Ebrahim Raisi è il tredicesimo presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, eletto nelle elezioni del 18 giugno 2021. Si tratta di uno dei personaggi più vicini all’ala conservatrice della teocrazia iraniana, nonché uno degli uomini più vicini alla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei. Attualmente svolge il ruolo di leader del sistema giudiziario iraniano.
Raisi nasce il 14 dicembre 1960 non lontano da Mashaad, una delle città Sante degli sciiti e uno dei centri principali dell’Iran. La sua famiglia risulta una delle più importanti della regione di Mashaad a livello clericale: suo padre, scomparso prematuramente quando Ebrahim Raisi ha solo 5 anni, è uno dei religiosi più ascoltati della zona.
Per questo la sua formazione è di carattere prettamente religioso. Raisi, in particolare, è iscritto al seminario di Qom all’età di 15 anni. Non c’è tuttavia chiarezza sul percorso educativo attraversato dal giovane. Lo si sottolinea ad esempio in un rapporto di Alex Vatanka, direttore del programma Iran all’interno del Middle East Institute di Washington. Secondo tale documento, risulta ad oggi impossibile conoscere la reale qualifica religiosa di Ebrahim Raisi. Alcuni anni fa sul sito personale si poteva leggere l’appellativo di Ayatollah, ma gli stessi media iraniani hanno in seguito smentito.
Raisi probabilmente non ha conseguito titoli particolari, ma ha comunque accresciuto negli anni la propria formazione. Tanto da essere distinto come Hujjat al-Islam, ossia come un dignitario e un depositario della fede islamica.
La formazione religiosa di Raisi influisce ovviamente anche sulla propria ideologia. Per questo nel 1979 è tra i sostenitori della rivoluzione islamica guidata dall’Ayatollah Khomeini contro Reza Pahlavi. Anche sul periodo iniziale della sua adesione alla neonata Repubblica Islamica si sa comunque poco.
Di certo, Ebrahim Raisi emerge quale uno dei più giovani rappresentanti della giustizia del nuovo corso iraniano. Lo dimostra il fatto che nel 1981 viene nominato procuratore di Karaj. È l’inizio di una rapida scalata all’interno della giustizia iraniana, elemento destinato a caratterizzare buona parte del suo operato pubblico.
La sua carriera in magistratura è contrassegnata anche da un periodo piuttosto controverso. È l’estate del 1988, un momento in cui la sanguinosa guerra contro l’Iraq, iniziata nel 1980, volge al termine. Il Paese è allo sbando e la rivoluzione teme importanti contraccolpi. L’Iran è sulla soglia dell’instabilità anche per la guerriglia terroristica operata dal Mek, gruppo contrario alla Repubblica Islamica.
Per questo viene deciso un ferreo giro di vite: vengono lanciate operazioni e blitz contro il Mek, azioni però spesso allargate anche ad oppositori esterni ed interni non coinvolti nelle attività terroristiche. Un periodo duro di cui ancora oggi anche in Iran si sa poco, ma che potrebbe essere costato migliaia di vite.
Uno dei primi a parlare di quanto accaduto nel 1988 è negli anni successivi Hussein-Ali Montazeri, uno dei fondatori della Repubblica Islamica e tra i papabili successori di Khomeini. Dissidi con la Guida Suprema però lo costringono a un certo punto all’emarginazione politica. Le sue accuse sono molto gravi: Montezeri punta il dito contro un piano di morte volto ad uccidere migliaia di oppositori, con il benestare delle principali autorità iraniane. Ad attuare la repressione sarebbero quattro tra i magistrati e i rappresentanti della giustizia più vicini all’Ayatollah. Tra questi spunta anche il nome di Ebrahim Raisi. Dal canto suo non ci sono mai stati commenti in merito, ma semplicemente perché la questione in Iran è stata spesso non trattata o accantonata.
Negli anni ’90 prosegue la scalata di Raisi tra i ranghi della giustizia iraniana. In particolare, dal 1989 al 1994 risulta essere procuratore di Teheran, nei successivi dieci anni è invece a capo dell’Ufficio Ispettivo Generale.
All’interno della giustizia iraniana è considerato tra i magistrati più vicini ai conservatori, lui stesso è tra i rappresentanti del Partito Islamico Repubblicano, una delle formazioni più affini alla gerarchia religiosa. Nel 2004 avviene un altro passo in avanti nella sua carriera: viene infatti nominato vice capo della giustizia iraniana, incarico mantenuto fino al 2014, quando è stato scelto poi come nuovo procuratore generale dell’Iran.
Nel 2016 lascia questo ruolo per prendere possesso della presidenza della fondazione Astan Quds Razavi, la più importante del Paese visto che gestisce il patrimonio delle donazioni fatte dai fedeli al sepolcro dell’Imam Reza. Si calcola che il suo bilancio vale circa 15 miliardi di Dollari, per statuto le attività devono riguardare soprattutto la beneficenza e l’aiuto ai più poveri.
Nel 2019 però viene chiamato a un nuovo incarico nella magistratura: l’Ayatollah Khamenei lo nomina infatti capo della giustizia dell’Iran.
Prima di questa nomina però avviene un altro passaggio importante nelle attività di Raisi: nel 2017 si candida quale principale esponente del mondo conservatore nelle elezioni presidenziali. L’avversario è l’uscente Hassan Rohani, con il quale concorre in un ballottaggio: alla fine a spuntarla è proprio Rohani, mentre Raisi non riesce ad andare oltre il 38% dei voti nonostante l’appoggio conservatore e di quello del clero.
Durante la campagna elettorale è protagonista di uno spot curioso: in un video infatti, sottolinea come spesso a casa manchi la moglie in quanto impegnata nella sua attività di docente universitaria, circostanza di cui lui va fiero per via dell’importanza del ruolo della donna anche al di fuori delle mura domestiche. Una posizione inaspettata, soprattutto per un esponente conservatore, espressa probabilmente per catturare anche i voti dei riformisti più moderati.
Fallita la corsa nel 2017, Raisi ci riprova nel 2021. In queste consultazioni l’Iran è chiamato a scegliere un nuovo presidente vista la fine del mandato di Rohani. Con il 62% dei consensi, questa volta Raisi centra l’obiettivo battendo il principale sfidante, Abdolnaser Hemmati. Dopo 8 anni, un esponente conservatore torna alla presidenza. Raisi è il tredicesimo capo dello Stato da quando in Iran è in vigore la Repubblica Islamica.