La Brexit, ossia l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, è fissata per la mezzanotte del 31 gennaio 2020. A partire dunque dal 1 febbraio 2020, Londra non sarà più considerata un membro organico all’Ue. La Brexit è stata stabilita a seguito di un referendum, votato il 23 giugno 2016, in cui il 51.89% degli elettori ha scelto l’ipotesi di abbandonare l’istituzione comunitaria. L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue comporterà non pochi mutamenti in diversi campi.
Come detto dunque, la Brexit comporterà tanti cambiamenti e molti dei quali incideranno nella vita quotidiana non solo dei cittadini britannici ma anche di quelli dell’Ue. Tuttavia, tali mutamenti non avverranno a partire dal 1 febbraio 2020: anche se per questa data Londra ufficialmente sarà già considerata fuori dall’Unione europea, è stato stabilito un periodo di transizione di 11 mesi in cui diversi aspetti rimarranno invariati.
Per vedere gli effetti della Brexit dunque, occorrerà attendere le trattative che in questo periodo di transizione verranno intavolate tra Londra e Bruxelles. Tuttavia, a grandi linee è possibile tracciare quelli che saranno i principali cambiamenti.
Il primo segno tangibile dell’addio del Regno Unito all’Unione Europea, riguarderà le modalità di ingresso nel territorio di Sua Maestà. Essendo stato fino a questo 31 gennaio 2020 territorio comunitario, anche per andare in Gran Bretagna bastava, per i cittadini europei (e dunque anche italiani), esibire la carta di identità.
Adesso invece, per recarsi oltremanica occorrerà intraprendere la stessa procedura solitamente utilizzata per visitare i paesi extraeuropei. A partire dal visto: in particolare, tutti coloro che vorranno andare in Gran Bretagna almeno tre giorni prima dovranno ottenere un visto, conseguibile con una procedura molto simile a quella attualmente usata per andare negli Stati Uniti. Il visto avrà una durata di un massimo di tre mesi, scaduti i quali si deve far ritorno nel paese di origine oppure in alternativa occorre ottenere un permesso di lavoro. Per ottenere il visto però, non basterà esibire soltanto la carta di identità: secondo la nuova legge sull’immigrazione varata in Gran Bretagna infatti, sarà necessario disporre di un passaporto biometrico.
Tuttavia, anche per l’entrata in vigore di queste norme, occorrerà aspettare la fine del periodo di transizione di 11 mesi. Dunque, per tutto il 2020 si potrà continuare ad andare nel Regno Unito con le regole fino ad oggi vigenti.
Nei mesi scorsi, quando è stata confermata la data della Brexit, erano sorti alcuni timori sui voli per andare o tornare dalla Gran Bretagna. In particolare, la preoccupazione principale riguardava l’operatività delle compagnie aeree del Regno Unito nel territorio dell’Ue.
Questo perché i voli tra paesi comunitari ed extracomunitari sono regolati da accordi bilaterali sul traffico aereo che designano una o più compagnia aerea a coprire una determinata rotta. Per adesso i voli tra il Regno Unito ed un paese europeo sono stati considerati interni alla comunità, il rischio era che, con la Brexit, occorresse negoziare nuovi accordi bilaterali tra Londra e Bruxelles. In tal modo, sarebbe stato messo in discussione lo status quo sui collegamenti aerei da e per la Gran Bretagna.
Sia il governo britannico che la commissione europea, sul finire del 2019 hanno chiarito che su questo fronte non ci saranno grossi cambiamenti: così come si legge su IlSole24Ore, le compagnie d’oltremanica potranno operare anche a Brexit avvenuta.
Possibili però alcune modifiche ed alcuni nuovi accordi da discutere nei colloqui che avverranno durante il periodo di transizione di 11 mesi. Per l’utente, gli unici cambiamenti al momento saranno quelli relativi alle sopra richiamate nuove modalità di accesso nel Regno Unito, che si applicheranno però soltanto dal 1 gennaio 2021.
Su questo settore le novità, una volta terminato il periodo di transizioni, saranno le più rilevanti. Soprattutto per quel che riguarda gli italiani, che negli ultimi anni pre Brexit hanno avuto la Gran Bretagna tra le principali mete di lavoro tanto che le ultime stime parlano di poco meno di mezzo milione di nostri connazionali residenti oltremanica.
Fino ad oggi è stato possibile raggiungere il Regno Unito seguendo le stesse regole valevoli per tutti gli altri paesi comunitari. Adesso, con il visto turistico valido per un massimo di tre mesi, per rimanere per motivi lavorativi occorrerà uno speciale permesso di lavoro.
Ma ci sono delle differenze, a seconda della professione e del motivo per cui si rimarrà nel Regno Unito. In particolare, secondo la nuova legge sull’immigrazione infatti, si dovrà già arrivare con un contratto di lavoro in tasca, diversamente dopo tre mesi di visto turistico occorrerà effettuare il viaggio di ritorno. Per tal motivo, potrebbero subentrare pochi problemi per chi è un professionista od un ricercatore: per loro, ottenere un visto di 5 anni e poi eventualmente anche la residenza non risulterà particolarmente difficile. Per ovvi motivi, diverso sarà il discorso per chi invece sarà impegnato in lavori più “occasionali”, quali quelli della ristorazione o del mondo gastronomico. Senza un contratto e senza poter dimostrare la continuità lavorativa, si rischia di dover tornare nel paese di origine.
Quest’ultimo punto interesserà particolarmente gli italiani, molti dei quali ricercano simili professioni per potersi pagare gli studi in Gran Bretagna o potersi permettere di continuare a vivere oltremanica durante la ricerca di altri lavori. C’è da sottolineare, ancora una volta, come queste norme comunque varranno soltanto dal 1 gennaio 2021.
Se si è residenti in Gran Bretagna, le tessere sanitarie rilasciate dai paesi dell’Ue, dunque anche dall’Italia, non saranno più valide. Dunque, mostrare il documento ottenuto nel paese di origine non servirà più per accedere all’assistenza sanitaria nel Regno Unito.
Fino ad oggi invece, bastava avere in tasca le tessere in questione per poter avere le prestazioni garantite dagli ospedali pubblici britannici. Così come per gli altri casi, a partire dal 1 febbraio 2020 non cambierà nulla. I mutamenti avverranno soltanto al termine del periodo di transizione e la materia sarà oggetto di colloqui tra Londra e Bruxelles.
Altro nodo delicato riguarda l’istruzione. Il tema sarà tra i più importanti in discussione nei colloqui che partiranno durante il periodo di transizione. Difficile al momento dire quali saranno le nuove regole in merito. L’argomento potrebbe toccare centinaia di studenti italiani che attualmente frequentano le università nel Regno Unito.
Nei mesi scorsi si è parlato della possibilità che Londra non partecipi più ai programmi Erasmus, ossia ai percorsi di interscambio tra le varie università dell’Ue. Uscendo dalla comunità, la Gran Bretagna non rientrerebbe più tra i paesi destinatari del progetto, a meno che il governo di Sua Maestà decida di rientrare in gioco da questo punto di vista come “programme member“. Circostanza questa già valida per alcuni Stati extra Ue, quali Norvegia, Serbia e Turchia. Il problema però è che i tempi sono stretti, in quanto i futuri progetti Erasmus verranno decisi, per il periodo 2021 – 2027, entro il prossimo anno.
Per chi comunque sta attualmente procedendo con un programma Erasmus, la Brexit non comporterà alcun cambiamento.
Dal 15 giugno 2017 è entrata in vigore la legge che ha stabilito come i cittadini presenti in un altro paese Ue, possano utilizzare i propri piani tariffari valevoli in Italia. Con l’uscita del Regno Unito dalla comunità, questa possibilità per i cittadini presenti oltremanica potrebbe venir meno.
Anche su questo punto però, tutto è rinviato al 1 gennaio 2021: dal 1 febbraio 2020 infatti, il periodo di transizione garantirà per gli 11 mesi a seguire la stessa condizione avuta fino ad oggi.
I cambiamenti prima descritti, molti dei quali come detto entreranno in pratica solo con il nuovo anno, riguarderanno i rapporti futuri tra Londra e Bruxelles e dunque avranno incidenza sui cittadini soltanto a partire dalle date precedentemente indicate. C’è però un’altra questione non indifferente, che ha a che fare con la situazione dei cittadini dei paesi Ue attualmente residenti nel Regno Unito.
In totale dovrebbe essere 3.6 milioni di persone, 400.000 gli italiani. Per loro, come specificato dagli accordi presi tra Gran Bretagna ed Unione Europea, la Brexit non produrrà alcun effetto. E questo varrà sia dal giorno effettivo dell’uscita di Londra dall’Ue, ossia dal 1 febbraio 2020, sia dalla fine del periodo di transizione e dunque dal 1 gennaio 2021.
Chi ha dunque già acquisito determinati diritti in Gran Bretagna derivanti dall’essere cittadino comunitario, non perderà alcuno status. E questo varrà per tutti i temi prima richiamati: dalla residenza, agli spostamenti, passando per l’assistenza sanitaria e l’istruzione. Questo principio varrà per chi ha acquisito i vari diritti entro il 31 gennaio 2020, così come per chi li acquisirà entro la fine del periodo di transizione.
Lo stesso discorso affrontato nel paragrafo precedente, varrà al contrario per quei cittadini britannici residenti nel territorio dell’Unione Europea e che, per il loro status di cittadini comunitari, hanno già acquisito determinati diritti nei paesi di accoglienza.
Anche se la Gran Bretagna non farà più parte dell’Ue, e dunque i cittadini britannici saranno extra comunitari, chi tra i sudditi di Sua Maestà entro il 31 gennaio 2020 risulta residente in un altro paese Ue ed ha acquisito i diritti derivanti dall’essere cittadino comunitario, non perderà alcuno status. Il discorso si applicherà anche a chi andrà a risiedere in Ue entro il 1 gennaio 2021, durante cioè il periodo di transizione.
Questo principio varrà per circa 1.6 milioni di cittadini britannici residenti attualmente nei paesi comunitari.