Che cos’è il Fronte del Polisario

Il Fronte Polisario è un movimento nato nella regione del Sahara Occidentale, per la quale i suoi appartenenti rivendicano l’indipendenza. Il termine Polisario sta per Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro. Questi ultimi sono i nomi delle due province coloniali spagnole che si estendevano nell’attuale Sahara Occidentale. Il Polisario è noto soprattutto per la guerra ancora oggi mandata avanti contro il Marocco e per la gestione dei campi profughi di Tindouf, città algerina nel sud del paese dove il movimento ha fissato la sua sede.

La questione relativa allo status del Sahara Occidentale nasce nel secondo dopoguerra. Il Marocco, prima dell’indipendenza raggiunta nel 1956, vive una situazione atipica. Risulta infatti suddiviso in cinque parti spartite tra Spagna e Francia. L’autonomia non a caso è raggiunta in modo in più fasi. Con il ritiro spagnolo da Sidi Ifni nel 1969, l’unica regione non in mano a Rabat in quel momento è il Sahara Occidentale. La questione, all’interno della politica marocchina, ha un grande rilievo. Il Paese è scosso da tensioni tra il governo di Re Hassan II e gruppi di opposizione di orientamento progressista, tra cui il Partito Comunista marocchino.

Ma sia il governo che l’opposizione concordano sulla necessità di riprendere in mano quanto prima il Sahara Occidentale. La tematica ha un rilievo nazionale: la regione viene considerata organica al Marocco e se ne rivendica dunque la sovranità. A pensarla in questa maniera è anche un giovane studente affiliato al Partito Comunista. Si tratta di  El Ouali Mustapha Sayed, il quale all’interno della facoltà di legge di Rabat in cui studia forma gruppi di giovani aderenti alle formazioni comuniste. Queste ultime criticano il governo per non riuscire a imprimere una svolta nella riconquista del Sahara Occidentale.

Anche El Ouali, nei suoi primi scritti e nelle sue prime esternazioni politiche, dedica diversi interventi alla situazione nella regione e considera il Marocco l’unico vero Paese in grado di rivendicarne la sovranità. Gli scontri tra governo e partiti progressisti si inasprisce dopo un fallite golpe contro Hassan II. El Ouali fugge all’estero assieme ad altri rappresentanti dei gruppi di opposizione. In questo contesto sorge un gruppo che rivendica la lotta contro il colonialismo spagnolo. É il 10 maggio 1973 e in Mauritania viene fondato per l’appunto il Fronte del Polisario, il cui obiettivo è andare contro la presenza di Madrid nel Sahara Occidentale. Primo segretario del Fronte viene nominato El Ouali.

Il Polisario nasce come movimento anti spagnolo. El Ouali, fino a quel momento, nei suoi interventi parla esclusivamente della necessità storica della restituzione del Sahara Occidentale al Marocco. Una prospettiva destinata a cambiare l’anno successivo. Nei documenti del Fronte emerge come la parola “indipendenza” venga usata la prima volta il 31 agosto 1974. I motivi sono da ricercare nell’attivismo di Algeria e Libia, Paesi che più volte appaiono dietro i tentativi di destabilizzazione del Marocco.

Lo stesso El Ouali tributa pubblicamente un ringraziamento al rais libico Muammar Gheddafi in una conferenza stampa tenuta a Tripoli il 29 ottobre 1975: “Siamo venuti in Libia scalzi – dichiara – ne siamo usciti armati”. Libici e algerini finanziano il Polisario e ne orientano la linea politica, adesso anti marocchina. Anche perché nel frattempo la Spagna lascia il terreno. Con l’accordo di Madrid del novembre 1975 il Sahara Occidentale per due terzi è assegnato al Marocco e per un terzo alla Mauritania.

Con Algeri e Tripoli impegnate a sostenere la causa indipendentista del Polisario, il Fronte scatena una guerriglia contro la presenza di Rabat. La vicinanza libico-algerino al movimento è testimoniata dallo spostamento della sede a Tindouf, città algerina in cui vanno a risiedere anche almeno 50.000 profughi provenienti dal Sahara Occidentale.

Viene scelta la tattica della guerriglia a tutto campo contro gli eserciti rivali. Diverse le vittime sia tra i marocchini che tra i membri del Polisario. A rimetterci però il più delle volte sono spesso i civili, come del resto capita in ogni conflitto.

Il Polisario nei primi anni di guerra si muove anche sotto il profilo politico. Nel 1976 viene fondata a Tindouf la Repubblica Araba Democratica del Saharawi. Si tratta di un’istituzione con all’interno enti e governi dominati dal Polisario. L’intento è quello di ricevere un certo riconoscimento politico internazionale, pur non controllando di fatto alcun territorio.

La Repubblica del Saharawi viene riconosciuta da 76 Paesi, in gran parte dell’allora blocco sovietico, ed è membro dell’Unione Africana. Non è però interna alla Lega Araba e alle Nazioni Unite. Di fatto la Repubblica del Saharawi è una trasposizione in chiave politica del Polisario, il quale come movimento continua la sua lotta armata contro il Marocco.

Una svolta si ha il 5 agosto 1979, quando al termine di trattative segrete un accordo sancisce la fine delle dispute tra il governo mauritano e il Fronte del Polisario. Nell’intesa che di fatto accorda la pace tra le due parti, la Mauritania si impegna a ritirare le proprie truppe dal Sahara Occidentale e a cedere alla Repubblica del Saharawi, e dunque al Polisario, la porzione di territorio fino ad allora controllata.

L’accordo di pace non viene riconosciuto dal Marocco. Da Rabat si decide per la linea dura: vengono inviati soldati nella zona dove i militari mauritani si stanno disimpegnando, evitando quindi di concedere terreno agli avversari del Polisario.

La guerra con il Marocco prosegue per diversi anni. Le truppe di Rabat riescono a controllare due terzi del Sahara Occidentale, il Polisario invece rimane confinato in una fascia pressoché disabitata che corrisponde a circa un terzo delle dimensioni della regione. Il Fronte ha come unico vero avamposto il campo profughi di Tindouf, il quale si trova però in territorio algerino.

Con la mediazione delle Nazioni Unite, si giunge nel 1991 a un accordo di cessate il fuoco. L’intesa tra il Marocco e il Polisario prevede lo stop ai combattimenti e il dispiegamento di una missione Onu, la missione Minurso. Quest’ultima ha il compito non solo di vigilare sul mantenimento della tregua, ma anche di porre in essere tutte le questioni organizzative per arrivare quanto prima a un referendum. Una consultazione dove, in base agli accordi, gli abitanti del Sahara Occidentale hanno la possibilità di scegliere tra l’indipendenza totale dal Marocco oppure l’integrazione definitiva a Rabat in cambio dell’autonomia.

Il referendum da allora però non si è mai organizzato. A mancare sono gli accordi politici e le condizioni di sicurezza necessarie all’apertura dei seggi. Nel 2007 il Marocco decide così di prendere l’iniziativa politica, presentando alle Nazioni Unite la cosiddetta “proposta sull’autonomia”. Si tratta del riconoscimento ufficiale a livello internazionale della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, regione però che, nelle intenzioni della proposta marocchina, dovrebbe essere dotata di ampia autonomia dal governo centrale.

Ad oggi quella marocchina è l’unica proposta politicamente discussa dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Gli Stati Uniti, con l’allora presidente Donald Trump, nel novembre 2020 decidono di dare rilevanza politica alla proposta e riconoscere ufficialmente il Sahara Occidentale quale territorio marocchino. Il tutto nell’ambito di accordi che portano, tra le altre cose, alla normalizzazione dei rapporti tra Marocco e Israele. La mossa di Washington genera l’irritazione del Polisario. Sul finire del 2020 il cessate il fuoco viene meno, anche se la guerra non riprende su larga scala.

Il movimento non ha mai rinunciato all’indipendentismo. Ma deve affrontare non pochi problemi relativi alle sue fonti di finanziamento e alle sue alleanze internazionali. L’Algeria, ad oggi, è il principale alleato del Fronte ma non è in grado di fornire mezzi e soldi necessari per impensierire le forze marocchine. La necessità di avere introiti per mantenere in vita non solo l’organizzazione del Polisario ma anche le istituzioni della Repubblica del Saharawi, fanno accendere i sospetti circa fonti di finanziamento illecito. Fonti che possono riguardare il commercio della droga che passa tramite le carovane del deserto oppure l’illecito trattenimento di somme destinate ufficialmente ai profughi di Tindouf.

C’è poi un altro elemento che ad oggi getta ombra sul Polisario e riguarda il terrorismo. Nel Sahara e nel Sahel gli ultimi decenni sono contrassegnati dall’espansione dell’islamismo. Secondo fonti di intelligence sia marocchina che di altri Paesi, la piaga del jihadismo è penetrata anche a Tindouf. A dimostrarlo è, tra gli altri, la figura di Abu Walid Al Sahrawi, leader del gruppo dell’Isis del Grande Sahara, principale costola jihadista della regione. Cresciuto nei campi di Tindouf e organico al Polisario per diversi anni, il suo nome è legato alla crescita del terrorismo nel Sahara. La sua uccisione, avvenuta nel settembre 2021, viene ritenuta come uno dei principali colpi assestati al terrorismo africano.

Dopo la morte di Sayed nel 1976, il leader più importante del Polisario è Mohamed Abdelaziz. Quest’ultimo guida il movimento e la Repubblica del Saharawi dal 1976 fino alla sua morte avvenuta nel maggio 2016. Quarant’anni ininterrotti di leadership che imprimono un forte segno nel Polisario. A succedergli viene chiamato Brahim Ghali, fino a quel momento una sorta di ministro della Difesa del Fronte.

Il suo nome balza agli onori delle cronache nel maggio 2021, quando il Marocco accusa la Spagna di ospitare Ghali in una clinica di Saragozza a seguito di complicazioni dovute al Covid-19. In particolare, Gali riesce ad entrare in territorio spagnolo grazie a un passaporto falso algerino. Ne nasce una disputa diplomatica tra Rabat e Madrid, mentre a livello interno l’opinione pubblica spagnola punta il dito contro il governo per l’ospitalità concessa. Infatti, secondo diverse associazioni umanitarie, Ghali è ricercato dalla giustizia iberica per gravi reati, quali ad esempio l’omicidio di diversi cittadini della Canarie, soprattutto pescatori, negli anni ’80 a seguito di azioni di guerra portate avanti dal futuro leader del Polisario.

Emergono anche testimonianze di presunti abusi sessuali perpetuati da Ghali. Sui social viene diffuso il video di Khadijatou Mahmoud, ragazza saharawi che denuncia il capo del Polisario per violenze sessuali avvenute nel 2010 ad Algeri. E non sarebbe l’unico episodio del genere. Tuttavia a giugno i giudici spagnoli dichiarano di non aver prove a sufficienza per incriminare Ghali e di non dover ricorrere contro di lui. Anche perché in Spagna il leader del Fronte sarebbe entrato con i suoi veri documenti.

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