Ogni potenza dotata di lungimiranza dispone di una vasta gamma di instrumenta regni funzionali alla proiezione oltreconfine di potere morbido (soft power). Perché l’influenza culturale è l’anticamera della simpatia politica, e un’alleanza è tanto più solida quanto più è genuina, perciò è necessario coltivare il potere morbido ovunque, sempre e laddove possibile.
La Russia cerca di promuovere la russofilia nello spazio postcomunista (e nel resto del mondo) attraverso una rete facente capo alla Fondazione Russkiy Mir, la Cina tenta di diffondere sentimenti sinofili e pubblicizzare la Nuova via della seta per mezzo degli istituti Confucio, mentre la Turchia ha messo in piedi una gigantesca macchina di persuasione culturale basata su cooperazione allo sviluppo (Tika), fede (Diyanet) e intrattenimento.
Nel club ristretto delle grandi potenze che bramano di riscrivere il mondo a loro immagine e somiglianza, ve n’è una che risalta più di tutte, primeggiando in maniera incontrastata: gli Stati Uniti. Perché nessuno investe più di Washington nella propagazione del culto dell’American way of life, delegata a Hollywood, e nell’esportazione globale dei valori dell’Impero della Libertà, affidata ad una costellazione di enti federali e nongovernativi. E tra gli attori maggiormente coinvolti nel rendere il Destino manifesto degli Stati Uniti un dogma universale, valevole in egual misura per l’Occidente e tutti gli altri, spicca il National Endowment for Democracy.
Il National Endowment for Democracy (NED) è un’organizzazione non a scopo di lucro, con sede negli Stati Uniti, specializzata nella promozione della cultura della democrazia nel mondo. Istituito nel 1983 dall’amministrazione Reagan, cioè all’acme della Guerra fredda, il Ned vive di fondi allocati su base annua dal Congresso, che a loro volta vengono redirezionati nelle casse di quella che è considerabile, in tutto e per tutto, una “internazionale democratica”.
L’internazionale della democrazia, che ha sede a Washington ma opera in tutto il mondo, fa capo al NED ed è composta da una costellazione variegata, influente e ben lubrificata di associazioni, organizzazioni nongovernative ed entità di altra natura, quali il Movimento mondiale per la democrazia (World Movement for Democracy), il Forum internazionale per gli studi democratici (International Forum for Democratic Studies) e il Network degli istituti di ricerca sulla democrazia (Network of Democracy Research Institutes).
La forma del Ned è cambiata con lo scorrere del tempo, ma la sostanza è rimasta inalterata: il contrasto del comunismo è stato sostituito da un più generico supporto a tutte quelle forze impegnate nella “promozione della democrazia”, tanto nelle nazioni occidentali come nel resto del mondo. Forze che possono corrispondere a partiti politici come ad unioni sindacali, ad organizzazioni nongovernative come a giornali, e a think tank come ad emittenti radiofoniche e altri media.
Il Ned opera in ognuna delle terre emerse, finanziando attività e processi di democratizzazione in poco più della metà degli Stati attualmente esistenti, e il suo impatto globale può essere compreso soltanto dando uno sguardo ai numeri che lo caratterizzano:
- 100 i Paesi dove, attualmente, sono presenti individui e/o entità che ricevono fondi dal Ned.
- Più di 1000 i progetti che, in media, il Ned finanzia ogni anno nel mondo.
- 1.684 i progetti a favore della democrazia e del libero mercato, portati avanti da organizzazioni nongovernative, che hanno ricevuto il denaro del Ned nel 2019.
- 1.995 i progetti a favore della democrazia e del libero mercato che il Ned ha finanziato nel corso del 2020, per un totale di 254 milioni di dollari investiti in 100 Paesi – tre record storici per l’ente: mai così tante nazioni raggiunte, mai così tanto denaro utilizzato e mai così tanti programmi supportati.
Si scrive promozione della democrazia liberale e del capitalismo, ma si legge denaro inviato a forze utili a sovvertire regimi politici che, per un motivo o per un altro, costituiscono una minaccia agli interessi nazionali degli Stati Uniti. Non una teoria del complotto, ma una realtà che il Ned non ha mai nascosto e che, anzi, trova ampio riscontro documentale (e fattuale).
In un recente documento di dominio pubblico, ad esempio, si può leggere come il Ned giustifichi una richiesta di bilancio presentata al governo adducendo come ragione la vasta gamma di attività esperite nel mondo, tra le quali “l’apertura di spazio politico nei Paesi autoritari, il supporto ai democratici e ai processi democratici nei Paesi semi-autoritari […] e il sostegno alla democrazia nel mondo islamico”.
Quali e quante siano le forze le cui campagne anti-autoritarie e anti-dittatoriali hanno goduto e godono del supporto prezioso del Ned non è difficile da scoprire, anche perché l’agenzia rendiconta ogni spesa e premia a cadenza annuale i migliori utilizzatori dei dollari per la democrazia. E, curiosamente ma non sorprendentemente, i vincitori delle ultime otto edizioni del Democracy Award si sono contraddistinti per le battaglie contro i principali obiettivi della politica estera a stelle e strisce: la Russia putiniana (Vera Kichanova, 2015), la Cuba comunista (Harold Cepero, 2013), il Venezuela bolivariano (Mitzy Capriles de Ledezma, Lilian Tintori e Tamara Suju, 2015) e la Repubblica Popolare Cinese (ChinaAid, Tibet Action Institute e Congresso mondiale uiguro, 2019).
Rimanendo in tema di storia recente, il Ned ha giocato un ruolo determinante nel corso delle primavere arabe, avendo finanziato, tra gli altri, il Movimento 6 aprile e l’Accademia democratica negli ultimi anni di vita dell’era Mubarak. Andando indietro nel tempo, invece, secondo i politologi che hanno avuto accesso ai documenti prodotti dal Ned, tra i quali Lindsey O’Rourke, è agli sforzi che l’agenzia ha compiuto in direzione della democratizzazione che si dovrebbero i cambi di regime avvenuti durante la guerra fredda in una miriade di nazioni: dal Cile alle Filippine, da Haiti alla Polonia, e da Panama al Suriname.
Per i motivi di cui sopra, il Ned va ricevendo un’accoglienza crescentemente negativa da parte dell’America Latina, dell’Africa e dell’Eurasia, perché ritenuto sinonimo di destabilizzazione. Restano pochi, comunque, i Paesi che hanno trasformato le accuse di interferenza negli affari interni in fatti, come la Russia, dove il Ned è stato messo al bando nel 2015, e la Cina, che lo ha sanzionato nel 2019.
Dal dopo-11 settembre ad oggi, sullo sfondo della Guerra al Terrore, delle primavere arabe e del restringimento dello spazio postsovietico, l’agenzia ha impinguato le casse di una moltitudine di realtà impegnate a vario titolo in attività anticomuniste e separatistiche: il Congresso mondiale uiguro (World Uyghur Congress), il Progetto per i diritti umani uiguro (Uyghur Human Rights Project), la Campagna per gli uiguri (Campaign for Uyghurs), la China Free Press, ChinaAid, il Tibet Action Institute e gli hongkongesi Solidarity Center e Justice Centre.
Entità, quelle di cui sopra, che, per ragioni differenti, anelano all’implosione della dittatura comunista: chi sobillando i sentimenti etno-religiosi nello Xinjiang, chi tentando di rallentare la sinizzazione del Tibet e chi stuzzicando l’occidentalità delle giovani anime della ribelle Hong Kong. Entità che, numeri alla mano, negli anni recenti hanno ricevuto delle somme riguardevoli dal Ned:
- I gruppi della galassia uigura hanno introitato 8 milioni e 758mila dollari dal 2004 al 2020.
- I gruppi hongkongesi appartenenti al cosiddetto “fronte pro-democrazia” hanno ricevuto due milioni di dollari nel solo 2020 – una cifra notevole considerando che la “società civile” di HK aveva percepito soltanto 643mila dollari l’anno precedente e che nel periodo 2015-18 erano stati spesi in media, sempre su base annua, circa 450mila dollari.
- Nel complesso, le realtà impegnate tra Xinjiang, Hong Kong e Tibet hanno ricevuto 10 milioni e 200mila dollari nel corso del 2020 – in aumento rispetto ai 6 milioni rendicontati nel 2019.
Le cifre della battaglia del Ned contro la Repubblica Popolare Cinese sono indicative dell’importanza rivestita da questo ente all’interno della politica estera degli Stati Uniti. Perché dietro alle corse alle armi e alle guerre per procura c’è (molto) di più: un mondo fatto di attori dall’apparenza innocua che, lontani dai riflettori, lavorano notte e giorno per oliare le democrazie mature dell’Occidente e per abbattere dolcemente i loro nemici.