Samir Geagea è l’attuale presidente delle Forze Libanesi, uno dei più importanti partiti della comunità cristiano-maronita. Protagonista molto discusso della guerra civile libanese, dal 1994 al 2005 risulta recluso per le responsabilità a lui attribuite di un attentato compiuto a Beirut nei primi anni ’90. Da sempre su posizioni anti siriane, nel corso degli anni mantiene un ruolo di primo piano nella vita politica del Libano.
Samir Geagea nasce il 25 ottobre 1952 da una famiglia cristiana in un quartiere di Beirut. Il padre lavora per l’esercito e, nonostante una posizione economica non agiata, riesce a far studiare il figlio al liceo prima e all’università poi. Samir infatti risulta iscritto nella facoltà di medicina presso l’Università Americana di Beirut. Ma quando ha 23 anni nel Paese scoppia la guerra civile. Un evento destinato a incidere profondamente nella vita di Samir Geagea.
Fino a prima dell’inizio del conflitto Samir Geagea non sembra essere molto coinvolto nel mondo politico. Tuttavia poco dopo il suo ingresso all’università risulta iscritto al Partito delle Falangi Libanesi, formazione cristiano-maronita guidata da Bachir Gemayel. In quel periodo tutti i principali partiti iniziano ad avere delle proprie fazioni armate. La tensione in Libano è molto alta e le varie comunità etnico-religiose decidono di prepararsi allo scontro.
La scintilla del conflitto scoppia nel 1975. A quel punto anche Samir Geagea viene risucchiato dagli eventi della storia. Da quel momento in poi l’impegno politico diventa prioritario nella sua vita, tanto da interrompere gli studi universitari. Lascia quindi la facoltà di medicina per aderire a pieno titolo sia alle Falangi Libanesi che alle milizie armate del partito. Prova a completare l’università iscrivendosi nel 1976 alla Saint Joseph, ma gli eventi della guerra anche in quel caso non gli consentono di arrivare alla laurea.
La guerra imperversa in Libano e soprattutto a Beirut. Per questo nel 1976 Bachir Gemayel decide di unire tutte le varie forze cristiane, anche al di fuori delle Falangi, e fondare il gruppo delle Forze Libanesi.
Samir Geagea aderisce alla nuova coalizione armata e ne diventa uno dei più importanti rappresentanti giovanili. Lo stesso Gemayel inizia a considerarlo tra gli elementi su cui puntare, soprattutto da un punto di vista militare.
Il leader delle Forze Libanesi mette per la prima volta alla prova Samir Geagea affidandogli una parte del commando destinato a prendere in consegna Tony Frangieh, a capo di una milizia interna denominata “Brigata Marada” in contrasto con le posizioni di Gemayel. Quest’ultimo ha infatti una linea anti siriana e considera il ruolo di Damasco come deleterio per l’indipendenza e l’integrità del Libano.
La milizia di Frangieh, al contrario, ha ottimi rapporti con il governo siriano. Anzi, il capostipite Suleiman Frangieh, presidente della Repubblica dal 1970 al 1976, intrattiene relazioni politiche molto strette con il presidente siriano Hafez Al Assad. Questo dà vita a un contrasto ben presto portato dal piano politico a quello militare.
Nella primavera del 1978 un membro delle Forze Libanesi viene assassinato nel nord del Paese, in una zona dove la Brigata Marada è molto radicata. Il sospetto di Gemayel è che dietro l’omicidio ci sia un ordine impartito da Tony Frangieh. Da qui la decisione di raggiungere quest’ultimo nella propria abitazione per arrestarlo. Il compito viene affidato il 13 giugno 1978 a due gruppi, uno dei quali comandato da Samir Geagea. I suoi uomini devono raggiungere la località di Ehden, dove si trova la villa dei Frangieh.
Qualcosa però va storto. Lo stesso Geagea viene ferito in un agguato prima di arrivare sul posto. La sua mano rimane parzialmente paralizzata e questo gli impedisce di completare il proprio tirocinio in medicina. Quello che accade dopo è uno degli episodi più cruenti della guerra civile libanese. A Ehden va in scena un cruento scontro armato, in cui rimangono uccise 40 persone. Tra queste lo stesso Tony Frangieh, assieme alla moglie e alla figlioletta di appena tre anni. Della sua famiglia si salva solo il figlio Soleiman. L’eccidio di Ehden rappresenta, tra le altre cose, uno degli episodi più controversi nella vita politica di Geagea. Ancora oggi è ignoto il suo ruolo nel massacro. In tanti però gli imputano quanto meno una certa responsabilità politica e morale.
Nel corso della sua militanza nelle Forze Libanesi, Samir Geagea mantiene sempre posizioni antistanti a quelle di Damasco. Nei primi anni ’80 Gemayel gli affida il comando delle fazioni armate del partito nel nord del Libano. Qui in più occasioni ingaggia battaglie dirette contro l’esercito siriano. Così come sono diversi gli scontri contro le fazioni armate dell’Olp e di altri gruppi palestinesi.
Nel 1982 Israele invade il sud del Libano per contrastare l’Olp. Lo Stato ebraico intrattiene buoni rapporti con le Forze Libanesi e la presenza dei soldati israeliani favorisce l’elezione a presidente della Repubblica di Gemayel. Quest’ultimo però viene ucciso pochi giorni prima dell’insediamento. A succedergli è il fratello Amin Gemayel, il quale ha posizioni più moderate nei confronti dei siriani.
Il comando delle Forze Libanesi viene preso da Elie Hobeika, con Samir Geagea che diventa uno dei più importanti leader militari.
Hobeika nel 1985 dà vita a una svolta importante. Sigla con Nabih Berri, leader del partito sciita Amal, e con Walid Jumblatt, leader druso, un patto tripartito per favorire la pacificazione. Ma non tutti all’interno delle Forze Libanesi sono d’accordo. Il forte sospetto è che questa nuova alleanza contribuisca a rafforzare il ruolo della Siria all’interno del Libano.
Il 15 gennaio 1986 i militanti vicini a Samir Geagea, divenuto a tutti gli effetti capo militare delle Forze Libanesi, ordiscono contro Hobeika. Quest’ultimo viene costretto, dopo un assedio del proprio quartier generale, a rassegnare le dimissioni. Gli stessi militanti proclamano quindi Samir Geagea quale nuovo leader delle Forze Libanesi. Tre anni più tardi, con gli accordi di Taif, viene sancita la fine della guerra civile.
Quale leader delle Forze Libanesi e quale importante rappresentante della comunità cristiano-maronita, a Geagea viene offerto nel 1990 un posto nel nuovo governo post bellico. La proposta viene tuttavia rifiutata. Geagea considera il nuovo esecutivo eccessivamente vicino alla Siria, le cui truppe peraltro rimangono presenti in Libano come forza stabilizzatrice in virtù degli accordi di Taif. I rapporti tra le Forze Libanesi e Damasco rimangono quindi tesi anche con la fine della guerra.
Nel 1992 Samir Geagea prova ad avere una maggiore legittimazione politica. Confermato alla guida delle Forze Libanesi, in quell’anno si candida anche alla guida del partito delle Falangi. In tal modo avrebbe il controllo dell’intera formazione, sia militare che partitica. Tuttavia Geagea perde il confronto con Saadeh. Quest’ultimo, deciso a non dare un orientamento anti siriano alle Falangi, espelle Geagea e tutti i suoi seguaci.
A questo punto l’ex leader militare fonda il partito delle Forze Libanesi e dà definitivamente addio alla coalizione nata nel 1976. Le formazioni delle Falangi e delle Forze Libanesi sono adesso due distinte entità partitche.
Nel 1990 viene propugnata un’amnistia per i crimini commessi durante la guerra. In tal modo nessun leader politico libanese che ha avuto ruoli nel conflitto rischia dei processi. C’è però un piccolo particolare: l’amnistia è data per le azioni commesse prima del 1990, non dopo. Nel 1994 una bomba esplode in una chiesa nella cittadina di Zouk, causando nove morti. Il governo punta il dito contro Samir Geagea, accusandolo di aver mantenuto in vita una milizia mascherata all’interno di un partito.
Si ordina quindi lo scioglimento delle Forze Libanesi mentre il 21 aprile del 1994 la magistratura spicca un mandato di arresto per Geagea. Quest’ultimo perde l’amnistia e viene condannato sia per l’attentato di quell’anno che per il ruolo avuto nel precedente conflitto. La detenzione è descritta come non rispettosa dei diritti umani dalle stesse Nazioni Unite. In particolare, Geagea viene imprigionato in un locale senza finestre dei sotterranei del ministero della Difesa. Ha diritto di vedere soltanto i familiari più stretti e le conversazioni vengono costantemente monitorate. Secondo i suoi sostenitori, la sentenza di condanna ha solo motivazioni politiche e fa di Geagea l’unico leader libanese a essere imprigionato per i fatti riconducibili alla guerra civile.
Il 14 febbraio 2005 muore in agguato l’ex premier Rafiq Hariri. L’omicidio dà vita a un’ondata di proteste a Beirut e in tutto il Libano. I manifestanti puntano i riflettori sul presunto ruolo della Siria nella morte dell’ex capo del governo. La piazza chiede la fine della presenza siriana nel Paese e questo spinge la politica libanese a dividersi di fatto in due grandi coalizioni: da un lato gli anti siriani e dall’altro i filo siriani. Del primo gruppo fanno parte i partiti sunniti vicini alla famiglia Hariri e le Falangi che, assieme ad altre formazioni minori, danno vita all’Alleanza del 14 marzo. La coalizione vince le elezioni e fa approvare il 18 luglio 2005 un disegno di legge di amnistia per Samir Geagea. Quest’ultimo, viste le sue posizioni anti siriane, viene quindi politicamente riabilitato e può ricostituire le Forze Libanesi.
Al momento del rilascio, avvenuto a fine luglio, le sue condizioni di salute appaiono precarie. È costretto a ricorrere alle cure in Francia, terminate soltanto dopo tre mesi. Il 25 ottobre 2005 Geagea torna in Libano per la prima volta da uomo libero dopo 11 anni.
La liberazione di Geagea coincide con un suo ritorno in politica. Il suo partito ottiene 8 seggi nelle elezioni del 2009 e 12 invece in quelle del 2018. Nel 2014 prova a essere eletto presidente della Repubblica con il sostegno dell’Alleanza del 14 marzo, ma è costretto poi a desistere.
Come capo delle Forze Libanesi, Geagea viene visto con sospetto dal partito sciita Hezbollah. Il 14 ottobre 2021 si verifica uno scontro armato nel centro di Beirut durante una manifestazione organizzata proprio da militanti sciiti. Il loro obiettivo è chiedere la destituzione di Tarek Bitar, il magistrato che indaga sull’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020. Le proteste degenerano in scontri a fuoco in cui muoiono almeno 7 persone. Hezbollah dà la colpa degli eventi a cecchini delle Forze Libanesi appostati negli edifici vicini. Geagea nega ogni coinvolgimento e accusa a sua volta gli sciiti di aver fomentato disordini.