Evo Morales Bolivia

Chi è Evo Morales

Evo Morales è il presidente della Bolivia attualmente in carica ed il principale candidato del fronte progressista, con il partito Movimento al Socialismo (Mas), alle imminenti consultazioni presidenziali del 20 ottobre. Il leader boliviano è uno dei più illustri rappresentanti della sinistra latinoamericana ed è Capo di Stato dal 2006. Da allora Sucre ha progressivamente allentato i legami con gli Stati Uniti, partner storico degli esecutivi boliviani e si è allineata sempre di più al Venezuela di Hugo Chavez, senza però scadere negli eccessi e negli abusi dei diritti umani compiuti a Caracas. Giunto al terzo mandato consecutivo, Morales intende governare anche per un quarto mandato e cementificare ulteriormente il controllo sul Paese. Lo sfiderà Carlos Mesa, ex presidente tra il 2003 ed il 2005 e principale candidato dell’opposizione politica.

Evo Morales nacque il 26 ottobre del 1959 ad Isallavi, un villaggio minerario nella regione occidentale di Oruro. Di etnia Aymara, un ceppo indios che rappresenta la maggioranza della popolazione del Paese ma è spesso stato discriminato dagli esecutivi boliviani, Morales si occupò, da bambino, dell’allevamento di lama. Completata l’istruzione superiore  si trasferì, nel 1977, nella regione orientale di Chapare per espletare il servizio militare. Nel 1979 raggiunse i genitori a Cochabamba : qui la famiglia si dedicò alla coltivazione di vari prodotti tra cui c’era anche la coca, prodotto tipico in questa area del mondo e nello stesso anno Morales si iscrisse al sindacato dei coltivatori di coca (conosciuti con il nome di cocaleros).

Morales riuscì, in poco tempo, a fare carriera e già nel 1982 divenne Segretario Generale della sezione regionale del sindacato. Nel 1983 organizzò con successo un movimento di resistenza, insieme ad altri coltivatori locali, per opporsi al tentativo americano di eradicare le piantagioni di coca dalla regione. Nel 1989, poco dopo aver commemorato la strage di Vila Tunari in cui almeno 12 cocaleros erano stati uccisi dalle forze armate, venne picchiato selvaggiamente da agenti governativi. L’attività professionale provocò altri problemi a Morales, che venne arrestato e torturato nel 1994 e nuovamente arrestato nel 1995 con l’accusa, poi caduta, di aver pianificato un colpo di stato. Lo stesso anno il futuro presidente fondò un movimento politico progressista, l’Assembly for the Sovereignty of People’s (Asp).

L’attivismo politico di Morales diede ben presto i suoi frutti e già nel 1997 riuscì a farsi eleggere, grazie ad una coalizione di partiti progressisti, al Parlamento nazionale. Divenne poi, in poco tempo, una figura di spicco del Movimento al Socialismo (Mas), uno schieramento che supportava le posizioni dei cocaleros. Nel 2002 si candidò alle elezioni presidenziali con il Mas e si piazzò, con circa il 20 per cento dei voti, al secondo posto dietro il ticket conservatore, guidato da Gonzalo Sanchez de Lozada e con vicepresidente Carlos Mesa,  del Movimento Nazionale Rivoluzionario (Mnr). Gli Stati Uniti non videro di buon occhio la candidatura e l’ambasciatore Manuel Rochas minacciò che, in caso di vittoria di Morales, Washington avrebbe potuto tagliare una parte dei propri aiuti economici alla Bolivia. Il ballottaggio, come previsto dalla legge elettorale, venne determinato da un voto del Parlamento che portò de Lozada e Mesa alla vittoria.

La presidenza di Gustavo Sanchez de Lozada ebbe, però, vita breve. Il Capo di Stato venne accusato di voler svendere le risorse naturali del Paese (il gas) e nell’occhio del ciclone finirono anche i suoi piani di eradicazione della coca e le violente soppressioni degli scioperi. Una coalizione di gruppi indigeni e di settori di lavoratori bloccò il Paese e costrinse il presidente alle dimissioni nell’ottobre del 2003. Le proteste, però, non si fermarono. I leader politici indios, tra cui lo stesso Morales, chiedevano la nazionalizzazione delle risorse naturali ed una maggiore partecipazione dei gruppi etnici indigeni alla vita politica nazionale. Il forte clima di tensione ed i blocchi stradali nel Paese costrinsero anche Mesa, che era succeduto a De Lozada, alle dimissioni nel giugno del 2005. Lo stesso anno si tennero nuove consultazioni presidenziali vinte, questa volta, da Evo Morales al primo turno con il 54 per cento dei voti. L’ex cocalero si apprestava così a divenire il primo presidente indio della storia politica del Paese. Una vera e propria rivoluzione.

Morales ed il Movimento al Socialismo hanno continuato a dominare la scena politica boliviana dal 2006 ad oggi ed il Capo di Stato ha vinto le consultazioni presidenziali del 2009 e del 2014. Molti sono i fattori che hanno determinato questo sviluppo. In primis la base di supporto di Morales è costituita in buona parte dagli indios boliviani, in primis dagli Aymara, storicamente marginalizzati dagli esecutivi di Sucre e tenuti, pur costituendo la maggioranza della popolazione, ai margini della vita politica nazionale. Questo gruppo è particolarmente determinato nel voler conservare, dopo tante ingiustizie subite, le redini del potere.

Le politiche economiche e sociali portate avanti dall’esecutivo, inoltre, hanno portato benefici diffusi in uno dei Paesi più poveri dell’America Latina. Sono state costruite scuole ed infrastrutture, il tasso di povertà è stato ridotto, l’economia si è sviluppata ed è stata effettuata una redistribuzione dei terreni. Nel 2006 le risorse di gas del Paese sono state nazionalizzate e Morales ha realizzato così uno dei suoi obiettivi politici. Ad aiutare Morales sono state anche le divisioni di un’opposizione frammentata e probabilmente spaventata ed incapace di reagire dopo tante sconfitte alle consultazioni. La vicinanza politica alla sinistra latinoamericana e l’allontanamento da Washington hanno, infine, contribuito a far sviluppare buone relazioni tra Sucre e molte altre nazioni del regione.

Negli ultimi anni, però, la carriera di Evo Morales ha subito alcune battute d’arresto. Nel 2016 la popolazione boliviana ha votato, in un referendum, contro la possibilità, per il Capo di Stato, di candidarsi per un quarto mandato. La Corte Suprema ha, in seguito, annullato l’esito della consultazione e permesso a Morales di partecipare alle elezioni del 2019. C’è il timore che la Bolivia possa, in maniera più lenta ed impercettibile, scivolare verso un autoritarismo di stampo socialista e che il presidente potrebbe non accettare un’eventuale sconfitta. Carlos Mesa potrebbe cosi riuscire ad infliggere una severa sconfitta alla sinistra latinoamericana ed a privarla di uno dei suoi beniamini. Morales si giocherà il suo futuro politico e anche se parte, secondo i sondaggi, da favorito non è detto che non possano verificarsi sorprese.

 

 

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