Chi è David Barnea, il nuovo direttore del Mossad

Si chiama David Barnea e, da alcuni giorni, è diventato uno degli uomini più potenti del pianeta. Classe 1965 ed una formazione militare a cinque stelle alle spalle, Barnea ha assunto la direzione del Mossad nella giornata del primo giugno, succedendo al carismatico e capace Yossi Cohen, che lascia l’incarico dopo cinque anni e mezzo per una possibile carriera politica.

Barnea si troverà ad operare in un’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa) crescentemente libera dall’influenza iraniana, legata a doppio filo con Israele dagli accordi di Abramo, ma esposta all’ascesa preponderante di quell’incognita rispondente al nome di Turchia, e avrà l’onere-onore di preservare e, possibilmente, espandere il legato ereditato da Cohen.

David “Dedi” Barnea nasce ad Ascalona il 29 marzo 1965. Figlio di un ebreo tedesco fuggito dalla Germania nazista, Joseph Brunner (poi diventato Barnea), il nuovo direttore del Mossad cresce nella città costiera di Rishon LeTzion e segue il percorso carrieristico del padre, che, una volta in Israele, aveva servito nell’esercito.

Dopo aver frequentato e superato la scuola militare di Tel Aviv, nel 1983 viene coscritto nelle forze armate israeliane. Il servizio militare viene svolto presso l’Unità di ricognizione dello Stato maggiore (Sayeret Matkal). Terminato con successo il periodo di leva, Barnea si trasferisce negli Stati Uniti per ragioni di studio. Dopo aver conseguito una laurea di primo livello all’Istituto di tecnologia di New York, si iscrive alla Pace University, una prestigiosa università privata con sede nella Grande Mela, presso la quale ottiene un master.

Raggiunto lo scopo alla base del soggiorno statunitense, Barnea fa ritorno in Israele, dove, prima di essere stregato dal Mossad, lavora per un certo periodo come responsabile per gli affari di una banca d’investimento.

Barnea, scrive Haaretz in una lunga biografia, entra a far parte del Mossad “circa trent’anni or sono”, ovvero a cavallo tra la fine degli Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Dopo un breve e obbligato periodo dietro alla scrivania in qualità di ufficiale dei casi, Dedi viene reclutato dai cacciatori di teste della Tzomet, la divisione del Mossad che si occupa di selezionare i migliori tra i migliori, ovvero di avvicinare, individuare ed assumere tutti quei potenziali talenti che potrebbero risultare estremamente utili alla missione dell’agenzia.

È all’interno della Tzomet che Barnea trascorrerà la stragrande maggioranza del tempo vissuto nel Mossad, salvo un breve paragrafo di vicedirezione al Keshet, la sezione specializzata nel monitoraggio degli agenti infiltrati. Nel 2018, poi, la svolta: Dedi viene nominato vicedirettore del Mossad, divenendone il numero due, subito dopo Cohen.

Come e perché Barnea abbia scalato i vertici di uno dei servizi segreti più potenti del pianeta è stato spiegato ai microfoni di Haaretz, e di altri giornali israeliani, da membri del Mossad che hanno parlato sotto anominato. A lui si deve, spiegano le fonti senza volto, il reclutamento di agenti in ogni parte del mondo da utilizzare per combattere Iran ed Hezbollah, ma anche il periodico mutamento nei e dei modi operandi dell’agenzia. Dedi ha fatto carriera anche perché, lungi dall’essere un inamovibile conservatore, si è mostrato “aperto ai cambiamenti professionali, organizzativi e strutturali” ogniqualvolta richiesto e necessario, consentendo all’agenzia di adattarsi ai mutamenti dei tempi e delle minacce.

Descritto come un “continuatore”, del resto proviene da un percorso carrieristico molto simile a quello del predecessore, Dedi è ritenuto uno dei principali artefici dei successi conseguiti dal Mossad durante l’era Cohen. Oggi che la sua esistenza non è più coperta dall’anonimato, e che il suo personaggio abbisogna di essere presentato al grande pubblico, Barnea può reclamare i suoi meriti più importanti, tra i quali risultano e risaltano il coinvolgimento nella pianificazione degli assassinii di Mohsen Fakhrizadeh, Abu Muhammad al-Masri e Qassem Soleimani, nel furto di segreti dall’archivio nucleare iraniano, nei sabotaggi delle infrastrutture strategiche dell’Iran e negli attacchi alla filiera di trasporto bellico del cosiddetto Asse della resistenza.

Descritto da coloro che lo conoscono come una persona riservata, è possibile che Barnea ponga fine al paragrafo sui generis del Mossad alla ricerca di visibilità inaugurato da Cohen. Un ritorno ai modi operandi che hanno storicamente caratterizzato il servizio segreto più segreto del mondo, dunque, ma anche una continuazione dell’agenda Cohen per quanto concerne la battaglia multifronte e multiforme ad Hamas, Hezbollah, Iran e minacce minori – come Al Qaeda, Stato Islamico ed altre organizzazioni terroristiche.

Battaglie fisiche a parte, Barnea dovrà concentrare la propria attenzione e le proprie risorse su fascicoli non meno importanti per la sicurezza nazionale israeliana, come la stabilizzazione e la messa in sicurezza dello schema di alleanze scaturito dagli accordi di Abramo, la ricerca di una posizione sostenibile nel quadro dello scontro egemonico tra Stati Uniti e Cina e, ultimo ma non meno importante, il miglioramento del dialogo con l’amministrazione Biden, di gran lunga più vicina alle posizioni iraniane e palestinesi rispetto alla presidenza Trump.

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