Il candidato alla presidenza turca che dopo il secondo posto al voto del 14 maggio al ballottaggio del 28 maggio è andato a un passo dal disarcionare, dopo vent’anni di potere, Recep Tayyip Erdogan è un economista 74enne di stretta fede democratica, Kemal Kilicdaroglu, dal 2010 leader del Partito Repubblicano del Popolo (Chp).
Alla testa della formazione che incarna l’eredità laica di Mustafa Kemal Ataturk e rappresenta il perno della coalizione di sei partiti con cui l’opposizione attacca il Sultano. Kilicdaroglu è arrivato alla sfida politica più importante della sua carriera dopo vent’anni passati da combattivo deputato dell’opposizione.
Nato nel 1948 nell’Est del Paese, a Nazımiye nella provincia di Tunceli, figlio di una coppia di funzionari pubblici e quarto di sette figli, Kilicdaroglu è stato per buona parte della sua vita e della sua carriera un funzionario dello Stato apprezzato dai colleghi e dai decisori turchi.
Laureatosi in Economia a Ankara, in quella che oggi è l’Università Gazi, nel 1971 fresco di titolo è entrato come funzionario praticante al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ai tempi la Turchia viveva di un sistema economico rudimentale, con un industrializzazione ridotta e vaste sacche di miseria e cleptocrazia.
E proprio nel ruolo di consulente per i conti pubblici del Ministero Kilicdaroglu fin dall’inizio della sua carriera si interessò ai problemi delle ruberie dei fondi pubblici. Ha seguito corsi di specializzazione in Francia sul tema e per dodici anni, dal 1971 al 1983, ha fatto carriera come funzionario retto e tra i promotori delle lotte anti-corruzione nel Paese.
“In una stanza piena di documenti, Kilicdaroglu sa identificare quelli falsi da quelli veri”, ha ricordato una fonte del Chp a Deutsche Welle. Nel 1983 queste qualità gli valsero la nomina a vicedirettore del Dipartimento del Fisco del Ministero dell’Economia e delle Finanze turco, l’equivalente dell’Agenzia delle Entrate italiana.
Il primo politico di peso a interessarsi a Kilicdaroglu fu Turgut Ozal, premier dal 1983 al 1989 e autore di riforme che da un lato aprirono ai venti della globalizzazione finanziaria il Paese e dall’altro colpirono duramente i centri di corruzione e il potere del sottofunzionariato locale. Kilicadroglu fu uno degli interpreti di questa stagione, e proseguì nel suo ruolo fino al 1991, quando gli fu affidata la direzione dell’Ssk, l’equivalente turco dell’Inps. Nel 1994 è stato nominato “Funzionario dell’Anno” del governo turco.
Finita la sua esperienza da funzionario nel 1999, Kilicdaroglu fu “attenzionato” da diverse formazioni politiche. I kemalisti del Chp, eredi della tradizione che fa riferimento a Mustafa Kemal Ataturk, dopo un’ondata di scandali di corruzione politica si rivolsero proprio al “cacciatore” di tangenti più noto della Turchia per una consulenza. Kilicdaroglu fu colpito dall’accoglienza ricevuta dalle sue proposte di controllo incrociato tra amministratori e funzionari del partito a livello locale e decise di fare del suo Chp la sua casa, dopo 54 anni in cui non aveva mai avuto una tessera in tasca.
Tre anni prima, il Partito della Sinistra Democratica aveva “corteggiato” Kilicdaroglu senza formalizzare la sua candidatura alle elezioni politiche. Il funzionario appena ritiratosi dal servizio però non corse in quell’occasione. Nel 2002, anno dell’ascesa politica di Erdogan, arrivò anche il momento per una candidatura al parlamento di Ankara per l’economista kemalista.
Nelle elezioni solo due partiti superarono la soglia di sbarramento del 10%. Il Chp, con il 19,39%, arrivò secondo dietro al Partito della Giustizia e dello Sviluppo di Erdogan (Akp) che alla sua prima prova politica conquistò il 34,28% dei seggi. All’Akp andarono due terzi dei 550 seggi, al Chp il restante 33%.
Il Chp, rimasto fuori dal Parlamento dopo anni di protagonismo nel 1999, risorse raddoppiando i consensi sotto la leadership di Deniz Baykal e pose le premesse per un ritorno attivo nella politica nazionale. Dopo anni di torpore, la formazione associata in passato alla custodia dell’eredità laico-nazionalista di Ataturk avviò la transizione che l’avrebbe resa un partito socialdemocratico, pluralista, aperto ai legami con l’Occidente e in grado di superare asimmetrie come l’iper-nazionalismo che aveva portato al duro contrasto ai curdi negli anni precedenti. E tra i protagonisti di tale svolta ci sarebbe stato anche Kilicdaroglu, eletto parlamentare per la prima volta e da lì in avanti riconfermato altre cinque volte fino alle ultime elezioni del 2018.
La prova della presa di Kilicdaroglu sul partito in cui era entrato da ex funzionario si ebbe nel 2009. Quell’anno, Kilicdaroglu fu candidato del Chp per la poltrona di sindaco di Istanbul, la principale città della Turchia, oltre che roccaforte di Erdogan. Perse contro il sindaco uscente Kadir Topbas, rieletto con il 44,7% dei voti al primo turno, ma col 37% portò i keamlisti al miglior risultato da decenni nella capitale storica dell’Impero ottomano.
Fu l’inizio della lunga marcia del Chp verso l’elettorato borghese e urbano, trascurato per anni mentre le classi lavoratrici diventavano il “granaio” elettorale di Erdogan. Nel frattempo in Parlamento Kilicdaroglu proseguì senza sosta il suo lavoro anti-corruzione svelando peraltro il coinvolgimento di due deputati della formazione islamica e conservatrice di Erdogan, , Şaban Dişli e Dengir Mir Mehmet Fırat, in un giro di tangenti che li portò alle dimissioni dall’emiciclo di Ankara.
Queste premesse furono il presupposto per l’elezione di Kilicdaroglu alla guida dei kemalisti nel 2010, quando il Congresso del Chp lo incoronò a stragrande maggioranza dopo che 77 degli 81 delegati provinciali lo avevano dichiarato loro candidato ideale per succedere a Baykal, dimessosi per uno scandalo di un video a luci rosse che lo vedeva coinvolto. Kilicdaroglu ottenne dunque il ruolo che detiene tuttora, e a cui nel 2012 avrebbe aggiunto quello di vicepresidente dell’Internazionale Socialista in nome di un Chp spostatosi definitivamente dal campo laico-nazionalista a quello socialdemocratico.
Essendo il Chp stabilizzatosi come seconda forza della Turchia a ogni elezione politica e presidenziale, Kilicdaroglu dal 2010 ricopre il ruolo istituzionalmente riconosciuto di leader dell’opposizione, fatto che gli ha garantito una grande visibilità interna e lo ha reso il rivale numero uno di Erdogan.
Il Chp è arrivato al 25% nelle elezioni politiche del 2011 e il sostegno di Kilicdaroglu ai protestanti anti-Erdogan di Gezi Park nel 2013 ha aperto la strada a una stabilizzazione della dialettica maggioranza-opposizione. Fece scalpore la posizione di Kilicdaroglu in vista delle presidenziali 2014, quando dopo l’esplosione di un maxi-scandalo di corruzione nel Paese non ebbe remore a schierarsi con l’ultradestra del Partito del Movimento Nazionalista, i cosiddetti “lupi grigi”, per sostenere Ekmeleddin İhsanoğlu, sconfitto da Erdogan che passò dalla carica di primo ministro a quella di presidente ma capace di raccogliere il 38%.
Migliori i risultati nelle prime elezioni politiche del 2015, quando il patto di desistenza tra il Chp e i curdi dell’Hdp portò questi ultimi oltre la soglia del 10% e permise all’opposizione di togliere dopo dodici anni la maggioranza assoluta all’Akp. Vincitore però nella riedizione del voto a novembre e poi consolidatosi al potere per la repressione politica post-golpe del luglio 2016.
Kilicdaroglu offrì a Erdogan appoggio e supporto contro i golpisti. Ma non si accorse che da lì sarebbe accelerata la torsione autoritaria del potere di Ankara. A cui per un paio d’anni è mancato il contrappeso delle campagne di denuncia del Chp, ormai “cane da guardia” del sistema.
Solo nel 2019 si è ripreso il sentiero di marcia che ha consentito al Chp guidato da Kilicdaroglu, sceso nelle politiche del 2018 al 22% dei voti, di riprendere quota. Nel 2019 un nuovo accordo strategico siglato coi curdi ha garantito al partito la vittoria alle amministrative di Istanbul e Ankara. E proiettato Kilicdaroglu come nemico numero uno di Erdogan.
“Kilicdaroglu è l’antitesi di Erdogan”, ha detto al New York Times Asli Aydintasbas, studioso della Turchia presso la Brookings Institution. “Mentre l’aggressione politica e la durezza dei toni sono la cifra distintiva di Erdogan, Kilicdaroglui è un gentiluomo dalla voce pacata. Politicamente, non è solo un democratico, ma promette di essere un unificatore”. Aydintasbas commentava per il quotidiano della Grande Mela la scelta del Chp, del Partito del Bene Comune (Iyi) e di quattro formazioni minori di scegliere l’economista e ex boiardo di Stato come candidato alla presidenza dell’Alleanza per la Nazione, la coalizione anti-Erdogan a cui la sinistra e i curdi hanno dato appoggio esterno.
La scelta dell’opposizione è caduta sulla “forza tranquilla” di un inflessibile rivale di Erdogan capace di presentarsi come portatore delle istanze che a detta dell’opposizione servono al Paese. Erdogan ha fatto campagna elettorale puntando sul nazionalismo islamista, sulla centralità della Turchia tra Europa, Nato, Usa, Russia e Cina, sulla politica estera.
L’opposizione ha provato a colpire Erdogan in contropiede attaccando un’agenda economica ritenuta disastrosa, fondata su una gestione scriteriata di tassi e cambio e capace di portare in dote alla Turchia un’inflazione all’85%, la crisi industriale e l’impoverimento delle periferie. L’obiettivo di Kilicdaroglu e dei suoi è quello di scardinare le roccaforti di Erdogan. Per il Chp e il suo leader una mossa ritenuta sufficiente a consolidare la democrazia garantendo la prima alternanza al potere in una Repubblica diventata presidenziale nel 2017 a vent’anni dall’ascesa di Erdogan. L’occasione si è posta come una delle più propizie mai presentatesi per fermare Erdogan. E Kilicdaroglu ha mirato a coronare, a 74 anni compiuti a dicembre 2022, la sua corsa verso il trono politico più alto del Paese disarcionando colui che da tempo lo tratta come un feudo privato.
Al voto del 14 maggio 2023, Kilicdaroglu è arrivato al primo turno al secondo posto tallonando Erdogan. Il presidente uscente è andato vicino alla vittoria al primo turno. Kilicdaroglu è riuscito a qualificarsi per il ballottaggio che si terrà il 28 maggio.
Col 49,41% delle preferenze Erdogan ha ottenuto 26,8 milioni di voti contro i 24,4 voti dell’economista 74enne suo sfidante. Kilicdaroglu ha preso il 44,96%, mentre al terzo posto con poco più del 5% si è classificato l’ultranazionalista Sinan Ogan. Ago della bilancia per decidere l’esito della volata politica più importante della storia recente della Turchia.
Ogan ha sostenuto, al ballottaggio, Erdogan: al voto politico del 28 maggio Kilicdaroglu è stato dunque sconfitto di stretta misura. Ha raccolto poco meno del 48% dei consensi, un dato senza precedenti per un avversario di Erdogan. Ma un risultato non sufficiente per fermare il Sultano, rieletto con oltre il 52% delle preferenze.