Kamala Harris candidata (La Presse)

Chi è Kamala Harris

Joe Biden, dopo alcuni mesi impiegati nelle valutazioni, ha scelto il candidato alla vicepresidenza per la Casa Bianca: Kamala Harris l’ha spuntata su Susan Rice e su Elizabeth Warren. La decisione era nell’aria ma l’esponente degli asinelli ed ex numero due dell’amministrazione guidata da Barack Obama ha impiegato molto tempo per sciogliere la riserva sul nominativo.

Il dato più eclatante, dal punto di vista politico, è rappresentato dal taglio operato nei confronti dell’emisfero radicale dei Dem: la sinistra di Bernie Sanders è sempre più minoritaria, mentre la corrente Obama-Clinton, con la Harris, conferma di essere preminente tra i progressisti. Kamala Harris si era a sua volta candidata alla primarie dei Democratici per la presidenziali di novembre. Ad un certo punto della corsa, la Harris si è ritirata anche per via della mancanza di fondi a disposizione. Harris è una moderata che guarda a sinistra. Il Partito Repubblicano, con Trump in testa, ha già iniziato ad attaccare la candidata vice presidente per via della natura radicale delle sue idee, ma l’ex procuratrice è molto meno estremista della senatrice Warren, che è stata in lizza sino a qualche giorno fa per la medesima posizione elettorale. Joe Biden, insomma, ha preferito evitare di rischiare, scoprendosi un po’ alla sua sinistra ma blindando il voto delle minoranze.

Kamala Harris è figlia di un indo-americano e di una giamaicana. Un elemento – questo delle origini familiari – che potrà favorire il voto di quelle minoranze che negli States continuano ad avanzare nelle statistiche. Con ogni probabilità, tra qualche anno smetteremo di sentir parlare di “minoranze” in relazione alle persone di colore o agli ispanici che risiedono in terra americana. La demografia, che è una scienza difficilmente smentibile, tende a favorire i Democratici da qui ai prossimi anni. Se non altro perché il voto degli afroamericani e degli ispanici continua ad orientarsi verso gli asinelli.E il Partito Repubblicano, in prospettiva, rischia di dover affrontare un problema piuttosto irrisolvibile. Nessuna personalità di colore, prima di Kamala Harris, è mai stata candidata per la vicepresidenza degli Stati Uniti. La Harris è nata ad Oakland, in California, uno Stato dove i Democratici non avranno problemi a riconfermarsi. La scelta di Biden non è dunque il frutto di un ragionamento territoriale. Il candidato non ha selezionato una persona proveniente da uno Stato in bilico, uno dei cosiddetti “Swing State”. Ma la candidatura della Harris rimane importante simbolicamente per larghe fasce elettorali. Quelle che potranno anche identificarsi con la sua storia personale.

Kamala Harris, prima di entrare in politica, si è dedicata alla carriera nel mondo della giustizia. Dopo studi in giurisprudenza nelle principali facoltà giuridiche di San Francisco, la Harris è divenuta una procuratrice ed un avvocato. Forse l’incarico più importante è stato quello di procuratrice generale della California. Negli Usa, com’è noto, questo genere di cariche è elettivo. La politica, seppure in via indiretta, le era già interessata. La discesa in campo nell’agone pubblico è avvenuta nel 2016. Vale la pena sottolineare come la Harris, in fin dei conti, non abbia mai svolto competizioni se non all’interno della sua stessa formazione politica. Il suo collegio elettorale, infatti, è uno di quelli considerati non contendibili dagli elefantini, che non schierano neppure un candidato di bandiera. Dal punto di vista ideologico, la Harris è una progressista pura. Quando si è candidata alle primarie democratiche valevoli per il 2020, molti commentatori l’hanno associata ad una via di mezzo tra il moderatismo di Biden ed il radicalismo di Bernie Sanders. Di sicuro aperturista in materia di gestione di fenomeni migratori e “nuovi diritti”, la Harris non è una statalista in economia. E questo forse è il motivo per cui è stata preferita alla Warren, che avrebbe potuto fornire un assist a Trump sulla narrativa anti-socialista. Kamala Harris, in realtà, ha una linea politica simile a quella di Michelle Obama. Ma si distanzia sufficientemente da Alexandria Ocasio Cortez per non poter essere definita una estremista.

La contaminazione dei programmi elettorali di Biden e della Harris produrrà la piattaforma programmatica dei Dem per le elezioni del 2020. Le due visioni del mondo, a ben guardare, non sono molto differenti. Essere obamiani significa per esempio contrastare la diffusione delle armi: un punto su cui Biden e la Harris vanno particolarmente d’accordo. Il legalismo giustizialista è una delle cifre stilistiche della Harris, ma anche i diritti civili hanno avuto uno spazio ampio nel corso della parte di primarie in cui ha fatto parte degli aspiranti alla presidenza. La Harris è partito molto bene ma è stata costretta a farsi da parte prima ancora che si votasse in Iowa ed in New Hampshire. Non abbiamo alcuna percezione di come l’elettorato Dem possa accogliere il suo nome come vicepresidente in vista della Casa Bianca. In un certo senso, l’elettorato della Harris è sovrapponibile a quello di Biden. Gli equilibri in campo non dovrebbero essere modificati. Barack Obama, nel frattempo, ha espresso il suo gradimento. L’ennesimo segno che dimostra come l’obamismo non sia affatto scomparso dagli Stati Uniti.

I Democratici occidentali sono entusiasti per la Harris. Anche in Italia sono state rilasciate dichiarazioni che plaudono alla possibile vice di Biden. E la Harris? All’ex procuratrice la notizia è stata comunicata da una chiamata in video dallo stesso candidato degli asinelli alla Casa Bianca. Subito dopo, la progressista ha detto che “Joe Biden può unire gli americani, perché ha trascorso la sua vita a lottare per noi. E come presidente realizzerà un’America all’altezza dei nostri ideali”. La Harris ha dunque posto l’accento sulle battaglie che Biden ha combattuto nel corso dei suoi mandati. Per la working class, ad esempio, Biden è un nome che può significare molto. Diritti civili, diritti dei lavoratori, riforma della Sanità in senso pubblico: queste dovrebbero essere le tre chiavi propagandistiche portate avanti dalla Harris nei mesi che ci separano da novembre.

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