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Chi è Carlos Mesa

La sinistra latinoamericana ha un nuovo nemico che potrebbe infliggerle, almeno stando a quanto riferiscono i sondaggi, una pesante sconfitta. Si tratta di Carlos Mesa, ex capo di Stato della Bolivia tra il 2003 ed il 2005 ed ora candidato alle presidenziali del 20 ottobre, dove potrebbe sconfiggere Evo Morales, uno dei rappresentanti più illustri del progressismo latinoamericano e giunto ormai al terzo mandato consecutivo. I sondaggi elettorali vedono Morales in testa ma il divario su Mesa non è incolmabile e qualora il presidente uscente non ottenga il 50 per cento, come pare probabile o non superi il 40 per cento distanziando il rivale di almeno 10 punti, altrettanto possibile, ci sarà il ballottaggio. Qui le opposizioni potrebbero convergere su un unico candidato e fare il colpaccio.

Carlos Mesa nacque il 12 agosto del 1953 nella città di La Paz, in Bolivia. Iniziò a studiare, nel 1959, al Collegio di Sant’Ignazio per poi trasferirsi a Madrid dove si diplomo’ nel 1970. Nello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Scienze Politiche, nella capitale spagnola per poi fare ritorno a La Paz nel 1974. In Bolivia si iscrisse alla Facoltà di Letteratura e si laureò nel 1978.

Mesa aveva fondato, nel 1976 ed insieme ad altri soci, la Cinemateca Boliviana di cui fu direttore fino al 1985 e con cui realizzò svariati documentari storici. Persegui’ con successo anche la carriera giornalistica, in ambito televisivo, radiofonico e scritto. Dopo aver condotto, nell prima metà degli anni ottanta, alcuni programmi televisivi divenne, nella seconda metà della decade, direttore di America Television e di Telesistema Boliviano. Nel 1990 fondò, con altri colleghi, una società di produzione di programmi televisivi denominata PAT e divenuta, nel 1998, rete televisiva di cui Mesa fu direttore.

La carriera politica di Carlo Mesa ebbe inizio nel 2002 quando Gonzalo Sanchez de Lozada, uno degli uomini più ricchi del Paese e candidato alla presidenza per il Movimento Nazionale Rivoluzionario di centro destra, lo scelse come suo vice. Il ticket presidenziale si impose con il 23 per cento contro il 20 per cento dei rivali progressisti, capeggiati da Evo Morales. Il ballottaggio, come previsto dalla legge elettorale boliviana di allora, venne deciso dal Parlamento che premio’ De Lozada e Mesa. La presidenza fu, però, piuttosto turbolenta. Gustavo Sanchez de Lozada fu costretto a dimettersi già nell’ottobre del 2003, a causa di una serie di massicce proteste popolari, represse nel sangue dal Capo di Stato, scatenate dalla decisione di esportare il gas boliviano verso Stati Uniti e Messico e da una campagna per sradicare la produzione di coca dal Paese. Gli successe Carlos Mesa che, però, si trovò invischiato nella contrapposizione tra la maggioranza indigena della popolazione, favorevole alla nazionalizzazione delle risorse naturali e la popolazione dell’Est del Paese, che chiedeva maggiore autonomia. Nuove proteste popolari, guidate tra gli altro dallo stesso Morales, costrinsero Mesa alle dimissioni nel marzo del 2005.

Carlos Mesa ha subito, tra il 2006 ed il 2019, l’apertura di sette processi ed ha accusato il governo socialista boliviano di perseguitarlo. Lo stesso esecutivo lo ha anche nominato portavoce ufficiale nella controversia con Santiago del Cile per restituire  alla Bolivia l’accesso al mare. La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha però deciso in favore del Cile e ciò ha costituito un danno d’immagine per il presidente Morales.

Carlos Mesa ha annunciato, nell’ottobre del 2018, la sua candidatura alle presidenziali. Il programma politico, basato su posizioni di centro-destra, è piuttosto chiaro: favorire lo sviluppo di un potere giudiziario libero da pressioni politiche e della libertà di stampa, lottare contro il traffico di droga, potenziare gli investimenti stranieri in Bolivia e ristabilire buone relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Mesa ha ricordato come, a suo giudizio, Morales possa favorire la trasformazione della Bolivia in un nuovo Venezuela e come lo stesso Morales abbia favorito la corruzione. Bisognerà vedere se l’elettorato del Paese sarà pronto a lasciarsi alle spalle la lunga presidenza Morales ed a favorire la vittoria di un candidato delle opposizioni. Mesa, anche in caso di successo, avrà comunque il difficile compito di unire le diverse componenti della popolazione nazionale: la maggioranza indigena, lungamente perseguitata e la minoranza dei bianchi. Il responso popolare è imminente ed il destino della Bolivia sarà deciso nelle prossime ore.

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