Scott Morrison è il primo ministro dell’Australia, carica che ricopre dal 24 agosto 2018, nonché leader del Partito Liberale australiano. Classe 1968, Morrison è diventato il personaggio più importante del panorama politico australiano dopo aver succeduto Malcolm Turnbull e sconfitto il ministro degli Interni, Peter Dutton, in un voto per la leadership del partito.
Più volte finito nell’occhio del ciclone per frasi, gesti e affermazioni forti, ScoMo, come è stato rinominato da stampa e social media, ha adesso l’occasione di rilanciare l’importanza strategica di Canberra. L’Australia è infatti uno dei tre Paesi promotori di Aukus, il freschissimo patto per l’Indo-Pacifico, assieme a Regno Unito e Stati Uniti. In virtù della posizione geografica della nazione da lui amministrata, Morrison potrebbe assumere un ruolo rilevante in chiave di contenimento anti cinese.
Morrison nasce il 13 maggio 1968 a Waverley, Sydney, ed è il più giovane di due figli. Suo padre, John Douglas, era un poliziotto che nel corso della sua vita ha ricoperto la carica di sindaco di Walverley per un mandato. Il futuro leader australiano cresce nel sobborgo di Bronte. Ancora bambino, intraprende una breve carriera di attore, apparendo in vari spot televisivi, tra cui quello dei prodotti contro la tosse Vicks, a cavallo degli anni ’70.
Frequenta la Sydney Boys High School, quindi completa un Bachelor of Science in geografica economica presso l’Università del New South Wales. Morrison pensava di studiare teologia in Canada ma, complice la disapprovazione del padre, sceglierà di terminare gli studi citati salvo poi entrare nel mondo del lavoro.
Inizia lavorando come responsabile delle politiche nazionali e della ricerca per il Property Council of Australia (dal 1989 al 1995). In seguito, entra nel settore turistico prima come vice amministratore delegato dell’Australian Tourism Task Force, quindi come direttore generale del Tourism Council of Australia. Nel 1998 lascia l’Australia per trasferirsi in Nuova Zelanda per ricoprire il ruolo di direttore dell’Ufficio del turismo e dello sport.
Rientra a casa nel 2000 e diventa direttore di Stato del Partito Liberale dell’Australia, nella divisione del Nuovo Galles del Sud. Nel 2004 diventa amministratore delegato di Tourism Australia, prima della rescissione del contratto avvenuta nel 2006 in seguito a un presunto conflitto con l’allora ministro del Turismo Fran Bailey e al mancato rispetto delle linee guida sugli appalti pubblici nazionali.
Nel 2007 tenta la preselezione liberale per un elettorato nella periferia a sud di Sydney, la Division of Cook, ma è costretto ad alzare bandiera bianca in favore di Michael Towke. A causa di uno scandalo che ha coinvolto il vincitore, il Partito Liberale è costretto a tenere nuove elezioni, questa volta vinte da Morrison. Che, con il passare degli anni, accumula sempre maggiore esperienza.
Nel 2013, Morrison viene nominato ministro per l’immigrazione e la protezione delle frontiere nel governo Abbott. Nel dicembre 2014, dopo un rimpasto di governo, ricopre il ruolo di ministro per i servizi sociali, mentre dal 2015 al 2018 fa parte del governo Turnbull, per poi ottenere la leadership nel 2018. È attualmente il 30esimo primo ministro australiano.
Una parte dell’opinione pubblica australiana accusa Morrison di anteporre gli interessi delle compagnie minerarie presenti in Australia alla tutela dell’ambiente. Nel 2017, nel bel mezzo di una polemica politica, il premier conservatore si presentò in aula tenendo tra le mani un pezzo di carbone. “Non dovete aver paura, non vi farà male”, disse in tono ironico ai presenti, aggiungendo che la priorità del governo consisteva nell’assicurare prezzi bassi dell’elettricità per famiglie e aziende.
Allo stesso tempo, sia il governo australiano che l’industria mineraria del Paese respingevano con veemenza un rapporto del Comitato Onu per il clima contenente la richiesta di eliminare le centrali a carbone, onde evitare il riscaldamento globale.
Morrison si è più volte presentato in tv spiegando che sì, esiste un collegamento tra gli incendi – negli ultimi anni sempre più comuni nel Paese – e i cambiamenti climatici. Ma, allo stesso tempo, il premier ha sottolineato di non aver alcuna intenzione di modificare le politiche del governo in merito alle emissioni del gas serra. Il tema sarà affrontato con responsabilità ma – ha affermato ScoMo – “non cancelleremo il lavoro di migliaia di australiani allontanandoci dalle industrie tradizionali”.
Oltre all’ambiente, un altro nodo spinosissimo affrontato a suo modo da Morrison è quello riguardante l’immigrazione. Dal 2013 al 2014, quando era ministro dell’Immigrazione, ScoMo ha avallato l’operazione Sovereign Borders, una mossa pensata per impedire alle barche cariche di richiedenti asilo di approdare sulle coste australiane. In seguito al naufragio di una barca di migranti, a Christmas Island, Morrison ha definito irragionevole il fatto che il governo australiano dovesse pagare il trasporto dei parenti delle vittime ai funerali.
Come reazione a una legge che rendeva più facili i trasferimenti di migranti detenuti presso le isole di Nauru e Manus, nel marzo 2019 Morrison ha riaperto il centro di detenzione di Christmas Island, salvo poi vedere la struttura richiedere dopo poche settimane. Stando a quanto riferito da un fotoreporter dell’Associated Press, Luka Coch, Morrison era inoltre solito conservare nel suo ufficio il modellino di una barca con su scritto “Io le ho fermate”.
L’emergenza coronavirus ha ridato nuova verve all’immagine di Scott Morrison, scottata per qualche esagerazione di troppo non ben digerita dall’elettorato nazionale. Nel 2020, non a caso, la popolarità del primo ministro era scesa al 37%, rendendolo uno dei politici più osteggiati dal popolo australiano. Con lo scoppio della pandemia di Covid-19, i sondaggi attestavano l’apprezzamento nei suoi confronti intorno al 68%, trasformandolo magicamente nel primo ministro australiano più popolare degli ultimi dieci anni.
La gestione del Covid, almeno nella prima fase della crisi, ha reso l’Australia un modello da seguire. La politica sanitaria della ricerca “zero casi” ha consentito a Canberra, all’indomani di un lockdown durato tre mesi, di tornare alla quasi normalità. Durante le restrizioni, il governo Morrison ha poi stanziato ingenti investimenti per sostenere le categorie più colpite dalle misure anti contagio.
Morrison è un fedele alleato degli Stati Uniti. Tra i principali provvedimenti presi in politica estera dall’Australia troviamo il riconoscimento di Gerusalemme Ovest come capitale d’Israele. Ma Canberra gioca un importante ruolo per quanto riguarda il contenimento della Cina. Proprio per rafforzare la posizione australiana, Stati Uniti e Regno Unito hanno stipulato con l’Australia un patto denominato Aukus. Grazie a questa alleanza, i tre Paesi citati potranno condividere la tecnologia per l’intelligence, mentre Canberra riceverà una flotta di sottomarini a propulsione nucleare.
A proposito della Cina, complice la vicinanza tra Australia e Stati Uniti, e l’insorgere di una nuova guerra fredda, le relazioni sino-australiane sono peggiorate anno dopo anno. L’apice è stato raggiunto nel novembre 2020, quando un diplomatico cinese ha pubblicato sulla su Twitter l’immagine di un soldato australiano che sembra tenere un coltello insanguinato contro la gola di un bambino afghano. Nello stesso giorno Morrison ha convocato una conferenza stampa, definendo l’immagine “offensiva” e “ripugnante”, chiedendo le scuse formali al governo cinese. La Cina ha respinto le richieste di scuse. Da allora la tensione tra i due Paesi è rimasta piuttosto alta, tra ritorsioni economiche e frecciatine incrociate.