Chi è Nicolas Maduro

In una delle prime immagini pubbliche che lo ritraggono, indossa una giacca in acetato. La felpa ha i colori della bandiera venezuelana. Giallo, blu e rosso. Con il braccio teso, il pugno e gli occhi chiusi, saluta (e onora) l’effigie di Hugo Chávez. Che, nella vita, oltre a essere stato il presidente del Venezuela per più di un decennio e il suo predecessore, è stato, soprattutto, il suo mentore. Dall’inizio della sua carriera politica. Perché, probabilmente, senza di lui, la figura politica di Nicolás Maduro non sarebbe diventata così importante, e così ingombrante, sullo scenario internazionale.

Ha compiuto 56 anni a fine novembre e, da qualche giorno, lo scontro diretto con Juan Guaidó per la guida del Paese, lo ha riportato al centro del dibattito pubblico. Insieme alla crisi politica del Venezuela. Maduro è nato a Caracas, da madre colombiana e da padre venezuelano, di origini ebraiche sefardite. La militanza, nella sua vita, è arrivata molto presto, durante gli anni delle scuole superiori. La carriera politica, infatti, è iniziata negli anni Ottanta, nelle formazioni di estrema sinistra. La decisione di trasferirsi a Cuba per frequentare, per due anni, la scuola quadri del Partito Comunista la prende nel 1986.

In Venezuela, è tornato qualche anno dopo, quando ha iniziato a lavorare come autista dei mezzi pubblici, diventando un dirigente sindacale. Ex militante della Lega socialista, era impiegato come conducente della linea metropolitana della capitale ed è stato tra i fondatori della Sitrameca, il sindacato della linea per cui lavorava.

Chávez lo aveva conosciuto nel 1993, mentre il colonnello scontava una pena carceraria per aver guidato una rivolta militare. Qualche anno dopo, Maduro entrava a far parte del suo entourage, partecipando alla campagna elettorale del 1998, l’anno in cui il militare vinceva la prima competizione elettorale alle presidenziali. La consacrazione politica di Maduro si realizza in quel momento, quando diventa prima deputato e poi presidente del Parlamento.

È leale, forse più di tutti gli altri. Ed è probabilmente anche per questo motivo che Chávez decide di formarlo come il suo erede politico. Nel 2006, diventa il nuovo ministro degli Esteri. Poi, da 2012 a marzo 2013, è nominato vice presidente. Lo rimane fino alla morte del leader socialista e della sua nomina a capo della Repubblica Bolivariana.

Nel 1993, lo stesso anno dell’incontro con il leader socialista, Maduro incontra, per la prima volta, anche l’avvocato Cilia Flores, ex procuratore generale dello Stato. È anche la madre di suo figlio, Nicolás ed è diventata sua moglie nel 2013. Al suo nome, in parte, è legato lo scandalo che lo ha sfiorato nel 2015. L’antidroga statunitense, in quell’anno, arresta, all’aeroporto di Haiti, il figlio della sorella di Flores e un altro nipote della donna. I due giovani stanno trasportando, su un aereo Fokker, un carico di 800 chili di cocaina. Per l’accusa, la partita di droga appartiene a Cilia Flores e la sua vendita doveva servire a finanziare la sua campagna elettorale per l’elezione a deputato. I coniugi rigettano ogni accusa, imputando la colpa agli Stati Uniti, colpevoli di aver teso una trappola ai due giovani per danneggiare l’immagine e screditare la presidenza venezuelana. Ma quello non è né il primo né l’ultimo scontro (verbale) con gli Stati Uniti.

Ed è, infatti, proprio l’America il principale nemico ideologico di Maduro. Nonostante i due Paesi siano legati da importanti relazioni commerciali, visto che gli Stati Uniti acquistano 700mila barili di greggio al giorno (circa il 35% della produzione del Paese) e il Venezuela possiede una rete di distribuzione di benzina, la Citgo,  negli States, Maduro definisce la potenza mondiale come “l’impero capitalista”. E lo ha fatto anche in queste ore, commentando la crisi politica che attraversa il suo Paese. In America Latina, il Venezuela di Maduro, con l’avvento di Michel Temer prima e di Jair Bolsonaro poi, in Brasile, e la fine del potere di Cristina de Kirchner in Argentina, è sempre più isolato, politicamente.

L’unico a non aver chiesto la sua destituzione, in queste ore, è stato Amlo, il neo presidente (socialista) del Messico. Cuba è ancora l’alleato strategico nella regione: alla fine degli anni Novanta, Fidel Castro aveva appoggiato l’ascesa e il successo politico di Chávez che, tempo dopo, aveva ricambiato con un contratto bilaterale che prevedeva la consegna di 90mila barili di petrolio al giorno a prezzo calmierato. Anche il legame con la Russia si è stabilito negli anni del Chavismo, anche perché per Mosca, Caracas è stata, prima di tutto, un’alleata ideologica ed economica. Anche in quel caso, il patto prevedeva uno scambio di contratti per l’acquisto di armi russe e il commercio di petrolio. Quella con l’Iran è, invece, un’intesa semplicemente anti-americana. Interessante è il caso cinese: Pechino, negli anni, ha prestato a Caracas oltre 60 miliardi di dollari e, in cambio, sono stati firmati contratti che impegnano il Venezuela a restituire i prestiti con forniture di petrolio per i prossimi 15 anni.

Dal 2013, il Venezuela di Maduro ha attraversato una delle peggiori recessioni economiche della sua storia. Secondo quanto riportato da Repubblica, il prodotto interno lordo, sotto la presidenza Maduro, è crollato del -3,9% nel 2014, del -5,4% nel 2015 e del -13,7% nel 2016. La stima per il 2017 è pari al -13,7%. L’altra grande preoccupazione della presidenza Maduro è stata l’inflazione, che ha raggiunto il 424% nel 2016 e superato l’800% nei primi sei mesi del 2017. Come anche la disoccupazione, che è salita al 15,5% nel 2016.