I rapporti tra Iran e Russia tra armi, petrolio e nucleare

Russia ed Iran sono due Paesi che per motivazioni geografiche e storiche hanno intrattenuto un ampio spettro di rapporti legati alla comune visione politica, agli interessi economici e di sicurezza, che posso essere definiti del tutto speciali e che hanno attirato l’interesse di altri attori internazionali.

L’Iran oggi è ancora un Paese strategico per quanto riguarda la produzione ed il controllo dei traffici di idrocarburi e la Russia non può prescindere, stante la dipendenza del proprio mercato dall’andamento del greggio, dall’intessere relazioni il più possibile stabili e fruttifere con Teheran, sebbene, come vedremo, non si tratta affatto di un rapporto idilliaco.

L’Iran conta circa 157 miliardi di barili di petrolio che ne fanno il quarto Paese al mondo per riserve provate e circa 33 miliardi di metri cubi di gas che lo piazzano al secondo posto subito dopo la Russia. Inoltre, essendo direttamente affacciato sullo Stretto di Hormuz da dove passa circa il 17% del petrolio mondiale, risulta essere strategico per il controllo delle vie energetiche globali, anche per la sua vicinanza alla rotta Suez-Stretto della Malacca.

La storia recente delle relazioni tra i due Paesi vede due eventi a fare da spartiacque. Il primo è sicuramente la Rivoluzione Islamica del 1979. Sino a quel momento, infatti, l’Iran era annoverato nel “blocco occidentale” con lo Shah fortemente legato agli Usa tanto che Teheran entrò nel Patto di Baghdad e più tardi nel Cento (Central Treaty Organization) con la finalità di contenere l’espansionismo sovietico. L’avvento della teocrazia degli Ayatollah provocò, oltre al distacco dal blocco occidentale, un graduale isolamento del Paese che fu colmato parzialmente dall’avvicinamento graduale (ma mai netto) alla Cina e all’Unione Sovietica. Lo sfaldamento di quest’ultima rappresenta il secondo evento spartiacque: lentamente ma costantemente tra gli anni ’90 e 2000, Teheran guardò a Mosca come un alleato in chiave antiamericana/antioccidentale non facendo mai mancare il proprio appoggio diplomatico alla causa russa come avvenuto per la questione bosniaca o cecena.

Da parte russa non c’è mai stato un appoggio aprioristico alla politica di Teheran in quanto gli interessi di Mosca nell’area mediorientale sono multidimensionali e non si basano solamente sulla Repubblica Islamica dell’Iran: il Cremlino mantiene infatti buone relazioni dal punto di vista diplomatico e commerciale con quasi tutti gli attori dello scacchiere in questione, compresi Arabia Saudita e Israele che rappresentano i principali avversari di Teheran. Con queste premesse, pertanto, un’alleanza strategica tra Mosca e l’Iran risulterebbe compromettere la posizione di Mosca e sarebbe causa di un confronto con la maggior parte dei Paesi della regione e, non ultimo, con la maggioranza del mondo sunnita, eventualità che la Russia vuole evitare.

In questo senso risultano chiarificanti le parole di Nematollah Izadi, ultimo Ambasciatore di Teheran nell’Unione Sovietica e primo nella nuova Russia che in una delle sue recenti interviste ha sottolineato come “Non possiamo avere relazioni strategiche. In qualche area i nostri obiettivi sono in conflitto, comunque sia possiamo avere ottime relazioni ad alto livello” in merito ai rapporti tra i due Stati.

Non esiste infatti una strategia di sviluppo di rapporti bilaterali tra Russia ed Iran anche quando si tratta di questioni cruciali come quella dell’area del Mar Caspio o quella siriana, ma uno dei pochi fattori che tiene unite Mosca e Teheran è l’opposizione all’Occidente e alla politica unipolare di Washington. L’Iran, infatti, vede di cattivo occhio ogni ingerenza “straniera” nello scacchiere mediorientale considerato, al pari della Russia, una zona soggetta alla propria sfera di influenza, pertanto accetta di buon grado ogni sforzo congiunto nell’area volto a combattere il terrorismo di matrice wahabita/sunnita ed altri progetti per consolidare la stabilità nella regione tramite la costruzione di rapporti di mutua cooperazione su di un piano paritetico.

Anche da parte russa si è lamentata più di una volta l’esigenza di rafforzare i rapporti economici e commerciali bilaterali che al momento sono limitati principalmente alla sfera dell’oil&gas e a quella militare. Igor Ivanov, ex ministro degli Esteri della Federazione Russa, ha detto che “Non si possono costruire rapporti bilaterali esclusivamente sull’opposizione all’occidente. Abbiamo bisogno di un programma costruttivo, una lista di priorità che ci permetta di muoverci oltre anche se basata primariamente sul mutuo interesse”. Facendo intendere quindi che anche da parte russa c’è comunque la volontà di stringere legami più saldi pur evitando di alterare i delicati equilibri dei rapporti diplomatici del Cremlino con gli altri Stati dell’area mediorientale.

La Russia preferisce la cooperazione al confronto e lo ha ampiamente dimostrato nel corso delle ultime due decadi, pur seguendo il principio che si può definire del “lottatore di judo”, ovvero del rimanere in stretto contatto con l’avversario. In questo senso Mosca cerca di stabilire buone relazioni con i concorrenti regionali per perseguire i propri interessi.

Chiarificante da questo punto di vista è la politica sugli idrocarburi. Teheran, per le considerazioni sin qui viste, rappresenta un concorrente in grado di intaccare la posizione russa di esportatore principale di questa risorsa verso l’Ue – del resto l’Iran non ha mai nascosto questa intenzione – ma la Russia non l’ha ostacolata nel suo commercio, anzi, ha supportato quei progetti energetici che hanno permesso al Cremlino di controllare o deviare i flussi di gas del Medio Oriente diretti verso l’Europa per assicurarsi la stabilità delle propria quota di export. Parecchie volte infatti ha fornito assistenza all’Iran per la costruzione di quella che viene chiamata “Peace Pipeline” che collega i campi di produzione iraniani alla Cina e all’Asia passando per il Pakistan. In quest’ottica che si può definire “win-win” ha anche formulato un piano per rifornire le province settentrionali dell’Iran di gas russo (via Azerbaijan) in cambio di Lng (Liquefied Natural Gas) che le compagnie russe caricano nei terminal iraniani nel Golfo Persico.

Non è poi un caso che le prime compagnie ad essere ritornate in Iran dopo la fine delle sanzioni e dell’embargo nel biennio 2015/16 siano state proprio quelle russe, che, approfittando anche del calo dei prezzi dell’anno scorso, hanno contribuito a rafforzare la presenza della Russia sul mercato energetico globale.

Dopo il deterioramento dei rapporti tra Russia e Occidente a causa delle sanzioni internazionali, le relazioni tra Mosca e Teheran sono costantemente andate migliorando se pur con i dovuti distinguo del caso. La Russia infatti non intende creare un blocco alternativo al cosiddetto “Asse del male” americano pur non accettando la volontà Usa di dominio del mondo. La posizione di Mosca, infatti, è sempre stata accomodante finché coerente col principio già esposto della ricerca dei propri interessi. Esempio è l’atteggiamento tenuto nella questione nucleare: la Russia ha supportato l’Iran ma anche le sanzioni internazionali, specialmente la risoluzione numero 1929 del 2010 che bloccava la vendita dei sistemi S-300 poi sbloccata da Putin nel 2015 dopo che era stato raggiunto l’accordo sul Jcopa. Per il Cremlino vendere a Teheran il proprio know how nell’industria atomica ed i propri prodotti del comparto militare rappresenta bene la ricerca di questo interesse, in quanto rappresentano una fonte primaria di introiti per le casse dello Stato.

Con le sanzioni internazionali elevate post questione Crimea, Mosca ha scoperto l’importanza dei produttori del Medio Oriente nel campo agroalimentare, ed in particolare dell’Iran, che sono andati a sostituire quelli europei. Dal 2017 ha anche offerto a Teheran l’opportunità di usare il rublo come moneta di scambio nelle contrattazioni bilaterali in sostituzione dell’euro o del dollaro e ha invitato l’Iran a formare una “free trade zone” con l’Unione Economica Euroasiatica.

Complessivamente quindi possiamo individuare cinque punti di convergenza che avvicinano Iran e Russia. Il primo è quello rappresentato dal multilateralismo economico con la Russia disposta a considerare l’Iran come un attore nell’Unione Economica Euroasiatica che fa il paio col desiderio di Teheran di espandere e diversificare le proprie interazioni economiche post accordo Jcpoa (fattore che potrebbe essere quindi messo in discussione dall’annullamento del trattato e dal ritorno delle sanzioni). Il secondo è dato dal corridoio di transito nord-sud che permetterebbe a Mosca di accedere ai “mari caldi” e a Teheran di ampliare il proprio raggio d’azione verso il mercato russo. Il terzo è dato dalla comune sensibilità verso la sicurezza regionale essendo due Stati vicini geograficamente e altrettanto vicini ad aree calde come quella siriana. Il quarto è quindi una diretta conseguenza del terzo, ovvero la ricerca di una risoluzione comune di quei conflitti regionali che, se esacerbati, potrebbero minacciare la stabilità di entrambi gli Stati. Il quinto ed ultimo ma non meno importante è, come già detto, la volontà di limitare l’influenza di attori extra-regionali o di potenze trans-regionali nel Medio Oriente, nell’Asia Centrale e nel Caucaso, ed in particolare gli Stati Uniti.

La prima è più importante area in cui gli interessi dei due Paesi divergono è, come già detto, la questione degli idrocarburi: la priorità della Russia è quella di mantenere il monopoli dell’export energetico verso l’Europa e quindi lo svilupparsi di nuovi legami energetici extraregionali dell’Iran potrebbe intaccarlo. Secondariamente la Russia intende mantenere il suo dominio esclusivo nella sua sfera di influenza limitando ogni possibile ingerenza di altri attori in differenti settori dell’Asia Centrale e del Caucaso e nel contempo evitare un’ingerenza sciita in Siria che potrebbe alterare i rapporti con il mondo sunnita.

Nonostante quelle che potrebbero sembrare delle divergenze insormontabili Russia e Iran hanno saputo collaborare efficacemente per risolvere questioni delicate. Il fattore chiave di questi rapporti di buon vicinato è stato sicuramente l’abbandono da parte iraniana della volontà di esportare la rivoluzione islamica dimostrato più volte con il sostegno a Mosca durante la crisi cecena e durante il conflitto in Georgia e nell’Ossezia del Sud, dove Teheran ha sempre appoggiato senza riserve l’operato di Mosca, che, di rimando, ha sempre rifiutato la retorica americana del “Asse del male” sostenendo il ruolo chiave di stabilizzatore che l’Iran ha nell’area mediorientale. Russia e Iran hanno poi avuto un ruolo chiave nel porre fine alla guerra civile in Tagikistan conducendo la Repubblica del Tagikistan e l’Opposizione Unita Tagika ad un accordo di pace nel 1997. Lo stesso Afghanistan ha visto unire le forze dei due Paesi per cercare di porre un freno al traffico di stupefacenti proveniente da quel paese dilaniato dalla guerra insieme ad altre repubbliche ex sovietiche come l’Azerbaigian, il Turkmenistan ed il Kazakistan.

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