Fayez Al Sarraj è il presidente del consiglio presidenziale libico, carica grazie alla quale assume anche l’incarico di primo ministro e dunque leader del governo provvisorio stanziatosi a Tripoli nel marzo del 2016, a seguito degli accordi di Skhirat.
Al Sarraj ed il suo governo risultano impegnati nella battaglia per il controllo della capitale, iniziata il 4 aprile 2019 a seguito dell’offensiva del generale Khalifa Haftar e terminata l’anno successivo con la sconfitta di quest’ultimo. A partire dai primi mesi del 2022, Al Sarraj termina il suo mandato lasciando il timone ad Abdul Hamid Ddeibah.
Fayez Al Sarraj nasce a Tripoli nel 1960 da una famiglia benestante della capitale libica. Anzi, si può dire che il suo ramo familiare risulta tra i più importanti ed in vista dell’intera città, visto che molti antenati sono proprietari terrieri. Ma non solo: il padre del futuro premier libico negli anni successivi all’indipendenza del Paese nel 1952 ha diversi incarichi governativi, essendo molto vicino all’allora Sovrano Re Idris.
Grazie allo status della propria famiglia, Fayez Al Sarraj può permettersi gli studi universitari ed intraprende sul finire degli anni Settanta la carriera da studente della facoltà di architettura.
Laureatosi nel 1982, inizia quindi il proprio lavoro in alcuni importanti studi di Tripoli ma anche come consulente di alcuni importanti ministeri. Al Sarraj negli anni Novanta risulta membro anche di diverse commissioni incaricate di redigere progetti per le tante opere pubbliche messe poi in cantiere durante l’era di Muammar Gheddafi.
Nel corso della sua carriera di architetto, Fayez Al Sarraj risulta inoltre fondatore della Tripoli’s Engineering Consulting Office.
Fino al 2011, anno della caduta del rais, i rapporti di Al Sarraj con la politica sono soltanto relativi a consulenze di natura tecnica con i ministeri e con alcuni uomini dell’apparato governativo. L’ingresso nell’agone politico del futuro premier è successivo alla fine dell’era di Gheddafi, quando il suo nome inizia a circolare, grazie anche alla buona reputazione familiare, tra i vari gruppi che compongono a Tripoli il Consiglio Nazionale di Transizione.
Ma il vero approdo in politica si ha nel 2014, quando risulta eletto come indipendente in uno dei collegi di Tripoli nelle elezioni che si svolgono in quell’anno.
Al Sarraj prende quindi possesso di uno dei seggi del parlamento che, impossibilitato ad insediarsi in una Bengasi occupata dalle milizie islamiste, si riunisce nella città orientale di Tobruck.
Nell’ottobre del 2015 il nome di Fayez Al Sarraj viene indicato a sorpresa tra i papabili per assumere la guida di un nuovo governo libico, capace di porre termine alle fratture tra la parte occidentale ed orientale del paese. Il primo ad indicare Al Sarraj è l’allora inviato speciale dell’Onu in Libia, Bernardino Leon.
Nel mese di dicembre, con la firma degli accordi di Skhirat, viene ratificata la nascita di un consiglio presidenziale composto da nove membri con a capo proprio Fayez Al Sarraj. Quest’ultimo assume anche le funzioni di capo di Stato ed ha l’incarico di formare entro 30 giorni un nuovo governo. Nel frattempo il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconosce all’unanimità Al Sarraj quale unico capo di Stato libico.
L’esecutivo varato da Al Sarraj nel gennaio 2016 non ottiene però la fiducia da parte del parlamento di Tobruck, stessa sorte tocca ad un secondo esecutivo presentato nel marzo del 2016. Pur tuttavia, Al Sarraj il 30 marzo si insedia ufficialmente quale nuovo premier libico anche se non riconosciuto dalla Cirenaica. Inizialmente i suoi uffici, per motivi di sicurezza, sono situati all’interno di una base navale nei pressi di Tripoli.
Uno dei primi atti del governo di Fayez Al Sarraj, è quello di richiedere l’aiuto internazionale per allontanare l’Isis da Sirte. Nella città natale di Gheddafi infatti, i miliziani jihadisti riescono a creare un piccolo califfato sulla falsariga di quello in quel momento stanziato tra la Siria e l’Iraq.
Nell’agosto del 2016, una coalizione guidata dagli Usa bombarda Sirte e le aree della Libia occupate dallo Stato islamico proprio a seguito della richiesta dell’esecutivo di Al Sarraj. L’Italia costruisce a Misurata un ospedale da campo e stanzia 300 soldati nell’ambito della missione “Ippocrate”.
Proprio da Misurata partono le più importanti milizie che, supportate dall’aviazione statunitense, riescono per conto del governo di Al Sarraj ad allontanare l’Isis da Sirte. In questa occasione però, ben si intuisce come il premier libico non disponga di proprie forze e deve ricorrere a quelle di una miriade di milizie, in maggioranza misuratine, per il controllo del territorio.
Contemporaneamente nell’est della Libia si assiste all’avanzata del generale Khalifa Haftar, il quale conquista buona parte della Cirenaica con il suo Libyan National Army impegnato nella cosiddetta “operazione Dignità”.
La contrapposizione tra un Al Sarraj incapace di avere proprie forze e di controllare realmente il territorio ed un Haftar che, al contrario, riunifica l’est della Libia e caccia gli islamisti dalle più importanti città, è uno degli elementi che maggiormente caratterizza il mandato di Al Sarraj.
Nonostante tre vertici nell’ultimo anno, tra Parigi, Palermo ed Abu Dhabi, dove in tutte le occasioni si ha una stretta di mano tra Haftar ed Al Sarraj, la guerra in Libia assume intensità sempre più importanti ed il dualismo sopra richiamato non accenna a ridimensionarsi.
Due sono le principali accuse rivolte a Fayez Al Sarraj sia all’interno della Libia che all’estero: da un lato l’incapacità di controllare lo stesso territorio della capitale, costringendo il suo governo ad utilizzare svariati gruppi di miliziani in tutta la Tripolitania, dall’altro presunti legami con i Fratelli musulmani.
Entrambe le accuse vengono spesso citate da Haftar per giustificare le recenti operazioni volte alla conquista di Tripoli. Al Sarraj del canto suo, smentisce di essere organico alla fratellanza musulmana ma, al tempo stesso, il suo governo appare principalmente appoggiato nella regione da Turchia e Qatar, ossia i principali finanziatori dell’organizzazione politica panislamica.
Mentre su pressione dell’attuale inviato Onu in Libia, Ghassan Salamé, ed a seguito degli sforzi diplomatici di Nazioni Unite ed alcuni paesi, tra cui l’Italia, si assiste ad un avvicinamento tra Al Sarraj ed Haftar, il 4 aprile scorso avviene l’attacco del Libyan National Army in Tripolitania.
Il vertice di Palermo del novembre 2018 e gli accordi di Abu Dhabi del marzo 2019 sembrano far virare la Libia verso un nuovo governo unitario, con Al Sarraj quale leader politico ed Haftar invece capo militare. Il tutto in attesa di andare a nuove elezioni entro l’anno.
L’inizio della battaglia in Tripolitania cambia le carte in tavola: tra Al Sarraj ed Haftar cala il gelo, entrambi si accusano a vicenda circa le responsabilità della degenerazione della situazione a Tripoli e la soluzione politica è sempre più lontana.
Dal 4 aprile scorso la guerra attorno la capitale libica assume un’intensità sempre più forte e lascia sul campo sempre più vittime, anche purtroppo tra i civili. Al Sarraj, assieme al suo governo, viene supportato da un’eterogenea coalizione di milizie contrapposte al Libyan National Army di Haftar. Dal novembre 2019, entra in campo un nuovo importante attore internazionale a suo sostegno: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan.
L’appoggio di Ankara incide sulla battaglia. Il presidente turco invia in Libia armi, mezzi e soprattutto mercenari prelevati dalla Siria e addestrati dai suoi servizi segreti. Ankara e Tripoli sottoscrivono un memorandum d’intesa che riguarda anche i confini delle nuove Zee. Circostanza quest’ultima osteggiata da Egitto e Grecia, timorose di vedersi sottratte aree considerate di propria pertinenza. Ad ogni modo, dopo l’ingresso indiretto della Turchia nel conflitto le forze fedeli ad Al Sarraj respingono Haftar. Nel giugno del 2020, il generale è costretto a richiamare i propri soldati in Cirenaica. La battaglia di Tripoli termina con la difesa del potere da parte del primo ministro e del suo governo.
Sul finire del 2021, Al Sarraj annuncia le proprie dimissioni. La notizia per la verità è nell’aria da tempo. Voci da Tripoli parlano di un Fayez Al Sarraj più volte a Londra per stare con la famiglia, inviata lì per ragioni di sicurezza. C’è chi parla anche di problemi di salute che lo costringono a stare lontano dal suo lavoro per diverse settimane.
La vera e accertata ragione delle sue dimissioni riguarda però l’apertura di una nuova fase politica in Libia. Terminata la battaglia per la capitale, si aprono spiragli per un accordo tra il Consiglio di Stato di Tripoli e il parlamento di Tobruck al fine di dare vita a un nuovo governo di unità nazionale. Sotto l’egida delle Nazioni Unite, viene creato un Foro di dialogo comprendente esponenti politici e della società civile libica che ha l’incarico di stabilire un programma per arrivare a nuove elezioni.
L’accordo sancito prevede nuove consultazioni il 24 dicembre 2022, settantesimo anniversario dell’indipendenza libica. Per traghettare il Paese al voto, si decide inoltre di creare un nuovo consiglio di presidenza e un nuovo governo. Il Foro di dialogo riunito in Svizzera, sceglie Al Menfi come nuovo numero uno del consiglio, mentre Abdul Hamid Ddeibah è incaricato di formare l’esecutivo. Nel marzo 2022, quest’ultimo si insedia a Tripoli e prende ufficialmente il posto di Al Sarraj. Da quel momento in poi, dell’oramai ex premier si sa ben poco: per lui, si prospetta un definitivo ritiro dalla scena pubblica e politica. Probabile risieda adesso a Londra.