Chi è Fernando Haddad, l’erede di Lula che sfida Bolsonaro

Oggi il Brasile va al voto per eleggere il nuovo presidente dopo aver vissuto gli anni più duri del trentennio democratico seguito alla fine dell’ultimo regime militare. Al tracollo dell’economia e all’aumento esponenziale della violenza si sono aggiunte le inchieste giudiziarie che hanno scosso il mondo politico. Dilma Rousseff, rieletta al ballottaggio nel 2014, è stata travolta assieme al suo Partito dei Lavoratori dall’onda lunga dell’inchiesta Lava Jato, la controversa Tangentopoli verdeoro, e destituita dal parlamento di Brasilia per questioni non direttamente attinenti ad essa; l’ex presidente Lula, invece, è stato condannato a una lunga pena detentiva dopo una sentenza che Noam Chomsky sul quotidiano statunitense The Intercept ha definito basata su “delazioni pagate (…9 e del tutto sproporzionata rispetto al crimine imputato” contro Lula, “un prigioniero isolato in una cella e con le visite limitate a una volta alla settimana”.

Il Partito dei Lavoratori (Pt), artefice del miracolo brasiliano e dell’avvio di vittoriose campagne contro la povertà e l’analfabetismo, è stato per lunghi mesi focalizzato sulla possibilità di opporre Lula all’ascesa dell’ultraconservatore di destra Jair Bolsonaro, che puntando sulla triade sicurezza-riforma fiscale-conservatorismo sociale ha sfondato nei consensi tra la sempre più importante base elettorale evangelica. Dopo che ciò, per questioni giudiziarie, non è stato possibile, la formazione ha individuato nell’ex ministro dell’Educazione ed ex Sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, l’uomo capace di sfidare elettoralmente Bolsonaro. E la scelta sembra esser stata positiva: alla vigilia del voto, infatti, Haddad appare l’unico candidato capace di insidiare al ballottaggio Bolsonaro, pur venendo accreditato di un distacco non indifferente nel voto per il primo turno (21% contro 32%). Un risultato notevole, se si pensa che la candidatura di Haddad è stata ufficializzata dal Pt solo l’11 settembre scorso.

Nato nel 1963 da una famiglia di origine libanese che gli ha trasmesso l’appartenenza alla Chiesa Ortodossa, Haddad ha una formazione di matrice essenzialmente economica.

Come segnala LaPresse“Il Pt usa lo slogan ‘Haddad è Lula’. Ma il primo ha un profilo da intellettuale ben diverso da quello dell’ex operaio sindacalista. […] Di diverso dal suo ‘mentore’, Haddad ha anche l’indole: è spesso soprannominato ‘Lula tranquillone’, per i suoi modi pacifici e sorridenti opposti a quelli dell’impetuoso 72enne”. Haddad è stato analista degli investimenti per la banca brasiliana Unibanco e ha ricoperto docenze di scienze politiche all’università di San Paolo.

Nella metropoli paulista Haddad ha preso la tessera della formazione egemone della sinistra verdeoro nel 1983 e ha avviato la sua carriera istituzionale: “Nel 2001 è stato nominato sottosegretario alle Finanze e allo Sviluppo economico della grande città brasiliana, incarico che ha ricoperto per due anni. Nel 2003 è stato chiamato a lavorare a Brasilia come consulente speciale del ministero della Pianificazione e delle finanze. Poi nel luglio 2005 è poi stato incaricato come ministro dell’Educazione nel governo di Lula, restandovi sino al 2012 nel governo della presidente Dilma Rousseff. Ha lasciato per candidarsi a sindaco della sua città natale, la capitale economica della nazione”.

Dopo aver vinto al ballottaggio la corsa alla carica di primo cittadino, Haddad non ha decisamente brillato come amministratore, complice il fatto che la parte finale del suo mandato è coincisa con l’insorgenza dei grandi scandali della politica nazionale. Tra i suoi maggiori risultati si ricordano interventi per la riduzione del traffico cittadino e l’estensione delle linee di piste ciclabili, ma non misure decisive per combattere povertà e sottosviluppo. In questo contesto, la disfatta della campagna elettorale per la rielezione nel 2016, risoltasi nella sconfitta al primo turno contro il socialdemocratico  Joao Doria, ha consentito ad Haddad di rientrare nell’agone nazionale nel momento più decisivo.

In una lunga intervista a Jacobinrivista egemone della sinistra statunitense, Haddad ha dichiarato di considerare la possibile ascesa di Bolsonaro al potere una minaccia per la democrazia brasiliana e individuato nella decisione di imporre politiche di austerità contro la crisi economica la prima causa della scollatura tra il Pt di Dilma e il Paese. Ricordando la capacità di Lula di imporre politiche espansive nel pieno della crisi finanziaria del 2008 e la crescita del 7,5% registrata dal Brasile nel 2010, Haddad ha di fatto indicato la stella polare della sua azione di governo: un rollback dei tagli alla spesa sociale e delle privatizzazioni della presidenza Temer da sovrapporre a una massiccia iniezione di liquidità nella claudicante economia brasiliana.

Un ritorno al lulismo delle origini, dunque, che in un Paese polarizzato come il Brasile appare una vera e propria dichiarazione di guerra alla destra, che aizzando gli spiriti forcaioli contro il Pt ha preparato il terreno all’ascesa di Bolsonaro. Una garanzia per compattare l’elettorato di sinistra in vista del primo turno, un rischio in vista di un possibile ballottaggio, dato che il limite principale di Haddad è sempre stato legato alla sua difficoltà di presentarsi come erede legittimo di Lula tanto sul piano comunicativo quanto su quello concreto.

E questo potrebbe esser un problema per Haddad in un contesto in cuiil risultato del secondo turno delle elezioni presidenziali brasiliane sarà in gran parte determinato dalla scelta che gli elettori faranno per evitare di avere uno dei due esponenti come presidente. Considerando questa prospettiva, è probabile che gli elettori si rifiuteranno di votare Haddad come volto dello status quo e opteranno per la promessa di un cambiamento radicale sotto Bolsonaro”, come dichiarato a Business Insider da Edwin Gutierrez, responsabile dell’area emerging markets sovereign debt della società di risparmio gestito Aberdeen Standard Investments.

Ad Haddad il compito di sfatare questa profezia per lui negativa. Dimostrando che il figlio degli immigrati libanesi che compete nella più importante elezione della storia del Brasile è all’altezza del compito che il Pt gli richiede: restituire fiducia al Brasile e renderlo nuovamente un Paese di progresso e sviluppo.

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