President Donald J. Trump

I quattro grandi processi a carico di Donald Trump

Manca ormai un anno, settimana piĂą settimana meno, all’estate dell’anno elettorale 2024, quella che suggellerĂ  i due candidati alle prossime elezioni Usa. Se il nome dell’incumbent è ormai certo essere quello di Joe Biden, salvo colpi di scena, nel Gop il processo appare sempre piĂą tumultuoso. Al di lĂ  dei sondaggi, che lo vogliono in testa rispetto ad altri esponenti conservatori, Donald Trump resta impastoiato fra le molteplici accuse giudiziarie a suo carico che rendono la strada verso la convention 2024 tutta in salita ma che non gli impediranno, seppur trovato colpevole, di proseguire la sua campagna elettorale. Al momento, sono quattro i principali indictment, ovvero le imputazioni a carico dell’ex presidente.

Nel marzo scorso, l’attorney del distretto di Manhattan ha accusato l’ex presidente di aver violato la legge ordinando al suo legale, Michael Cohen, di pagare 130mila dollari a una ex pornostar, Stormy Daniels, pronta a rivelare a un giornale scandalistico di aver avuto una relazione con l’allora candidato alle presidenziali. Uno schema “catch and kill“, come viene chiamato negli Usa, passato anche per l’utilizzo di fondi della Trump Organization, spacciati poi come rimborso per una consulenza legale fittizia. Un reato minore ma che, nella Mecca della finanza mondiale, non può essere perdonato, come ha sostenuto il procuratore Alvin Bragg: “Manhattan ospita il mercato commerciale piĂą significativo del Paese. Non possiamo permettere alle aziende di New York di manipolare i loro registri per coprire comportamenti criminali”, così aveva tuonato mesi fa. Ancor piĂą se quel reato ha avuto come fine quello di influenzare la condotta della campagna elettorale del 2016, occultando informazioni necessarie al pubblico ai fini di una valutazione complessiva del candidato Trump. Un processo che, secondo molti, è finalizzato soprattutto a influenzare quello per i fatti di Capitol Hill, considerando la tesi molto complessa da dimostrare da parte dell’accusa. Trump non nega di aver pagato Daniels, ma sostiene di essere lui la vittima, poichè rassicurato dal suo legale della liceitĂ  della donazione all’epoca dei fatti.

Di fronte alle accuse, l’ex presidente si è dichiarato non colpevole. Prossimo appuntamento, il 24 marzo 2024, con l’inizio del processo.

Un episodio senza precedenti nella storia americana: i federali che entrano nella residenza privata di un ex presidente. Una mossa che fu considerata insolita per il dipartimento di Giustizia, poiché il procuratore generale Merrick Garland chiese di autorizzare la pubblicazione del mandato di perquisizione presso la tenuta del tycoon oltre alla lista dei documenti sequestrati. Una scelta anomala, è in contrasto con la comune pratica degli inquirenti, volta a mantenere il riserbo sulle inchieste in corso.

Quasi un anno dopo il celebre blitz dell’Fbi nel buen retiro della famiglia Trump, nel giugno scorso sono giunti i capi di imputazione a carico del tycoon a proposito dei file classificati ritrovati nella sua abitazione in Florida. Trump è accusato di aver sottratto e intenzionalmente conservato informazioni sulla Difesa nazionale; false affermazioni e dichiarazioni; cospirazione per ostacolare la giustizia; occultamento di documenti o atti; occultamento di documenti o registrazioni; occultamento di documenti nell’ambito di un’indagine federale. Assieme a Trump sono imputati anche il suo assistente Walt Nauta-accusato di aver aiutato il suo boss a spostare e nascondere le scatole contenenti i faldoni- e Carlos de Oliveira, aggiuntosi in seguito ai capi d’accusa, in qualitĂ  di manager della proprietĂ  di Mar-a- Lago e, dunque, anche egli sospettato di aver coadiuvato le operazioni di spostamento e occultamento dei file.

Trump e i suoi collaboratori si sono dichiarati non colpevoli. Nel maggio 2024 è previsto l’inizio del processo.

Il caso piĂą “popolare “-nonchĂ© il piĂą grave- fra quelli che coinvolgono l’ex inquilino della Casa Bianca. Lo scorso luglio, sono stati resi noti i quattro capi di imputazione che legano Trump all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Questi ultimi riguardano l’incitamento all’insurrezione, l’ostruzione di un atto ufficiale del Congresso, cospirazione contro il governo degli Stati Uniti, false dichiarazioni e pressioni sui testimoni affinchĂ© dichiarassero il falso su quanto accaduto quella sera. L’ex presidente, inoltre, avrebbe esercitato forti pressioni sul suo vice, Mike Pence, al fine di impedire il legale passaggio dei poteri, caso unico in tutta la storia americana, costringendo deputati e senatori alla fuga in un luogo sicuro, al fine di proteggere la documentazione necessaria.
L’inchiesta è, inoltre, giunta ad una svolta anche sulla paternità politica dell’insurrezione: il nodo più difficile da provare, poiché Trump non era a Capitol Hill ma nulla fece per disincentivare i suoi supporter. Restava da provare, dunque, come il tycoon abbia potuto incitare la folla a recarsi al Campidoglio. Su questo dettaglio si inserisce il non riconoscimento di alcun profilo di immunità presidenziale, tanto meno il ricorso alla buona fede del presidente, che al contrario aizzò la folla a mezzo Twitter con il suo “Get smart Republicans. FIGHT!”, prima di essere costretto a disinnescare i suoi sostenitori.

Nei documenti dell’indagine sono citati anche sei presunti co-cospiratori, le cui identitĂ  non sono mai state rivelate, non essendo accusati di alcun reato. Secondo indiscrezioni della Cnn potrebbe trattarsi di almeno tre ex avvocati di Trump, tra cui il celeberrimo Rudy Giuliani, a seguire John Eastman e Sidney Powell; a questi si aggiungerebbero Jeffrey Clarck, ex ufficiale del dipartimento della Giustizia e Kenneth Chesebro, noto avvocato trumpista. Nessuna supposizione sul sesto co-cospiratore.

Circa un mese fa, le indagini affidate dal dipartimento della Giustizia al Consigliere speciale Jack Smith, sarebbero giunte ad un punto di svolta a causa di un carico di nuove prove venute a galla negli ultimi mesi da lasciare “a bocca aperta”, secondo il Washington Post. Nel corso dei mesi, in risposta alle quattro accuse principali, si sarebbero andati delineando tre capitoli probatori: nel primo, soprattutto, si mette in evidenza “che Trump sapeva di aver perso le elezioni ma non voleva rinunciare al potere, quindi ha lavorato con i suoi avvocati su un’ampia varietà di schemi per cambiare il risultato.

Trump si è dichiarato non colpevole per tutti e quattro i capi di accusa. Il prossimo step sarĂ  la decisione sulla data del processo nel 2024, che ha giĂ  scatenato le ire del magnate di fronte alla proposta del 2 gennaio 2024.  “Il folle Jack Smith ha chiesto che il processo per l’incriminazione voluta da Biden si svolga a partire dal 2 gennaio, poco prima degli importanti caucus dell’Iowa” ha urlato dal suo Truth: Trump, infatti, contesta non solo la collocazione del processo all’indomani del Capodanno, ma la sua sovrapposizione con un appuntamento chiave per il destino delle primarie, non solo nel Gop, ovvero i caucus dell’Iowa. Nella mozione presentata alla giudice Tanya Chutkan, i procuratori dell’ufficio di Smith hanno dichiarato che il 2 gennaio risponderebbe al forte interesse pubblico nell’avere un processo veloce, in particolare in questo dove l’imputato è accusato di aver complottato per ribaltare i legittimi risultati delle elezioni presidenziali del 2020.

Prossima deadline il 28 agosto, fissata dalla giudice Chutkan per decidere definitivamente una data di inizio del processo. Una scelta che non potrĂ  non essere politica, in un senso o nell’altro.

Si tratta dell’unica vicenda giudiziaria che, al momento, è ferma all’indictment, giunto il 14 agosto scorso. Trump e altri 18 suoi accoliti sono accusati di aver compiuto sforzi illegali al fine di ribaltare il risultato elettorale del 2020. L’indagine è stata condotta dal procuratore distrettuale Fani Willis all’interno della contea di Fulton. Nel maggio dello scorso anno era stato, infatti, selezionato un gran giurì speciale per prendere in considerazione le prove sui presunti sforzi di Trump per influenzare i risultati delle elezioni del 2020 nello Stato. L’indagine si era concentrata su una telefonata che Trump avrebbe fatto a Brad Raffensperger, segretario di Stato repubblicano della Georgia, il 2 gennaio 2021, nella quale chiedeva di “trovare i voti necessari” a vincere nel suo Stato; ma anche su una lettera, nella quale l’ex presidente chiedeva di de-certificare il risultato elettorale locale per agevlare la sua scalta verso la Casa Bianca.

Per quanto riguarda i capi di imputazione, qui si tratta di sollecitazione alla violazione di un giuramento da parte di un pubblico ufficiale; documenti falsi e false dichiarazioni; deposito di documenti falsi; violazione sulla legge sulle organizzazioni criminali della Georgia; associazione a delinquere finalizzata a commettere almeno altre tre fattispecie di reati. L’affaire Georgia è l’unico caso giudiziario sul quale, al momento, si possono compiere meno congetture: sulla sua evoluzione, su fatti, persone e date. L’unico dettaglio che conosciamo con certezza è il giudice che se ne dovrĂ  occupare, ovvero il giovane Scott MacAfee.

Tuttavia, ciò che è certo è che, a differenza della accuse di sovversione elettorale a firma di Jake Smith, questo caso sarà isolato se Trump verrà rieletto nel 2024. Non potrà, infatti, graziare se stesso o i suoi alleati da eventuali condanne derivate da leggi federali, né potrà licenziare i procuratori della contea di Fulton per le accuse mosse contro di lui.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.