Nel mondo politico tedesco la fase inaugurata dalla nascita della Repubblica Federale nel 1949 è stata contraddistinta dalla grande centralità assunta dall’Unione Cristiano-Democratica (Cdu), che assieme al suo “partito gemello” bavarese, l’Unione Cristiano-Sociale (Csu) ha rappresentato il perno del potere nel Paese e della costituzione materiale della Germania.
La Cdu ha espresso cinque degli otto cancellieri che hanno governato il Paese (tre quelli socialdemocratici), guidato l’esecutivo per 52 anni su 72 di esistenza dello Stato tedesco, espresso le figure che hanno posto le basi dell’attuale governo istituzionale e degli apparati politico-economici del Paese e dell’Unione Europea.
Tutti i grandi momenti decisivi della storia della Germania post-bellica hanno avuto luogo quando la Cdu era al potere. Konrad Adenauer, primo cancelliere della Germania e il suo successore Ludwig Erhard hanno posto le basi del modello di economia sociale di mercato che indirizza l’industria tedesca verso lo sviluppo funzionale alle esportazioni; Helmut Kohl si è trovato a guidare il Paese nella fase della riunificazione della Repubblica Democratica di Germania nel 1991 e dell’avvicinamento all’introduzione dell’euro, trasformata da vincolo in asset per il Paese; Angela Merkel ha gestito la fase di massimo attrito tra il modello tedesco e l’economia europea nell’era della Grande Recessione e allentato i dogmi più duri della politica del Paese dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19.
Come ha potuto la Cdu essere così trasversale e centrale per lunghi decenni partendo dall’esperienza del popolarismo che nell’epoca post-bellica prendeva piede anche in Italia con la Dc di Alcide de Gasperi? In primo luogo, la formazione ha saputo sempre essere cristiana ma non confessionale o “clericale”: costruita da esponenti del vecchio Zentrum cattolico attivo ai tempi della Repubblica di Weimar e oppositori del nazismo, come Adenauer, la Cdu si è posta l’obiettivo di coagulare al suo interno anche i protestanti in nome di alcuni principi guida chiave. Essi comprendevano, fin dall’inizio, il conservatorismo sociale, l’ordoliberalismo in economia, lo spiccato atlantismo in politica estera, l’anticomunismo e il rifiuto del retaggio politico nazionalista che aveva condotto all’ascesa e alla disfatta del Terzo Reich.
Negli anni, la Cdu costruttrice della Repubblica Federale è divenuta il partito-chiave per il progetto di “germanizzazione” delle istituzioni comunitarie nell’era Kohl prima e in quella Merkel poi, sposando diversi principi chiave del neoliberismo economico, tra cui la severa censura della spesa pubblica.
Tali tendenze hanno iniziato a subire critiche interne dopo i disastrosi esiti delle politiche europee seguite alla crisi dei debiti e la stagnazione della ripresa tedesca. Nel corso degli anni si sono erosi anche la posizione socialmente conservatrice e la Cdu ha iniziato a dialogare con i partiti laici per formare coalizioni a livello locale sempre più eterogenee e aperto un profondo dibattito interno su questioni come l’ambiente, le migrazioni, i diritti civili.
Angela Merkel è stata in un certo senso il punto di sintesi della storia di potere della Cdu. Prima cancelliera proveniente dai Lander dell’Est, ha incarnato sicuramente la riunificazione nazionale guidata dal predecessore Kohl, di cui ha seguito e amplificato le politiche in ambito economico-finanziario; leader fortemente occidentalista, ha però avviato una fase di transizione volta ad aprire moderatamente l’interesse nazionale tedesco a Russia e Cina e a far riscoprire a Berlino il pensiero strategico; pur opponendosi alle unioni omosessuali, la Merkel si è mostrata più aperta a sensibilità progressiste su temi come l’ambiente e l’accoglienza ai rifugiati. Nel corso della sua lunga leadership e era di governo iniziata nel 2005 la Cdu è andata polarizzandosi al suo interno tra un’ala più centrista ed una più conservatrice avente nella Cancelliera il suo equilibrio.
La Csu è legata alla Cdu da un accordo di desistenza che le concede l’esclusività dell’azione in Baviera. I due partiti formano un gruppo unico al Bundestag. La Csu è espressione delle roccaforti conservatrici dello Stato Libero, polmone economico della Germania e terra caratterizzata da una chiara identità storica che spesso si sovrappone con le radici cattoliche della regione.
Più volte nella sua storia la Csu si è dimostrata più conservatrice della gemella di Berlino: dal rifiuto di firmare la Legge Fondamentale nel 1949, per le critiche alla divisione del Paese in due Stati, al contrasto tra la Merkel e il ministro dell’Interno Horst Seehofer sui migranti degli scorsi anni la relazione tra i due partiti è stata collaborativa ma mai pienamente lineare. A testimonianza della specificità del caso tedesco, che ha nella Csu un esempio unico di partito formalmente regionale presente in governi con compagni strutturate, dotato di una sua linea programmatica per economia, sicurezza e politica estera che trascende il territorio di riferimento. Un esempio ulteriore di come la Cdu abbia, attraverso l’Unione, mirato sempre a ricondurre a una convergenza la grande eterogeneità interna alla Germania. Saldando in un progetto di potere visioni del mondo e del Paese fortemente diverse tra loro.
L’era Merkel è stato un vero e proprio spartiacque per l’Unione Cdu-Csu. Al momento del voto la Cdu/Csu era da un quindicennio il partito più potente d’Europa, potendo esprimere sia la Cancelliera che il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il capogruppo del Partito Popolare Europeo, prima formazione nell’Europarlamento, il bavarese Manfred Weber.
Amin Laschet, successore designato della Mertkel alla guida del partito, ha mirato a un ruolo che gli permettesse di fungere da fattore equilibrante in maniera analoga a quella della Cancelliera, consentendo all’Unione di mantenersi coesa. Ma l’avvicinamento alla fine dell’era Merkel e al voto del 26 settembre 2021 ha fatto sentire sempre di più il vuoto che la Cancelliera avrebbe lasciato con la sua capacità di sintesi e sincretismo tra anime diverse del potere germanico e con la sua grande esperienza. Colpito da diverse gaffe e sfidato direttamente dal Ministro delle Finanze e leader socialdemocratico Olaf Scholz, Laschet ha al tempo stesso faticato a trovare una sinergia con il leader bavarese Markus Soder, da molti ritenuto un più credibile candidato alla Cancelleria.
La conseguenza è stata una profonda battuta d’arresto al voto federale: l’Unione Cdu/Csu si è, per la prima volta dal 2005, ritrovata a subire il sorpasso dai socialdemocratici di Scholz, primi col 25,7% contro il 24,1% dei cristiano-democratici, ai minimi dal 1949. Laschet è invece apparso fin dall’inizio del suo mandato di segretario come un leader tutt’altro che unificatore, poco attento a gestire la contrapposizione interna con l’ala conservatrice e liberale di Friedrich Merz, suo avversario all’ultimo Congresso, da un lato e troppo ripetitivo nel legare la sua immagine a quella di Frau Angela per poter essere davvero definito un suo credibile erede. L’Unione ha primeggiato solo nel Lander della Baviera, con la Csu al peggior risultato dal 1949 col 31,7%, e nel Baden-Wurtemberg, ove si è classificata prima con il 24,8%. Un duro colpo che segnala la necessità di una svolta per il partito che, dopo aver plasmato l’Europa e contribuito a guidarla negli ultimi anni, ora si ritrova di fronte alla sfida di superare l’importante eredità dell’imprescindibile Cancelliera.