Anthony Albanese è dal 2022 il 31esimo primo ministro dell’Australia. Leader del partito laburista, guida un Paese ormai al centro degli equilibri dell’Indo-Pacifico. Canberra, infatti, è un solido partner del blocco occidentale, Stati Uniti e Regno Unito in primis, al punto da aver stipulato un delicatissimo patto di sicurezza trilaterale con Washington e Londra. Stiamo parlando dell’Aukus, intesa attraverso la quale i governi statunitensi e britannici aiuteranno l’Australia, da qui ai prossimi anni, a sviluppare e dispiegare sottomarini a propulsione nucleare, rinforzando così la presenza militare occidentale nella regione del Pacifico per contenere l’espansionismo cinese. Più o meno direttamente, l’Australia di Albanese giocherà quindi un ruolo fondamentale nel sostenere gli Usa nel loro testa a testa con Pechino.
Albanese è nato il 2 marzo 1963 a Sydney, nel New South Wales, in Australia. Figlio unico di una madre single irlandese-australiana e di un padre di origini italiane (di Barletta, in Puglia), il futuro leader laburista è cresciuto in case popolari a Camperdown, un sobborgo centro-occidentale di Sydney. I suoi genitori si incontrarono nel 1962, durante un viaggio a bordo della nave Tss Fairsky diretta da Sydney a Southampton, salvo poi imboccare strade separate. Fino all’età di 14 anni, ad Albanese era stato detto che suo padre era morto in un incidente d’auto. Ha in seguito rintracciato il genitore soltanto nel 2009 (a 46 anni), visitandolo diverse volte in Italia, fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel 2014.
In ogni caso, l’infanzia di Albanese fu particolarmente complicata. Nel 1971, la madre si sposò con un uomo, James Wiliamson, che si sarebbe rivelato alcolizzato e violento; il matrimonio tra loro durò appena 10 settimane. La donna lavorava part-time come addetta delle pulizie soffrendo di artrite reumatoide cronica. La famiglia di Albanese sopravviveva di fatto grazie alla sua pensione di invalidità e alla pensione di vecchiaia della nonna.
Dalla madre, Albanese ha ereditato tre credenze: il cattolicesimo, la squadra di rugby della South Sydney Rabbitohs e l’Australian Labor Party. Basti pensare che, all’età di 12 anni, il futuro leader laburista prese parte alla sua prima azione politica, unendosi ad altri residenti di case popolari per bloccare con successo un tentativo da parte del governo locale di vendere le loro case. Nel 1979, ancora adolescente, Albanese si unì ufficialmente al Partito Laburista australiano.
In ambito scolastico, Albanese ha frequentato la St Joseph’s Primary School a Camperdown e il St Mary’s Cathedral College. Ha quindi lavorato per un paio di anni presso la Commonwealth Bank prima di studiare economia all’Università di Sydney, beneficiando della politica universitaria gratuita introdotta dall’allora primo ministro laburista Gough Whitlam. A quel punto, è stato coinvolto nella politica studentesca ed è stato eletto al Consiglio di rappresentanza degli studenti. La strada era tracciata.
Nel 1984, dopo la laurea in economia, Albanese ha lavorato per circa cinque anni come ricercatore per Tom Uren, politico laburista che sarebbe diventato il suo mentore, e che all’epoca era ministro per il governo locale e i servizi amministrativi, poi vice capo del partito laburista. Durante questo periodo Albanese ha collezionato le prime cariche politiche: presidente dei giovani laburisti nel New South Wales (1985-1987); assistente segretario generale del Partito laburista dello stato (1989-1995); consigliere politico senior per il premier del New South Wales Bob Carr (1995-1996).
Nel 1996 Albanese è stato eletto al seggio della Camera dei rappresentanti federale per Grayndler, il collegio elettorale in cui era cresciuto. Sarebbe stato rieletto nove volte nei seguenti anni: 1998, 2001, 2004, 2007, 2010, 2013, 2016, 2019 e 2022.
“Per quanto mi riguarda, sarò soddisfatto se potrò essere ricordato come qualcuno che difenderà gli interessi del mio elettorato, per la classe operaia, per il movimento operaio e per il nostro progressivo avanzamento come nazione nel prossimo secolo”, dichiarò nel suo primissimo discorso alla Camera.
La militanza giovanile nell’estrema sinistra laburista ha offerto ad Albanese un background culturale di temi ben definiti. Crescendo tra i ranghi del partito, il futuro leader è stato tra i primi a sostenere i diritti Lgbtq, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e le cause ambientaliste.
Albanese è stato ministro di gabinetto sotto i governi di Kevin Rudd e Julia Gillard, ed è stato nominato vice primo ministro di Rudd nel 2013. Il suo mandato tra i banchi del Labor è tuttavia iniziato nei panni di ministro ombra per l’invecchiamento e gli anziani (2001-2002) ed è continuato con una serie di altre nomine ministeriali ombra fino al 2007, quando il suo partito ha ripreso il potere.
Ha quindi ricoperto i ruoli di ministro delle infrastrutture, dei trasporti, dello sviluppo regionale e del governo locale (2007-2010) nel primo governo Rudd e di leader della Camera (2008-2013). È stato anche ministro delle infrastrutture e dei trasporti (2010-2013) e ministro dello sviluppo regionale e del governo locale (2013) per il successore di Rudd, la citata Julia Gillard, e come vice primo ministro (2013), ministro per la banda larga, le comunicazioni e l’economia digitale (2013) e vice leader del partito (2013) quando Rudd è tornato come primo ministro.
Dopo la perdita del potere del Labor nelle elezioni federali del settembre 2013, Albanese ha assunto una nuova serie di portafogli ministeriali ombra proseguendo nel consolidamento del suo potere.
Bill Shorten ha annunciato le sue dimissioni da leader del partito laburista nel maggio 2019, in seguito all’inaspettata sconfitta dei laburisti avvenuta nelle elezioni dello stesso anno. Dal canto suo, Albanese si è fatto avanti proponendo la sua candidatura per ottenere la leadership del partito. Senza che nessun altro candidato si facesse avanti, dopo il ritiro di Chris Bowen, assunse così la guida incontrastata del Labour Party.
Incaricato di rianimare i laburisti dopo la cocente sconfitta contro i conservatori di Scott Morrison, i tentativi di Albanese di distinguersi come leader dell’opposizione sono stati complicati nel 2020 dall’arrivo della pandemia di Covid-19. Nel gennaio 2021 è stato coinvolto in uno scontro tra due automobili a Sydney, riportando gravi ferite. Superato l’incidente, “Albo”, come nel frattempo era stato soprannominato, ha iniziato a prepararsi per le imminenti elezioni politiche che avrebbe vinto, diventando primo ministro dell’Australia.
La sua agenda? Albanese ha definito una politica climatica ben precisa, fissando un obiettivo di riduzione delle emissioni di carbonio del 43% entro il 2030 e promettendo di aumentare la quota di energia rinnovabile nel mercato elettrico nazionale all’82%. Si è inoltre impegnato ad aumentare il salario minimo e a fornire un maggiore sostegno governativo all’assistenza sanitaria, all’infanzia e alle case di cura.
In politica estera i tre dossier più scottanti di Albanese riguardano il rapporto tra l’Australia e la Cina, la gestione del patto Aukus e la posizione di Canberra nello scacchiere del Pacifico. Il primo ministro ha compiuto il suo primo viaggio internazionale nel maggio 2022 a Tokyo per partecipare ad un incontro del Quad con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro indiano, Narendra Modi, e il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, impegnando l’Australia a conseguire gli obiettivi del gruppo (del quale fa parte). A giugno ha inoltre partecipato al vertice Nato di Madrid per discutere delle minacce alla sicurezza nella regione del Pacifico.
Il rapporto tra Australia e Cina, seppur ancora complesso e teso, ha iniziato a migliorare da quando Albanese è diventato primo ministro. Nel novembre 2022, Albanese ha tenuto un incontro bilaterale con il leader cinese Xi Jinping, ponendo fine al più lungo congelamento diplomatico degli ultimi 50 anni tra i due Paesi.
Albanese ha inoltre difeso a spada tratta l’Aukus, il suddetto piano per l’acquisizione di sottomarini nucleari, necessario dato l’aumento del potere militare cinese nella regione. Toccherà all’attuale primo ministro accelerare per concretizzare i contenuti del patto di sicurezza trilaterale.