Anche il presidente Joe Biden è cascato sui file top secret esattamente come il suo predecessore Donald Trump. Ad aggravare la posizione del Presidente, un secondo ritrovamento di documenti classificati nel garage della sua residenza a Wilmington, nel Delaware, oltre due mesi dopo la prima scoperta.
Una bufera che rischia di gettare benzina sul fuoco in vista delle elezioni del 2024, con un Trump galvanizzato e un Biden che gioca a fare il temporeggiatore. Il presidente potrebbe essere costretto a subire uno special counsel mentre resta in carica per altri 2 anni, come capitò al suo predecessore con Robert Mueller e il Russiagate. Al contempo, il neo speaker della Camera Kevin McCarthy denuncia “la doppia morale di una giustizia politicizzata”, invocando un’inchiesta del Congresso, mentre alcune commissioni ora controllate dal Gop hanno già lanciato la loro offensiva contro Biden e la sua famiglia, a partire dal figlio Hunter. Va all’attacco anche Trump, chiedendo addirittura il siluramento del suo procuratore speciale Jack Smith.
Il caso scoppia il 9 gennaio scorso: gli avvocati del presidente Biden dichiarano di aver scoperto “un piccolo numero” di documenti riservati nel suo ex ufficio di Washington lo scorso autunno, spingendo il Dipartimento di Giustizia a esaminare la situazione per determinare come procedere. Nell’immediato, si pone il problema, da parte del procuratore generale Merrick Garland, se nominare un procuratore speciale, come Jack Smith, alle prese con il caso Trump.
I documenti rinvenuti risalirebbero al suo mandato da vicepresidente, e sarebbero stati ritrovati dai suoi avvocati personali il 19 novembre scorso mentre erano alle prese con l’impacchettamento di cartelle e documenti al Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement. L’ufficio del consiglio della Casa Bianca ha notificato l’accaduto alla National Archives and Records Administration (Nara) lo stesso giorno in cui i documenti sono stati trovati “in un armadio chiuso a chiave” e l’agenzia li avrebbe poi recuperati la mattina successiva.
Biden aveva utilizzato periodicamente l’ufficio dopo aver lasciato la vicepresidenza nel 2017 e prima di iniziare la sua campagna presidenziale. Il segretario di Stato Antony Blinken si è detto “sorpreso” dalla presenza di documenti riservati presso il Penn Biden Center, dove lui stesso aveva precedentemente lavorato. Il Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement è un istituto di ricerca indipendente a Washington DC situato a circa un miglio dalla Casa Bianca. Biden ha utilizzato lo spazio “periodicamente” prima della sua campagna presidenziale del 2020. La scoperta sarebbe avvenuta meno di una settimana prima delle midterm e circa due settimane prima che il Dipartimento di Giustizia nominasse un consulente speciale per indagare sulla gestione dei documenti riservati da parte dell’ex presidente Donald Trump.
Giovedì 12 gennaio la situazione si complica ulteriormente: la Casa Bianca dichiara che le successive ricerche avevano rinvenuto “un piccolo numero di ulteriori documenti dell’amministrazione Obama-Biden contrassegnati come riservati” tra i documenti personali e politici nella dimora privata del presidente Biden, a Wilmington.
La maggior parte è stata trovata in un ripostiglio nel suo garage. I suoi avvocati, si legge in una nota, hanno scoperto “tra carte personali e politiche un piccolo numero di altri documenti dell’amministrazione Obama-Biden contrassegnati come riservati. Tutti tranne uno sono stati trovati in un deposito nel garage della residenza del presidente” a Wilmington. “Un documento di una sola pagina è stato scoperto tra materiale immagazzinato in una stanza adiacente”, mentre “nessun documento è stato rinvenuto nella residenza di Rehoboth Beach”, la sua casa al mare.
“Siamo fiduciosi che un esame meticoloso dimostrerà che i documenti sono stati spostati per errore e che il presidente e i suoi avvocati hanno agito prontamente dopo averlo scoperto”, ha fatto sapere la Casa Bianca. Gli avvocati hanno ribadito di collaborare pienamente con il dipartimento di Giustizia e di averlo informato subito, come fatto dopo il ritrovamento del 2 novembre.
Il 14 gennaio, ulteriore bastosta per il presidente: i suoi assistenti hanno ritrovato altri documenti “riservati” nella sua residenza a Wilmington. Lo ha comunicato la Casa Bianca, portando a sei i file scoperti nella stessa settimana. Le nuove pagine sono venute alla luce dopo che la stessa portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, aveva dichiarato che le ricerche erano concluse. Anche in questo caso è stato consegnato tutto alle autorità.
Tra i file della vicepresidenza Biden ci sono dieci documenti riservati tra cui promemoria dell’intelligence statunitense e materiali informativi che riguardavano Ucraina, Iran e Regno Unito. I documenti sono datati tra il 2013 e il 2017: erano conservati in tre o quattro scatole contenenti anche documenti non classificati che rientrano nel Presidential Records Act. Ai sensi di questa norma del 1978, i presidenti in carica hanno la responsabilità esclusiva della custodia e della gestione dei registri presidenziali della loro amministrazione mentre sono in carica.
La Nara non ha alcun ruolo formale nel modo in cui i presidenti in carica gestiscono i propri documenti, tranne quando il presidente propone di disporne; invece, fornisce guida e consulenza ai presidenti in carica e ai loro funzionari designati, su richiesta. La stragrande maggioranza degli oggetti nell’ufficio del presidente conteneva documenti personali della famiglia Biden, incluse carte sull’organizzazione del funerale di Beau Biden e lettere di condoglianze, secondo quanto riporta la Cnn. Non è chiaro se le scatole con documenti riservati contenessero ulteriori materiali personali.
Ogni cambio di amministrazione presidenziale richiede un massiccio spostamento di documenti e materiali. La Nara svolge un ruolo chiave nel trasferimento fisico di centinaia di milioni di documenti testuali, elettronici, audiovisivi e manufatti dalla Casa Bianca alla futura biblioteca del presidente uscente. Gli archivi nazionali provvedono anche al trasferimento della custodia legale di quei materiali al termine di un’amministrazione, la loro cura e lo sviluppo della biblioteca stessa.
I registri presidenziali arrivano alla NARA alla fine della presidenza, mentre il Freedom of Information Act (Foia) si applica al Presidential Records Act (Pra) cinque anni dopo che il presidente ha lasciato l’incarico. Nel 1978, il Congresso ha stabilito che qualsiasi documento creato o ricevuto dal Presidente come parte dei suoi doveri costituzionali, statutari o cerimoniali è di proprietà del governo degli Stati Uniti e sarà gestito dalla Nara alla fine dell’amministrazione. Il Pra ha cambiato, inoltre, lo status legale dei materiali presidenziali e vicepresidenziali. Sotto il Presidential Records Act, i registri ufficiali del Presidente e del suo staff sono di proprietà degli Stati Uniti, e non del Presidente.
Spiegando nel dettaglio le tappe delle indagini sulla potenziale cattiva gestione dei file, l’Attorney General afferma che tutto è iniziato il 4 novembre 2022, quando l’ufficio dell’ispettore generale degli archivi nazionali ha contattato un pubblico ministero presso il dipartimento di Giustizia. Lo scopo era informarlo che la Casa Bianca aveva notificato agli Archivi che i documenti recanti contrassegni di riservatezza erano stati identificati presso l’ufficio del Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement situato a Washington. L’ufficio non era autorizzato alla conservazione di documenti riservati.

Il 9 novembre l’Fbi ha avviato una valutazione coerente con i protocolli standard per capire se le informazioni classificate fossero state gestite in modo improprio, violando la legge federale. Cinque giorni dopo, il 14 novembre, Garland ha incaricato il procuratore degli Stati Uniti per il distretto settentrionale dell’Illinois, John Lausch Jr., di condurre un’indagine iniziale. “L’ho scelto per condurre l’indagine iniziale perché ero fiducioso che la sua esperienza avrebbe garantito un lavoro in modo professionale e rapido”, ha detto Garland.
Il 20 dicembre il consulente personale del presidente Biden ha informato Lausch che ulteriori documenti recanti contrassegni classificati erano stati identificati nel garage della residenza privata del presidente a Wilmington, nel Delaware. L’avvocato di Biden ha informato Lausch che quei documenti risalivano al suo periodo come vicepresidente. L’Fbi si è recata e ha messo al sicuro quei documenti. Il 5 gennaio Lausch ha informato Garland sui risultati della sua indagine iniziale e ha spiegato che sarebbero state necessarie ulteriori indagini da parte di un procuratore speciale. “Sulla base dell’indagine iniziale di Lausch ho concluso che, in base al regolamento, era nell’interesse pubblico nominare un consulente speciale”, ha detto Garland. Nei giorni successivi, mentre Lausch continuava le indagini, il dipartimento di Giustizia ha identificato Robert Hur come figura da nominare.
Al momento il dipartimento di Giustizia sta esaminando la scoperta dei documenti riservati come confermato giovedì scorso dal procuratore generale Garland. Quest’ultimo ha dichiarato di aver nominato l’ex avvocato Robert Hur come procuratore speciale per rivedere l’archiviazione dei documenti. Dopo la sua nomina, Hur ha garantito pubblicamente che condurrà le indagini assegnate con un giudizio equo, imparziale e spassionato. Alcuni ex collaboratori che lavorarono per Joe Biden negli ultimi giorni della sua vicepresidenza sono già stati interrogati nell’ambito dei primi accertamenti condotti dalla procura di Chicago su incarico dell’attorney general. Lo riferiscono i media Usa, precisando che ora potrebbero essere risentiti dal procuratore speciale. Tra loro Kathy Chung: l’ex assistente esecutiva di Biden – ora all’ufficio protocollo del capo del Pentagono – che prestò aiuto per traslocare il materiale del suo ufficio.
Hur è stato autorizzato “a indagare se qualsiasi persona o entità abbia violato la legge in relazione a questa questione”, ha affermato Garland. “Questa nomina sottolinea per il pubblico l’impegno del Dipartimento sia per l’indipendenza e la responsabilità in questioni particolarmente delicate, sia per prendere decisioni indiscutibilmente guidate solo dai fatti e dalla legge”. Ai sensi del Pra, i documenti ufficiali del presidente e del suo staff, compreso il vicepresidente, devono essere consegnati agli archivi nazionali alla fine del loro mandato. Più in generale, la rimozione e la conservazione non autorizzate di materiale classificato è ritenuta illegale. Tuttavia, nel corso degli anni, è stato più volte denunciato un problema di overclassification, sia in termini di importanza dei file che di quantità. Un’elefantiasi documentale che spesso può portare a “disattenzioni” di questo tipo.
Classe 1973, Hur è stato procuratore degli Stati Uniti per il distretto del Maryland tra il 2018 e il 2021, essendo stato nominato dall’allora presidente Trump e confermato da un voto unanime al Senato. Ha lavorato come procuratore federale nel Maryland dal 2007 al 2014 e nel 2017 è diventato uno dei migliori aiutanti del vice procuratore generale Rod Rosenstein. In quella posizione, è stato una figura chiave nella gestione dell’indagine guidata da Robert Mueller sull’interferenza russa nelle elezioni del 2016. Eccellenza dell’Harvard College e della Stanford Law School, Hur ha iniziato la sua carriera legale con incarichi per il giudice capo della Corte suprema William H. Rehnquist e per il giudice Alex Kozinski della 9a Corte d’appello del circuito degli Stati Uniti.
Diversi esponenti del Partito democratico Usa hanno appoggiato pubblicamente la decisione del dipartimento di Giustizia di nominare un procuratore speciale per indagare sui documenti riservati. Diversi parlamentari democratico hanno commentato la vicenda, a cominciare dal deputato Adam Schiff, che sino al 3 gennaio scorso ha presieduto la commissione Intelligence della Camera. “Penso sia stata la decisione giusta”, ha affermato Schiff commentando la nomina di un procuratore speciale. “Il procuratore generale deve assicurarsi non solo che la giustizia venga applicata equamente, ma che ci sia una soddisfacente apparenza di giustizia per l’opinione pubblica”. Il deputato ha anche rifiutato di escludere che la gestione dei documenti riservati da parte di Biden possa aver nuociuto alla sicurezza nazionale, un’accusa che il democratico aveva mosso anche all’ex presidente Donald Trump dopo il sequestro di documenti presidenziali dalla residenza di Mar-a-Lago, in Florida. Critiche all’indirizzo di Biden sono giunte, tra gli altri, anche dalle deputate Zoe Lofgren e Ilhan Omar, dal deputato John Garamendi e dalla senatrice Debbie Stabenow.
A oggi entrambi i candidati “forti” alla futura presidenza degli Stati Uniti stanno subendo lo stesso tipo di indagine. La questione dei documenti – trafugati o dimenticati che siano – non potrà non abbattersi come un uragano sui prossimi 24 mesi. Tuttavia, c’è comunque da fare alcuni distinguo legali tra le due vicende.
Ci sono lacune fondamentali nella documentazione pubblica su entrambi i casi, ma le informazioni disponibili suggeriscono che ci sono state differenze significative nel modo in cui i documenti sono venuti alla luce, nel loro volume e, cosa più importante, nel modo in cui hanno risposto Trump e Biden. Gli avvocati di Biden hanno segnalato il problema e la Casa Bianca afferma di aver collaborato pienamente, anche perquisendo le case di Wilmington e Rehoboth Beach. Queste differenze hanno implicazioni legali significative.
La differenza principale, tuttavia, risiede nel modo in cui i documenti sensibili sono stati consegnati a seguito della loro scoperta. Innanzitutto, i documenti riservati trovati nell’ufficio dell’ex vicepresidente “non erano oggetto di alcuna precedente richiesta o indagine da parte degli archivi”. Il team legale di Biden ha dichiarato riguardo a entrambi i lotti di aver prontamente consegnato tutti i documenti in questione alle autorità competenti e di aver collaborato alle indagini sulla questione. Nel caso di Trump, l’Fbi ha dovuto ottenere un mandato di perquisizione per recuperare un deposito di documenti riservati nella tenuta di Mar-a-Lago in Florida dopo che gli archivi nazionali hanno battagliato con Trump per mesi una volta lasciata la Casa Bianca per la gestione dei documenti presidenziali.
Un altro punto riguarda la ratio della cattiva gestione: intenzionale o errore? Come descrive il New York Times, una disposizione dell’Espionage Act, ad esempio, rende reato se qualcuno, senza autorizzazione, conserva intenzionalmente un segreto di sicurezza nazionale “e non lo consegna su richiesta” a un funzionario autorizzato a prenderne la custodia. Un altro comma della legge afferma che una persona può essere colpevole se, per “grave negligenza”, consente che i documenti di sicurezza nazionale vengano rimossi dal loro luogo di custodia. Quella disposizione è stata storicamente interpretata nella giurisprudenza e nella pratica del dipartimento di Giustizia come richiedente “uno stato d’animo così sconsiderato da essere appena al di sotto dell’ostinazione”. La richiesta di perquisizione di Mar-a-Lago citava l’Espionage Act, nonché le leggi contro la distruzione di documenti ufficiali.
Nel caso di Biden un punto dirimente sarà capire se il figlio Hunter ha avuto accesso o meno alla documentazione. James Comer, presidente della commissione vigilanza della Camera, ha inviato una lettera alla Casa Bianca per accertare se Hunter Biden ebbe accesso ai documenti classificati scoperti nella residenza del padre a Wilmington. Residenza che risulterebbe anche dalla sua patente di guida sino al 2018. “La commissione è preoccupata che il presidente Biden abbia immagazzinato documenti classificati nello stesso luogo dove risiedeva suo figlio mentre era coinvolto in affari con avversari degli Stati Uniti”, si legge nella lettera.
Nel corso dei giorni, man mano che le indagini procedono, emergono nuove indiscrezioni: il dipartimento di Giustizia valutò la possibilità di mandare agenti dell’Fbi a monitorare la ricerca di documenti classificati da parte degli avvocati di Biden nella casa del presidente in Delaware. Ma alla fine decise di non farlo, rivelano fonti informate a Abcnews confermando una notizia rivelata per primi dal Wall Street Journal. Gli avvocati del presidente e il dipartimento di Giustizia invece concordarono che la perquisizione sarebbe stata condotta dal team legale di Biden. Un accordo raggiunto, spiegano ancora le fonti, sulla basa della collaborazione piena offerta ai procuratori federali. In tre diverse perquisizioni dall’inizio di novembre, gli avvocati di Biden hanno così trovato documenti nella sua residenza a Wilmington e nell’ufficio frequentato a Washington dopo aver lasciato la vice presidenza. Esperti legali interpellati dall’emittente americana sottolineano che, a quanto finora emerso, non sembra che vi fossero elementi tali da giustificare il passo di una perquisizione da parte dell’Fbi della residenza di un presidente in carica: unìimmagine che negli Stati Uniti sarebbe stata dura a dimenticarsi.
La campagna elettorale per il 2024 è già cominciata, ma questa volta a colpi di martelletto.