Chaos, alle origini della sorveglianza di massa

Sorvegliare per punire. Sorvegliare per prevenire. Sorvegliare per controllare. Sorvegliare per comandare. La sorveglianza di massa accompagna l’Uomo dalla notte dei tempi e morirà insieme a lui. Impossibile scinderne i destini. Impossibile invertire la rotta tracciata dal progresso tecnologico.

La sorveglianza di massa esiste dall’antichità, come ricordano i circuiti di raccolta di intelligence dell’Impero romano, perciò le società tecnologiche ed industriali non hanno inventato nulla di nuovo. Hanno ampliato e rafforzato, indubbiamente, ma non creato. Occhi robotici al posto di occhi umani. Orecchie artificiali in luogo di orecchie umane.

Si suole identificare le origini della sorveglianza di massa nell’età tecnologico-industriale con la Guerra fredda, epoca della costruzione di abnormi regimi polizieschi dalla Germania Est della Stasi alla Romania della Securitate, ma la realtà è (molto) più complessa delle ricostruzioni superficiali della storia mainstream.

La realtà è che i semi della sorveglianza di massa della contemporaneità, emblematizzata dalle città delle telecamere e dalle leggi in stile Patriot Act, sono stati piantati nel corso dell’intero Novecento da una costellazione variegata di attori, dall’Unione Sovietica del periodo interguerra – musa ispiratrice di George Orwell – agli Stati Uniti in lotta col comunismo e paranoicamente sospettosi della loro cittadinanza. Gli Stati Uniti delle operazioni SHAMROCK, MINARET, CHAOS e COINTELPRO.

Scrivere dell’operazione CHAOS è raccontare degli Stati Uniti in lotta con l’Unione Sovietica, e con la loro stessa cittadinanza, nel corso di quello scontro egemonico epocale per l’egemonia globale che fu la Guerra fredda. Erano gli anni delle proteste dei movimenti per i diritti civili, della resurrezione del Ku Klux Klan, delle maxi-mobilitazioni dei pacifisti, e la Casa Bianca aveva un pessimo sentore: che dietro quel fermento potesse esserci la longa manus degli agenti del caos del Cremlino.

La presidenza Johnson, allo scopo di appurare le reali origini delle dimostrazioni e di capire se alcuni movimenti sociali e politici fossero legati in qualche modo a Mosca, nel 1967 diede mandato a Richard Helms, l’allora direttore della Central Intelligence Agency, di realizzare una piattaforma per la raccolta dati su individui ed entità in odore di collaborazionismo con l’Unione Sovietica. Piattaforma che avrebbe assunto il nome di CHAOS.

L’operazione fu esperita tra il 1967 e il 1973, sopravvivendo all’amministrazione Johnson e venendo potenziata da Richard Nixon, risultando particolarmente utile perché svolta in concomitanza con COINTELPRO del Federal Bureau of Investigations. Gemelli separati alla nascita, ma uniti da un comune destino: il controllo della cittadinanza.

Tra il 1967 e il 1969, nel corso della fase Johnson, agli 007 della CIA fu dato ordine di monitorare i movimenti internazionali, fisici e bancari, degli attivisti antiguerra. Johnson voleva sapere dove si recavano, con chi parlavano e quali cifre si trovavano sui loro conti correnti.

Gli attivisti venivano seguiti a distanza ravvicinata, tramite forme di pedinamento classico, e da remoto, ossia con dispositivi elettronici, ignari di essere osservati e ascoltati da uno stuolo di spie in grado di agire mondialmente. Le stazioni della CIA all’estero ritrasformate a tale scopo. Gli 007, in precedenza addestrati per scovare controparti del KGB, chiamati ad utilizzare le loro conoscenze e competenze nel camuffamento per infiltrare i movimenti del pacifismo del paese e persino alcuni all’estero. Obiettivo: capire se esistesse una cospirazione internazionale volta a gettare nel caos gli Stati Uniti.

Gradualmente, sul finire dell’era Johnson e l’inizio dell’amministrazione Nixon, gli obiettivi nel mirino dei microfoni e delle telecamere di Chaos sarebbero stati aumentati. Non soltanto gli attivisti dei movimenti contro la guerra, ma anche i comitati del femminismo – Women Strike for Peace –, le ambasciate – come quella di Israele – e gli estremismi religiosi – come B’nai B’rith – e razziali – le Pantere Nere.

L’operazione CHAOS fu tra le vittime collaterali del Watergate, tra gli scandali politici più gravi della storia degli Stati Uniti, che incoraggiò la presidenza Nixon a chiederne la conclusione nel 1973. Conclusione avvenuta nel più totale silenzio, si intende, perché se oggi il mondo è a conoscenza del programma è solo grazie a delle gole profonde che, nel 1974, si rivolsero al giornalista investigativo Seymour Hersh per denunciare quanto accaduto negli anni precedenti.

Le rivelazioni delle gole profonde, condensate da Hersh nello storico Huge CIA Operation Reported in US Against Antiwar Forces, Other Dissidents in Nixon Years, pubblicato per il New York Times, avrebbero scoperchiato un vaso di Pandora, contribuendo in maniera determinante all’istituzione della Commissione sulle attività della CIA negli Stati Uniti, altresì nota come la Commissione Rockefeller.

Nel complesso, secondo gli inquirenti della commissione Rockefeller, l’impianto di sorveglianza aveva portato alla costruzione di un database con all’interno informazioni su circa trecentomila cittadini, più di settemila dei quali schedati in maniera dettagliata, e mille gruppi. Database parallelo, ma complementare, a quello eretto nell’ambito di COINTELPRO, sorella gemella di CHAOS, entrambi rivelatisi fondamentali nell’annichilimento delle varie minacce per l’alto provenienti dal basso, in particolare le Pantere Nere.

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