Elezioni in Libano: ecco cosa c’è da sapere

Il prossimo 6 maggio il Libano torna al voto per le elezioni parlamentari. Una data importante che, probabilmente, può trasformarsi anche in uno spartiacque per tutta la regione.

Il sistema di voto

Nel giugno del 2017 le varie componenti politiche che compongono il mosaico libanese hanno raggiunto l’accordo su una nuova legge elettorale. Il sistema è quello proporzionale: una scelta inedita per il Libano. A premere per questo nuovo sistema, come spiegato da Agi, sono stati in particolare il partito cristiano maronita, il Free Patriotic Movement del presidente Michel Aoun e gli alleati sciiti che compongono la coalizione “8 marzo“.  

La scelta del sistema proporzionale indubbiamente modificherà il quadro politico parlamentare del Paese. In particolare, quello che si reputa più plausibile, è che entrino in Parlamento partito nuovi o comunque meno legati alle comunità religiose o etniche. Ad esempio, sarà interessante capire se riuscirà a sbloccare dei seggi la lista “Kulna Watani”, un movimento nato dall’iniziativa di giornalisti e attivisti e che è slegato da molte logiche tipiche del sistema politico libanese.

Amal ed Hezbollah hanno presentato liste condivise a livello nazionale. Un segnale evidente di come il campo sciita voglia presentarsi unito a queste elezioni provando a ottenere il massimo. Per gli altri partiti, solo a livello locale è possibile assistere ad alleanze. Una scelta che potrebbe apparire paradossale, dal momento che in alcuni distretti saranno alleati mentre in altri sono rivali.

Questa cosa avviene per tutti i partiti, dal Fpm cristiano al movimento Futuro di Saad Hariri fino allo stesso Hezbollah, che pur presentandosi alleato con i maroniti in alcuni distretti, in altri ne è rivale. Una frammentazione, questa che potrebbe scaturire dal nuovo sistema elettorale, che potrebbe aiutare Hezbollah, Amal ma anche l’Fpm del presidente Aoun. Mentre, stando ai dati, potrebbe togliere qualche seggio proprio al primo ministro Hariri. Il premier, oltre al sistema, paga anche la difficilissima situazione nata dopo le sue false dimissioni da Riad e la sua compromissione con i sauditi. Ma sembra che questo non pregiudicherà la sua conferma come primo ministro.

Esito incerto per molti seggi

L’esito è incerto un po’ ovunque. Anche nella stessa roccaforte di Hariri a Tripoli, dove il sunnismo è prevalente. Un altro distretto che è osservato speciale, sarà quello Nord III composto da Batroun, Bsharre e Zgharta. Qui ci sono tre aspiranti alla presidenza della Repubblica. Il motivo è che, per legge, la presidenza è data ai maroniti laddove il primo ministro è assegnato ai sunniti e il presidente del Parlamento agli sciiti. Gebran Bassil, genero del presidente Aoun, leader del Fpm e ministro degli Esteri, cerca la rielezione a Batroun. Ma qui i seggi sono solo due. E a sfidare Bassil ci sono anche l’ex ministro Boutros Harb e l’ex segretario generale delle Lf, Fadi Saad.

Il leader del partito Marada, Suleiman Franjieh, vorrebbe che il figlio Tony gli “succedesse” nella vittoria al seggio di Zgharta. A Bsharre, invece, l’esito è quasi scontato: Sethrida Geagea, la moglie del leader delle Forze Libanesi (Lf), Samir. Bassil, Franjieh e Geagea sono considerati i maggiori indiziati per la presidenza della Repubblica, considerata anche l’età avanzata di Aoun.

Elezioni importanti per tutto il Medio Oriente

Il voto in Libano potrebbe essere di fondamentale importanza per capire come si muoverà il Paese nel prossimo futuro. Il Libano è uno dei terreni di scontro della grande sfida fra Arabia Saudita e Iran, con Israele che osserva da diretto interessato.

Una vittoria di Hezbollah e Amal, evidentemente avrebbe un significato chiaro su come si sta spostando il Paese nella sfida dei blocchi. E sotto questo profilo, non va sottovalutata la questione demografica: gli sciiti sono in ascesa. Se, come sembra, nei prossimi anni gli sciiti avranno un tasso di natalità ancora molto elevato, i partiti di riferimento otterranno sempre più successo.

Per Haariri, dopo lo “schiaffo di Riad”, è la prova del nove. L’Arabia Saudita ha puntato su di lui dopo averlo praticamente costretto a dimettersi. Gli Stati Uniti lo appoggiano in chiave anti Hezbollah, ma non va dimenticato che governa anche grazie all’accordo con le forze sciite. 

Con la guerra che incendia la Siria a pochi chilometri dai seggi, e con Israele che incalza gli alleati dell’Iran, la sfida per il Parlamento libanese ha tutto per essere considerata una delle chiavi per comprendere il futuro della regione.

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