Chi è Rishi Sunak, il primo ministro britannico

Rishi Sunak è il primo capo del governo britannico di origine indiana dopo aver conquistato la guida del Partito Conservatore il 24 ottobre 2022.

Quando nel settembre 2022 si è arrivati al termine della sfida per decretare il successore di Boris Johnson, uno dei due papabili per l’investitura è stato proprio il 42enne nativo di Southampton, discendente di una famiglia di cittadini britannici di etnia indiana e nata in Africa Orientale e non a caso tra i massimi promotori della strategia ambiziosa della Global Britain nel governo dell’uomo di cui è stato prima fedele alleato e poi uno degli “assassini” politici: Boris Johnson.

La vittoria è arrisa a Liz Truss, ex Ministro degli Esteri, ma Sunak si è posizionato come figura di vertice. E quando dopo soli quarantacinque giorni l’esecutivo è collassato, proprio Sunak ha vinto le primarie lampo per la successione

È vegetariano, astemio, molto riservato e nonostante abbia un profilo pubblico decisamente sobrio, negli ultimi mesi, è diventato uno dei politici più popolari del Regno Unito. Ha tanti soprannomi, tra cui il marajà dello Yorkshire o semplicemente “Rish”, come lo chiamano gli amici. Sunak, dal 13 febbraio 2020 al 5 luglio 2022 Cancelliere dello scacchiere del governo di Boris Johnson (termine che indica chi guida il ministero delle Finanze), è diventato uno dei volti più riconoscibili del Partito Conservatore britannico, soprattutto dopo la diffusione della pandemia.

Nei due anni della pandemia in tanti hanno elogiato la sua gestione della crisi economica generata dal Covid-19, riponendo in lui grande fiducia e intravedendo un possibile futuro candidato alla premiership, obiettivo a cui Sunak ha del resto dichiarato esplicitamente di ambire. Riuscendo poi a concretizzarlo nel modo più roccambolesco.

Rishi Sunak è nato a Southampton il 12 maggio del 1980. I suoi genitori, nati in Kenya e in Tanzania ma trasferiti nel Regno Unito negli anni Sessanta, hanno entrambi origini indiane. E nonostante Sunak stesso tenga particolarmente alla provenienza della sua famiglia, ha chiarito in più di una circostanza di sentirsi completamente britannico.

Nel Regno Unito, infatti, non è soltanto cresciuto, ma ha compiuto i suoi studi e soprattutto la sua carriera politica. Formatosi prima al prestigioso Winchester College (dove da studente ricoprì diversi ruoli di coordinamento), proseguì la sua istruzione a Oxford e poi a Stanford, coltivando una certa predilezione per i numeri. Che gli hanno sempre portato fortuna, in effetti: dopo la laurea, infatti, Sunak ha lavorato a lungo nel ramo finanziario, con un incarico alla Goldman Sachs, e in seguito in altri fondi speculativi.

All’università, in California,ha incontrato Akshata Murthy, divenuta sua moglie nel 2009 (da cui ha avuto due bambine), che è anche la figlia del sesto uomo più ricco d’India, la proprietaria di un’azienda di moda e capo di un fondo di investimenti. Della sua vita privata (che non ama raccontare ai giornali), gli inglesi non sanno molto e fino alla sua affermazione pubblica dello scorso febbraio non tutti erano a conoscenza della sua storia. Ma se c’è una cosa che tutti sanno è che è induista e che da ministro ha giurato sui testi sacri indù.

Da sempre conservatore, Sunak si è candidato per la prima volta nel 2015, nel collegio di Richmond, ed è stato eletto alla Camera dei Comuni. Nel gennaio del 2018, dopo essere stato rieletto parlamentare, è stato nominato sottosegretario parlamentare per il Governo locale. Ma la “scalata” è durata relativamente poco visto che, soltanto due anni dopo, gli è stato affidato il ministero dell’Economia (dopo che Johnson ha sostituito Sajid Javid).

Favorevole alla Brexit ma più orientato verso toni concilianti e di dialogo, Sunak è stato percepito all’inizio come un politico timido, un po’ inesperto, educato, ma molto competente. Ha mediato tra spirito tecnocratico, reminiscenze conservatrici e visioni politiche di prospettiva un’agenda che Johnson, al governo, ha scelto di affidargli, fondata su un superamento dell’austerità finanziaria a lungo perorata da David Cameron e Theresa May.

Ritenuto più coraggioso del previsto, il ministro delle Finanze, nelle prime fasi della pandemia, ha mantenuto un atteggiamento particolarmente “comprensivo” e sicuramente più empatico. E se all’inizio, le misure prese erano sembrate a tutti facilmente accessibili, nelle ultime settimane Sunak ha annunciato che cercherà di mantenere i conti dello Stato in ordine, nonostante la spesa pubblica sia aumentata proprio in seguito alla crisi provocata dal Covid-19.

A capo del dicastero economico, Sunak ci è arrivato in un momento storico unico, dovuto sia all’emergenza sanitaria, sia all’acuirsi della crisi economica. Dal suo insediamento, il ministro ha disposto misure straordinarie e aiuti a lavoratori e attività commerciali per tamponare una delle situazioni più gravi (e impreviste) degli ultimi decenni.

Il progetto di cui si è parlato di più si chiama “Eat Out to Help Out”, pensato per agevolare gli esercenti, che incentiva i cittadini a consumare pranzi e cene fuori casa. Il piano, che tradotto significa letteralmente “mangia fuori casa per essere d’aiuto”, consisteva in uno sconto del 50% su cibo o bevande analcoliche (fino a un massimo di 10 sterline di sconto per cena) per chiunque comprasse nei locali che decidevano di aderire all’iniziativa.

Successivamente, i proprietari di ristoranti, bar, pub o caffè che accettavano di partecipare al progetto avrebbero potuto richiedere un rimborso al governo per le offerte concesse. In Inghilterra, il progetto di Sunak è conosciuto anche con il nome ufficioso di “Rishi Dishes” e come riportato da Il Post,  il suo operato sarebbe stato elogiato (e sponsorizzato) anche dalla catena britannica di locali JD Wetherspoon.

In un discorso tenuto al congresso del suo partito, Sunak avrebbe detto di avere “il sacro dovere di mantenere i conti pubblici in ordine”. Una specie di missione. E se aveva annunciato di utilizzare “il potere dello Stato britannico” per aiutare “senza sosta” i disoccupati a trovare un impiego e le imprese, ha dovuto anche chiarire che spesa pubblica e debito dovranno necessariamente essere mantenuti sotto controllo nel medio termine, perché non si potranno prendere in prestito tutte le risorse necessarie a uscire dalla crisi. A fine 2020 molti analisti hanno iniziato a ipotizzare un innalzamento (necessario) delle tasse (già il piano d’aiuto al reddito dei lavoratori introdotto in primavere è stato sostituito con fondi più contenuti).

In risposta, il 12 ottobre 2020, in conferenza stampa con Johnson, Sunak ha presentato una nuova ricetta di aiuti (che dovrebbe restare in vigore sei mesi) alle aziende che saranno penalizzate dalle nuove restrizioni anti-covid e ha garantito che “il programma di sostegno al lavoro proteggerà i posti, indipendentemente dal fatto che l’attività rimanga aperta o sia costretta alla chiusura”. E ha aggiunto: “Se l’attività può aprire in sicurezza ma con una domanda ridotta o incerta, il governo sovvenzionerà direttamente i salari delle persone per riportarle al lavoro con orari più brevi, anziché licenziarli. Le imprese costrette a chiudere avranno due terzi dei salari coperti dal governo”.

L’ascesa pubblica e politica di Sunak, favorita in un certo dallo strano momento storico in cui si è trovato a lavorare, ha spinto l’opinione pubblica a intravedere in lui un nuovo leader.

Diametralmente opposto alla figura di Boris Johnson, con cui però condivide le idee politiche (anche se declinate spesso in soluzioni diverse), il ministro dell’Economia è parso tutto fuorché un anonimo funzionario del governo. Soprattutto all’inizio, per essersi distinto a favore di scelte votate a una forma di empatia (che quasi mai in Gran Bretagna viene associata ai conservatori britannici). E forse non è un caso che il 13 ottobre 2020, il New York Times abbia dedicato un articolo a questa fase della politica inglese, titolandolo: “While Boris Johnson Sinks, Rishi Sunak is on the Rise” (che significa “Mentre Boris Johnson affonda, Rishi Sunak sale”), sottolineando “l’educazione” e l’adeguatezza del ministro poco più che 40enne.

A fine 2021 l’inizio della crisi energetica ha messo Sunak in trincea, assieme al rincaro dell’inflazione per surriscaldamento dell’economia, portandolo a dover mediare tra la necessità di sostentare redditi e bilanci famigliari sempre più sotto stress e i cordoni di una borsa sempre più allentati. Nel 2022 il Regno Unito si è avvicinato alla recessione e ha visto i tassi di inflazione volare.

Sunak ha persuaso Johnson a promuovere una tassazione del 25%, capace di portare in dote 5 miliardi di sterline, sugli extraprofitti delle imprese energetiche per finanziare politiche di bilanciamento e equalizzazione sociale e manovre anti-inflazione di ampio respiro. A Tutto Mondo le ha ben analizzate: su iniziativa di Sunak “da ottobre 2022 infatti, le famiglie britanniche potranno godere di una sovvenzione che andrà a ridurre di 400 sterline il costo delle bollette energetiche. Inoltre, più di 8 milioni di famiglie a basso reddito che beneficiano del Credito Universale, del credito d’imposta e di quello pensionistico, riceveranno un sussidio di 650 sterline. I cittadini che invece beneficiano già dei sussidi di invalidità hanno ricevuto ulteriori 150 sterline nel mese di settembre. In vista della stagione invernale poi, le famiglie con almeno un componente in età pensionabile che ricevono il Winter Fuel Payment (ovvero il sussidio per il pagamento del combustibile per il riscaldamento invernale), beneficeranno di un extra di 300 sterline tra novembre e dicembre”.

 

In quest’ottica Sunak è cresciuto notevolmente in popolarità tra gli elettori, arrivando a un 26% di gradimento sull’intero complesso dell’elettorato britannico (contro il 21% di Liz Truss) e risultando inoltre il politico più gradito tra i giovani britannici.

Da più parti gli elettori del 2019 che hanno premiato il Partito Conservatore lo hanno indicato come il preferito per un’eventuale sostituzione di Boris Johnson fin dai primi mesi del 2022. Anche per questo, Sunak ha colto, a un certo punto, al balzo la palla della caduta di popolarità di un premier travolto da scandali di medio e piccolo cabotaggio, come il Partygate, che hanno rotto il vincolo fiduciario tra Downing Street e le istituzioni del Partito Conservatore. Il 5 luglio 2022, annunciando assieme a Javid le dimissioni dal governo, ha innescato la valanga che ha fatto cadere, pochi giorni dopo, l’esecutivo.

 

Sunak si è presentato ai nastri di partenza della corsa alla successione di Johnson, arrivando agevolmente alla sfida finale con il Ministro degli Esteri Liz Truss dopo la scrematura dei candidati legata al voto del gruppo parlamentare.

Lo sganciamento da Johnson di uno dei suoi delfini e fedelissimi gli ha però attratto addosso l’ira di parte dei sostenitori duri e puri del premier, che hanno indicato in Sunak, uomo con proposte di politiche molto simili a quelle di BoJo, un traditore mosso solo da fini personali.

Per questo, ad oggi, i sondaggi lo hanno dato fin dalle prime battute arrancante contro la Truss, thatcheriana ed anti-Brexit in passato spinta però dal compattamento dei johnsoniani a suo favore.

Per rimontare Sunak ha puntato sulla sua arma migliore: l’ostentata competenza nei temi fiscali, economici e gestionali che preoccupano molto la base elettorale conservatrice. Da cui ha provato a costruire la sua personale rimonta per poter diventare il primo premier di origine indiana della storia britannica.

L’esito della sfida, divenuto pubblico il 5 settembre 2022 ha visto la Truss prevalere con 81mila voti e il 57,4% delle preferenze tra gli iscritti; con 60mila voti e il 42,6% Sunak non è riuscito a vincere ma ha costruito una base di consenso notevole che gli potrà dare frutti negli anni a venire.

La scelta di non coinvolgerlo nel governo da parte della stessa Truss, in quest’ottica, ha potuto dare tempo al giovane ex Ministro dell’Economia il tempo di prepararsi a una nuova scalata ai vertici avvenuta a tempi di record. Travolta dal flop della sua manovra fiscale e con la speculazione finanziaria capace di mettere in ginocchio il Regno Unito, la Truss si è dimessa dopo soli quarantacinque giorni di mandato.

Sunak ha potuto partecipare alla nuova corsa per la leadership, a cui Johnson ha accarezzato per pochi giorni l’idea di partecipare. Le regole per la nuova sfida prevedevano che si sarebbe proceduto al ballottaggio tra tutti i Tory capaci di ottenere il consenso di più di 100 parlamentari. Ma Sunak è stato l’unico a sfondare, ampiamente, questa soglia.

Favorito dalla sua competenza fiscale e dalle credenziali in ascesa, è stato sostenuto in massa. Ha avuto il via libera di David Forst, esponente storicamente vicino a Johnson e tra gli architetti della Brexit. Questi ha dichiarato che i Tory devono guardare avanti: “Boris Johnson sarà sempre un eroe per aver realizzato la Brexit. Ma dobbiamo andare avanti. Non è giusto rischiare di ripetere il caos e la confusione dell’ultimo anno. Il partito conservatore deve sostenere un leader capace che possa realizzare un programma conservatore. Questo è Rishi Sunak”. L’ex Cancelliere dello Scacchiere ha incassato e acquisito fiducia. Ha ottenuto l’ok alla candidatura di Dominic Raab, ex vicepremier di BoJo. Ha incassato il sostegno di David Davis e Kemi Badenoch, rispettivamente ex sostenitore principale di Mordaunt e massima esponente della destra del partito. E così l’ascesa del primo premier britannico di origine indiana della storia si è definitivamente concretizzata.

Per Sunak un grande e caloroso augurio di buon lavoro è arrivato anche dall’ex premier David Cameron, che ha lasciato la politica dopo il referendum sulla Brexit. Su Twitter Cameron si è congratulato con Rishi Sunak – e anche con se stesso, sottolineando che nel 2012 disse che pensava che i Conservatori sarebbero stati il primo partito nel Regno Unito ad avere un primo ministro di origine indiana. Sunak, che con 730 milioni di sterline di patrimonio è il più ricco premier al momento dell’entrata in carica, è inoltre il primo premier entrato in carica nell’era di Carlo III, re nato nel 1948, un anno dopo la fine del dominio coloniale britannico in India, e che con la simbolica ascesa del primo indiano a Downing Street chiude il cerchio nella sua figura di primo monarca totalmente post-coloniale.

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