Internet Research Agency, la fabbrica di troll del Cremlino

Ogni grande potenza che si rispetti dispone di eserciti ombra, paralleli, rispondenti unicamente al comando dello stato profondo – e, talvolta, dello “stato più profondo del profondo” – e attivabili in caso di evenienza. Evenienze che possono essere una pericolosa insurrezione da domare, una quinta colonna da neutralizzare e/o un golpe da prevenire.

Questi eserciti senza uniforme possono essere delle realtà del mercenariato, come l’Academi degli Stati Uniti, l’Agenzia Sadat della Turchia o il Gruppo Wagner della Federazione russa, delle organizzazioni guerrigliere, dei gruppi terroristici e/o delle realtà più complesse, all’apparenza innocue, come una società di servizi di rete utilizzata per portare avanti attacchi cibernetici e guerre informative. Una società come l’Internet Research Agency, che per dieci anni è stata la fabbrica di troll e di psyops del Cremlino.

L’Internet Research Agency (IRA), altresì nota come Internet Research (Интернет исследования), è stata una delle principali realizzatrici delle nuove misure attive del Cremlino fra il 2013 e il 2023. Fondata tra il 2013 e il 2014, e collegata al defunto Evgenij Prigozhin, l’IRA aveva uffici a Mosca, a San Pietroburgo – dove si trovava il quartier generale, nel distretto di Olgino – e in altre città della Federazione.

Scoperta dalla Novaya Gazeta nell’agosto 2013, l’Ira aveva sempre mantenuto il più stretto riserbo su tutto ciò che la riguardava: sfera di attività, organico, entrate e uscite. Gole profonde e inchieste, però, ne avevano rapidamente svelato il vero volto: non una compagnia internet qualsiasi, ma una composta da uno stuolo di psico-guerrieri, hacker e troll tanto abili quanto ben retribuiti.

Negli uffici dell’Ira, da San Pietroburgo a Mosca, si trovavano brigate del Web (Веб-бригады) che lavoravano notte e giorno, ogni giorno, per diffondere bufale, spargere semi-verità, produrre contenuti divisivi e materiale propagandistico. E lo facevano, ricevendo compensi elevati, allo scopo di manipolare e condizionare gusti, valori e idee dell’opinione pubblica propria e occidentale, anelando al compattamento della prima e alla frammentazione, o meglio alla polarizzazione, della seconda.

I numeri dell’Ira, stando alle inchieste dei giornalisti investigativi occidentali e russi, sarebbero stati astronomici. Condizionale d’obbligo perché dell’Ira nulla è mai stato certo, ma tutto è stato speculazione, data l’impenetrabilità dell’alone di mistero che la circondava.

Nella sola San Pietroburgo, dove le inchieste giornalistiche avevano scoperto almeno tre edifici adibiti ad uffici multipiano, avrebbe lavorato un piccolo esercito. Perché uno solo di questi palazzi-ufficio, localizzato in strada Savushkina, sarebbe stato il contenitore di più di mille di dipendenti.

Circa o più di mille persone a edificio, nella consapevolezza dell’esistenza di ulteriori a Mosca, di simili dimensioni, e in città minori, di stazza ignota, facevano una squadra notevole, sicuramente superiore alle cinquemila unità. E si trattava di persone che, sempre secondo le inchieste, avrebbero lavorato su turni anche di dodici ore al giorno, perseguendo obiettivi diari elevati: almeno cento commenti e almeno dieci post per ogni profilo (falso) posseduto. Obiettivi che, se raggiunti (e superati), significavano premi produttività a fine mese.

Ma che cosa facevano, di preciso, i troll e gli psico-guerrieri dell’Ira? Aprivano profili falsi nelle principali piattaforme sociali occidentali, come Facebook e Twitter, che poi utilizzavano per creare gruppi di denuncia, di controinformazione e di protesta politica, per intasare di commenti stordenti le pagine della vittima di turno e per realizzare post virali dall’alto potenziale disinformativo.

Gli obiettivi degli assalti virtuali variavano a seconda della contingenza, ma l’analisi dei movimenti e delle azioni dei troll del Cremlino aveva appurato come, spesso e volentieri, riguardassero l’incitamento alla protesta, l’alimentazione di tensioni interrazziali, la diffusione di tensione tra le categorie sociali e la propagazione di spaesamento in occasione di importanti appuntamenti elettorali.

Quando si trattava di relazioni internazionali, le brigate del web promuovevano delle narrazioni contrarie a quelle occidentali – non per forza false –, mentre quando il tema sul tavolo era la politica domestica russa si accendevano i fari su Aleksei Navalny, figure dell’opposizione non controllata, e si elogiavano le scelte della presidenza Putin, nascondendone e/o minimizzandone i lati controversi.

Il pubblico statunitense sentì parlare per la prima volta dell’Ira nel giugno 2015, quando il New York Times le attribuì la responsabilità per il “caso Centerville”, un falso allarme esplosione all’impianto chimico di Centerville (Louisiana) risalente a un anno prima, l’11 settembre 2014, che fu causa di panico generale tra la popolazione del luogo.

Tre mesi dopo la denuncia del Times, l’Ira avrebbe tentato il colpo grosso ad Atlanta, utilizzando alcuni profili Twitter per veicolare l’idea che fosse scoppiata un’epidemia di ebola nella metropoli. Utilizzando video montati ad arte, e hashtag sensazionalistici come #EbolaInAtlanta, per qualche ora l’Ira riuscì a spaventare gli atlantani più psicolabili e impressionabili.

Sebbene l’Ira abbia operato in tutto l’Occidente, è negli Stati Uniti che concentrò il grosso delle sue misure attive fra il 2014 e il 2023, dedicandosi primariamente a confondere l’elettorato in sede di voto e a polarizzare (ulteriormente) la società su tematiche pungenti e per loro natura divisive come aborto, brutalità poliziesca, diritti arcobaleno, relazioni interrazziali e vaccini.

Tra i maggiori successi dell’Ira in terra americana si ricordano:

  • Alcuni cortei e marce organizzati nell’aprile 2016 fra Baltimora e New York per protestare contro la morte degli afroamericani Freddie Gray e India Cummings. Cortei e marce organizzati da Blacktivist, una pagina Facebook che successivamente è stata ricollegata all’Ira.
  • Due marce di protesta avvenute a Houston nel maggio 2016, una favorevole e una contraria all’apertura di un centro islamico in città, entrambe organizzate in rete. Organizzate all’interno di due gruppi Facebook gestiti da profili dell’Ira.
  • Un corteo arcobaleno contro la Chiesa battista di Westboro nel maggio 2016, organizzato da un gruppo – LGBT United – poi risultato appartenere all’Ira.
  • Un corteo davanti la Casa Bianca per chiedere sicurezza per i musulmani, avvenuto il 3 settembre 2016, e organizzato dal gruppo Facebook “United Muslims of America”, poi risultato appartenere all’Ira.
  • La realizzazione di un gruppo Facebook abbastanza longevo, BlackMattersUS, che, tra le tante azioni, il 12 novembre 2016 fu capace di radunare diecimila persone a Manhattan per protestare contro Donald Trump.
  • L’organizzazione di marce appositamente concepite per degenerare in scontri, dunque per fornire ai media di tutto il mondo materiale con cui dipingere negativamente gli Stati Uniti. Una tattica tanto intelligente quanto diabolica, perfezionata nel tempo, con la quale l’Ira riuscì a portare periodicamente in piazza, nello stesso giorno, suprematisti bianchi e neri, fondamentalisti evangelici ed estremisti arcobaleno, xenofobi e fautori dell’accoglienza, sostenitori delle forze dell’ordine e tifosi del Defund the police.

Per le azioni di cui sopra, e molte altre ancora, l’amministrazione Trump, nel settembre 2020, introdusse sanzioni contro individui ed entità legati all’Ira, nonché nei confronti di Prigozhin. Sanzioni appesantite ed estese dalla presidenza Biden a pochi mesi dall’insediamento, nell’aprile 2021.

Nel luglio 2023, all’indomani della marcia di Prigozhin su Mosca, da alcuni letta come uno sfrontato ammutinamento e da altri come un tentativo di colpo di stato, l’Ira veniva prima sequestrata al leader del Gruppo Wagner e successivamente messa all’asta al miglior offerente.

Si credeva che gli oligarchi vicini a Putin avrebbero acquistato la creatura di Prigozhin, che negli anni aveva dato prova di possedere un tremendo potenziale destabilizzante, ma così non è stato. Il 4 luglio, dopo più di una settimana di asta fantasma, l’Ira veniva sciolta. Ma questo non significa che non si sentirà più parlare di guerre cognitive made in Russia: è stata sepolta l’Ira, insieme al suo amministratore delegato, ma non le idee che la muovevano e il personale che lavorava al suo interno.

Il modello Ira ha permesso alla Russia di seminare zizzania in tutto il mondo, contribuendo a destabilizzare la pace sociale negli Stati Uniti, portati sull’orlo di una simil-guerra civile, e trattasi di risultati che non possono essere né dimenticati né trascurati. Altre aziende specializzate nella conduzione di guerre cognitive in rete sorgeranno o, probabilmente, sono nate negli stessi giorni in cui moriva l’Ira.

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