Biden, arrivato in Europa per un tour diplomatico. Secondo il Times Biden avrebbe chiesto ai suoi diplomatici di ‘bacchettarè il primo ministro britannico Boris Johnson per il fatto che, con le tensioni sulla Brexit, mette in pericolo il processo di pace nell’Irlanda del Nord. 

Secondo le indiscrezioni il presidente avrebbe chiesto una reprimenda diplomatica formale decisamente rara tra Paesi alleati: l’incaricato d’affari dell’ambasciata Usa nel Regno Unito, Yael Lempert, ha incontrato il capo negoziatore britannico per la Brexit, David Frost, per fargli presente che il governo di Bojo “infiamma” le tensioni in Irlanda del Nord e nell’Unione europea con la polemica sui controlli commerciali al confine comunitario. L’incontro tra Lempert e Frost -descritto come “teso” e in cui il diplomatico americano ha letto a voce alta e lentamente le indicazioni ricevute da Washington- ha avuto luogo lo scorso 3 giugno, ma è venuto alla luce poche ore prima che Biden, di origini irlandesi e contrario alla Brexit, e Johnson tenessero il loro bilaterale. Non solo: la notizia è emersa all’indomani del fallimento dei colloqui tra Frost e Maros Sefcovic, vicepresidente dell’Ue, per risolvere la disputa sugli accordi commerciali post-Brexit. Il quotidiano aggiunge che l’incaricato d’affari ha chiesto a Frost che il governo raggiunga un accordo negoziato con l’Ue, anche se questo comportasse “impegni impopolari”, ed ha espresso la “crescente preoccupazione” dell’amministrazione Usa.

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