Si autoproclama indipendente, ma è considerato vicinissimo al movimento islamico tunisino Ennahda: è Habib Jomli, 60 anni, il primo ministro incaricato dal presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied, di formare il nuovo governo del paese africano più vicino alle coste dell’Italia. Classe 1959, sposato con quattro figli e originario Kairouan, città situata nel cuore della Tunisia e sede della più antica moschea del Maghreb, Jomli è l’uomo di fiducia del più importante partito musulmano della Tunisia nonché il terzo ex sottosegretario dell’Agricoltura a diventare primo ministro dopo Habib Essid e Youssef Chahed. Con la sua nomina, le tre maggiori cariche politiche della nazione – rispettivamente la presidenza della Repubblica, del governo e del Parlamento – sono in mano a tre esponenti politici con idee considerate “conservatrici” sui diritti civili, almeno secondo gli standard occidentali. Dopo la morte di Beji Caid Essebsi, faro dell’anima laica tunisina dopo la caduta del regime di Zine el Abdine Ben Ali, la transizione democratica della Tunisia sembra propendere verso una direzione decisamente islamista. La direzione di Ennahda ha affermato in una dichiarazione che Jomli è una figura “indipendente, integra e competente in campo economico, finanziario e agricolo”. Tuttavia, la scelta del movimento musulmano ha subito suscitato polemiche.
Specializzato in sviluppo agricolo e gestione d’impresa Jomli vanta già diverse esperienze nella gestione degli affari pubblici, seppur a livelli minori. Nel 1998 dirige il nuovo dipartimento per il controllo della qualità all’interno del ministero dell’Agricoltura. Lascia il servizio pubblico nel 2001 per unirsi al gruppo privato “La rose Blanche” e diviene direttore degli studi e dello sviluppo di “MediGrains”, la seconda azienda nazionale specializzata nella fornitura e distribuzione di foraggio in Tunisia. Nel 2004 diventa vicedirettore generale aggiunto di CMA, appartenente allo stesso gruppo agroalimentare, carica che ricoprirà fino al 2011. Dopo la rivoluzione che ha deposto il regime di Ben Ali, ricopre il ruolo di sottosegretario all’Agricoltura tra il 2011 e il 2014 sotto i governi di Hamadi Jebali e di Ali Laarayedh. Erano gli anni instabili della cosiddetta “troika”, quando il paese guidato dal triumvirato Ennahda-Ettakol-Congresso della repubblica rischiò di sprofondare nel caos e nella guerra civile. In quegli anni vennero uccisi Chokri Belaid, leader del partito di sinistra al Watan, freddato il 6 febbraio 2013 davanti alla sua abitazione nel quartiere di El Menzah, a Tunisi, e Mohamed Brahmi, altro esponente della sinistra tunisina, assassinato nel 25 luglio del 2013. I mandanti degli omicidi restano ignoti, ma la magistratura sta indagando sul presunto coinvolgimento del servizio segreto “parallelo” di Ennahda.
La decisione del Consiglio della Shura di Ennahda di proporre Jomli come capo dell’esecutivo ha colto molti di sorpresa. I nomi che circolavano sulla stampa tunisina erano di ben altro spessore: dall’economista Marouane Abassi, al governatore della Banca centrale Fadhel Abdelkefi, fino all’ex ministro dello Sviluppo economico Mongi Marzouk. La scelta del partito musulmano di optare per un uomo di comprovata fiducia, ma dal curriculum tutto sommato modesto (secondo il sito “Business news” non sarebbe laureato e avrebbe conseguito solo diplomi sull’allevamento di cammelli e di scarso interesse accademico), ha spiazzato datori di lavoro e sindacati, che avrebbero voluto una personalità in grado di gestire con maggiore dimestichezza i dossier economici considerati prioritari per il paese. L’esperienza di Jomli nel settore agricolo potrebbe essere un buon segnale per il settore primario, soprattutto per rafforzare la produzione di olio d’oliva e compensare il deficit di grano. Ma Jomli dovrà anche convincere Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e Unione europea a erogare i crediti fondamentali per evitare il crack finanziario. Tra le maggiori sfide del nuovo governo, l’economia rappresenta senza dubbio l’ostacolo più arudio, senza dimenticare la dimensione securitaria e il rischio attentanti che rimane alto soprattutto in questa fase di assestamento.
Secondo il sito web “Jeune Afrique”, Jomli avrebbe supervisionato lo smantellamento della rete dei ranger forestali quando lavorava al ministero dell’Agricoltura, lasciando campo aperto ai gruppi jihadisti nelle aree montuose del nord-ovest. L’accusa arriva dall’ex deputata di Ennahda Fattouma Attia, dimessasi in polemica con la gestione del partito da parte di Rachid Ghannouci, lo “sceicco” di Ennahda nel frattempo divenuto presidente dell’Assemblea dei presentanti del popolo (il parlamento monocamerale tunisino). L’ex parlamentare ha pubblicamente imputato a Jomli di essere coinvolto in un caso di presunta corruzione e nepotismo in relazione a un progetto di allevamento ittico a Zarzis, affidato al fratello del nuovo premier. La Attia ha poi corretto il tiro e smorzato i toni, ma il caso scalfisce comunque l’immagine di tecnico “superpartes” staccato dai partiti con cui si è presentato lo stesso Jomli. Del resto la scelta di quest’ultimo di rilasciare un’intervista all’emittente satellitare Al Jazeera, canale finanziato dal Qatar, paese capofila dei Fratelli musulmani e che ha sempre sostenuto il movimento Ennahda, appena 24 ore dopo aver ricevuto l’incarico di formare il governo da presidente Saied parla chiaro. Per quanto Jomli si professi indipendente da tutti i partiti politici, incluso Ennahda, è chiaro che il suo spazio di manovra è limitato e comunque legato alle scelte del partito islamico.