Iron Dome, “cupola di ferro”. Si chiama così il sistema antimissile che protegge Israele da diverse minacce balistiche che vanno dai colpi di artiglieria sino ai razzi. L’esigenza di Tel Aviv di dotarsi di un sistema di difesa di questo tipo nasce durante la cosiddetta Seconda Guerra del Libano, nel 2006.
In quella circostanza sono stati lanciati circa 4mila razzi, del tipo Katyusha a corto raggio, su Haifa e sulla regione settentrionale di Israele causando 44 morti e l’evacuazione di 250mila abitanti. Tra il 2000 ed il 2008 si calcola che un totale di 4mila proiettili di mortaio e altrettanti razzi “Qassam” siano stati sparati da Gaza sul sud dello Stato ebraico e, dato il miglioramento del raggio d’azione dei “Qassam”, circa un milione di persone si è venuto a trovare a portata di tiro.
Per questo il governo di Tel Aviv – per iniziativa del ministero della Difesa – ha deciso, a febbraio del 2007, di sviluppare un sistema mobile di difesa aerea.
Iron Dome è stato sviluppato dalla Rafael Advanced Defense Systems e dalla Iai (Israel aerospace industries) con la successiva partecipazione dell’americana Raytheon che dal marzo del 2014 si occupa del processo di sviluppo del vettore da intercettazione “Tamir”, come clausola per avere la possibilità da parte di Israele di accedere a fondi Usa. Tali fondi ammontano globalmente a 1,4 miliardi di dollari nel periodo che va dall’anno fiscale 2011 sino al 2016 e coprono attualmente il 55% dello sviluppo e manifattura dei componenti del sistema da difesa aerea.
Iron Dome è stato testato con successo per la prima volta nel marzo del 2009, sebbene in quella occasione il vettore non abbia intercettato alcun tipo di razzo o missile, cosa che poi è avvenuta nel test successivo risalente al luglio dello stesso anno.
Il primo battaglione ad essere dotato del nuovo sistema di difesa è diventato operativo nell’agosto del 2009 entrando a far parte della Iaf (Israeli Air Force). Al gennaio del 2010 risale il primo test in cui Iron Dome ha intercettato con successo un lancio multiplo di razzi che simulavano i “Qassam” e i Katyusha.
Il test finale, in cui il sistema ha intercettato esclusivamente quei razzi che rappresentavano una minaccia – determinando così la reale efficienza del meccanismo di discriminazione – risale al luglio del 2010.
Iron Dome è entrato definitivamente in servizio nel marzo del 2011 e, secondo le stime ufficiali, è in grado di intercettare tra il 75 ed il 95% delle minacce balistiche, rendendolo molto più preciso di altri sistemi da difesa aerea come il “Patriot”, che pure fa parte dello scudo antimissile di Israele.
Ad oggi Iron Dome risulta il sistema più messo alla prova al mondo, con centinaia di colpi di artiglieria e missili intercettati. Solo nel 2015, secondo fonti israeliane, sono stati 1500 i razzi lanciati dai militanti palestinesi colpiti e abbattuti.
Tra il 2012 ed il 2014 Israele ha provveduto a migliorare il sistema di fuoco e di tracciamento aumentando nel contempo il numero di batterie dispiegate che sono passate da cinque a dieci.
A febbraio del 2021 l’organizzazione per la difesa missilistica israeliana (Imdo) e Rafael Advanced Defense Systems hanno completato una serie di esperimenti di volo di una versione aggiornata del sistema che hanno visto la partecipazione dell’aeronautica militare israeliana (Iaf) e della marina. Il nuovo e aggiornato Iron Dome dovrebbe essere già stato consegnato alla Iaf per l’uso operativo.
Iron Dome è formato da tre elementi fondamentali: un radar di scoperta e tracciamento, un sistema di controllo del fuoco e gestione della situazione di combattimento (Bmc) ed una unità di lancio missili (Mfu).
Una batteria di Iron Dome consiste di tre/quattro lanciatori fissi trasportabili su camion ciascuno dei quali dotato di 20 missili “Tamir” associati ad un radar sviluppato dalla israeliana Elta. Recentemente Israele si è dotato della versione migliorata del radar AN/TPY-2 operante in banda X, lo stesso usato dal sistema Abm americano Thaad integrabile nel sistema Iron Dome. Ogni batteria può coprire un’area di approssimativamente 150 km quadrati con un raggio di azione compreso tra i 4 ed i 70 kilometri.
Tutti i componenti sono semimobili e trasportabili come carichi pallettizzati quindi una batteria può, secondo le necessità, essere smontata e riposizionata ove più necessario, ma sembrerebbe che ci sia la possibilità che siano utilizzati anche mentre sono su camion.
Il sistema di gestione della situazione di combattimento calcola il punto di intercettazione delle possibili minacce e provvede a dare il via al lancio dei missili “Tamir” ed è l’unica componente ad essere gestita da personale. Dopo la scoperta e l’identificazione del razzo o proietto, il radar di Iron Dome ne monitora la traiettoria e grazie ad un particolare algoritmo il sistema Bmc ne calcola la proiezione per stabilire il punto di impatto del vettore di intercettazione solo se viene identificato come una reale minaccia.
Iron Dome ha caratteristiche ognitempo e può operare sia di giorno sia di notte, ed è stato pensato per funzionare nelle particolari condizioni ambientali che caratterizzano lo Stato di Israele incluse nuvole basse, nebbia o tempeste di sabbia.
Il missile “Tamir”, cuore del sistema, è lungo tre metri ed ha una circonferenza di 160 millimetri per un peso di circa 90 kilogrammi. È equipaggiato con un sensore elettro-ottico e ha alette stabilizzatrici mobili in grado di dargli un buon grado di possibilità di cambiare la traiettoria di volo. La testata di guerra, esplosiva, viene innescata da un sensore di prossimità.
Secondo alcune fonti il costo unitario di un “Tamir” oscilla tra i 20mila ed i 50mila dollari, mentre una batteria completa di Iron Dome verrebbe a costare tra i 50 ed i 100 milioni di dollari
Iron Dome fa parte del sistema da difesa area multistrato lavorando di concerto con i “Patriot”, e coi sistemi Arrow-2 e 3 e David’s Sling ed Iron Beam pensato per poter intercettare i più insidiosi proietti di mortaio.
Secondo i mass media americani ed israeliani Iron Dome rappresenterebbe, col suo rateo di intercettazioni pari al 90%, il più efficace sistema difensivo antimissile/antirazzo al mondo.
A contraddire questa tesi, che si potrebbe definire di propaganda, si è però levata la voce di Ted Postol, esperto di difesa missilistica del Mit (Massachusetts Institute of Technology), che sostiene che Iron Dome avrebbe una reale efficacia pari solo al 5%. In un suo rapporto ha infatti analizzato le scie – e quindi le caratteristiche di volo – dei missili “Tamir” unitamente alle caratteristiche degli stessi (spoletta e testata di guerra) stabilendo che per neutralizzare un razzo in arrivo Iron Dome deve colpirne la testata e non semplicemente danneggiare la parte dedicata alla propulsione, quindi avere un profilo di intercettazione di tipo frontale.
I diagrammi forniti da Postol nel suo rapporto, prodotti analizzando i lanci effettuati durante l’offensiva del 2012, dimostrano che l’impatto frontale è avvenuto solo nel 10 – 20% dei casi, fattore che, unito alla probabilità di distruzione che si aggira intorno allo 0,3/0,6, ne abbassa il rateo di abbattimenti al 6/12% o anche meno.
Controversie simili sono già emerse in passato in merito al “successo” dei missili “Patriot” utilizzati da Israele e dagli Usa durante la Prima Guerra del Golfo nel 1990/91. In quella occasione al “Patriot” veniva assegnata una precisione pari all’80% ma studi successivi ne abbassarono via via il valore portandolo addirittura al 9%.
Perché quindi Iron Dome viene propagandato come (quasi) infallibile? Il merito è ascrivibile principalmente a due fattori. Il primo è la particolare natura dei razzi “Qassam” e Katyusha che non hanno una precisione tale da essere adatti ad un attacco di tipo puntuale e soprattutto non sono mai stati usati in attacchi di saturazione d’area. Il secondo è ascrivibile all’efficacia del sistema di difesa civile israeliano che ha permesso di limitare di molto il numero di morti proprio per merito dei numerosi rifugi presenti sul territorio e del tempestivo allarme lanciato alla popolazione civile.
Inoltre sembra che Iron Dome abbia difficoltà a intercettare razzi sparati su traiettorie “piatte” anche su distanze più lunghe (fino a 16-18 chilometri).