Dopo essere stato per anni uno degli uomini più vicini a Benjamin Netanyahu, Nafatli Bennett ha definitivamente preso le distanze dal leader del Likud diventando il king maker delle elezioni di marzo 2021. Ex ministro della Difesa, per gli Affari della diaspora, dell’Economia e dell’Educazione, Bennett si è presentato alle ultime elezioni a capo di Yamina, partito di estrema-destra da lui stesso fondato nel 2019, ottenendo sette seggi. Durante la campagna elettorale non ha preso una posizione esplicita nei confronti di Netanyahu, finendo così con il diventare l’ago della bilancia nella formazione del nuovo governo e diventando il nuovo premier, di fatto chiudendo l’era-Bibi. Ecco la sua storia
Nato ad Haifa nel 1972 da genitori americani, Bennett ha passato i primi dieci anni della sua vita tra Israele, Stati Uniti e Canada prima che la famiglia decidesse di trasferirsi definitivamente ad Haifa. Sia la madre che il padre sono ebrei ortodossi moderni, come lo stesso leader di Yamina.
Bennett ha servito nell’esercito israeliano dal 1990 al 1996 e ha fatto parte della Sayeret Matkal, l’unità militare di forze speciali con compiti di ricognizione, operazioni antiterrorismo e raccolta di intelligence in territorio ostile. La Sayeret Matkal si occupa anche del recupero ostaggi fuori dai confini dello Stato ebraico. Di questa stessa unità fece parte anche il fratello di Benjamin Netanyahu, Yonatan. Durante i suoi anni nella Sayeret Matkal, Bennett ha raggiunto il grado di maggiore e ha continuato a servire come riservista, venendo così richiamato durante la guerra in Libano nel 2006 per far parte dell’unità Maglan, cui spettava il compito di svolgere missioni dietro le linee nemiche.
Dopo il 1999, Bennett ha ottenuto una laurea in Legge all’Università ebraica di Gerusalemme e si è trasferito a Manhattan dove ha fondato la compagnia di software anti-frode Cyota, successivamente venduta nel 2005 per 145 milioni di dollari. Grazie ai ricavi della vendita della sua start-up, Bennett ha fatto ritorno in Israele ed è entrato in politica.
Bennett ha iniziato la sua carriera politica al fianco di Benjamin Netanyahu: ha ricoperto per due anni – dal 2006 al 2008 – il ruolo di capo dello staff e si è occupato della campagna per le primarie del Likud del 2007.
Nel 2010, Bennett è stato poi nominato direttore generale dello Yesha Council, una lobby che si occupa di promuovere la costruzione di insediamenti in Cisgiordania, un tema molto caro all’attuale leader di Yamina. Bennett è rimasto nel Likud fino al 2012, quando decise di unirsi a Casa ebraica candidandosi alle primarie per la leadership del partito, in quel momento in forte crisi nei sondaggi. Sotto la sua guida, Casa ebraica riuscì ad ottenere 12 seggi alle elezioni legislative del 2012 e Bennett divenne ministro dell’Economia e degli Affari religiosi. Un mese dopo gli fu affidato anche il ministero per gli Affari della diaspora. Nel governo Netanyahu nato nel 2015, Bennett ottenne invece il ruolo di ministro dell’Istruzione, ma rinunciò alla carica quello stesso anno, tornando a sedersi tra i banchi della Knesset. L’ultimo incarico da lui ricoperto è stato quello di ministro della Difesa dal 2019 al 2020.
Entrato nuovamente in Parlamento nel 2018 con Casa ebraica, Bennett decise di lasciare il partito per fondare insieme ad altri parlamentari Nuova destra. L’esperimento fu fallimentare: alle elezioni del 2019 il partito non superò la soglia di sbarramento. Bennett però imparò subito la lezione e diede vita a Yamina, una coalizione con Casa ebraica e Tkuma che vinse sette seggi alle seguenti elezioni. La formazione ha avuto vita breve, ma il successo di Yamina è rimasto invece stabile: in vista delle urne del 2021, Tkuma – oggi Sionismo religioso – ha lasciato la coalizione, ma Bennett è comunque riuscito a vincere sette seggi.
A livello economico, Bennett è considerato un ultraliberale. A suo parere, il settore privato, vero motore dell’economia, deve essere il più libero possibile dal controllo del governo, mentre le disparità sociali posso essere risolte tramite maggiori investimenti nell’educazione. Da ministro dell’Economia ha poi cercato di diversificare il settore dell’export, aprendo il Paese verso i mercati di Africa, Asia e Sud America e riducendo così la dipendenza dall’Ue.
Hanno invece fatto discutere le sue affermazioni sui matrimoni dello stesso sesso, a cui Bennett si oppone in quanto aderente alla corrente ortodossa. Da ministro dell’Educazione ha invece vietato alle scuole di invitare in aula i membri di Breaking the silence o qualsiasi altro movimento critico nei confronti della presenza militare israeliana in Cisgiordania.
Bennett è anche ricordato per aver cercato di implementare delle politiche che portassero ad una maggiore integrazione degli ultra-ortodossi e delle donne arabo-israeliane nel settore dell’economia grazie a programmi di apprendimento specifici.
La posizione di Bennett nei confronti della questione palestinese è chiara: nessuno Stato palestinese indipendente e sovrano potrà mai vedere la luce. Grande sostenitore dalla costruzione di insediamenti nei Territori occupati, Bennett ha proposto di annettere a Israele l’area C della Cisgiordania offrendo ai palestinesi che vi risiedono la possibilità di ottenere la cittadinanza israeliana. Le aree A e B dovrebbero invece essere amministrate dall’Anp, con Idf e Shin Bet ad occuparsi della sicurezza. Il piano di Bennett prevede anche la costruzione di maggiori infrastrutture nell’area annessa e nelle restanti per garantire la crescita economica di tutto il territorio. Gaza dovrebbe invece passare sotto il controllo dell’Egitto.
Il leader di Yamina è quindi contrario alla soluzione dei due Stati e ritiene che non possa esserci alcuna soluzione alla questione palestinese. Secondo Bennett è anche scorretto parlare di occupazione israeliana della Cisgiordania dato che “non è mai esistito uno Stato palestinese”. In caso di formazione di un nuovo governo con lui quale primo ministro, Bennett si è tuttavia impegnato a non promuovere l’aumento degli insediamenti nella West Bank.