Chi è Cesare Battisti

Violenza, rapine, omicidi, terrorismo. La vita di Cesare Battisti è segnata da una continua fuga dalla giustizia. Che adesso, con il suo arresto, sembra essersi definitivamente interrotta. E l’Italia attende il ritorno di un assassino, prima ancora che di un “ex” terrorista.

Nato 63 anni fa a Cisterna di Latina, Battisti inizia la sua carriera criminale sin da giovane per alcuni reati comuni. Nessuna giustizia proletaria, nessuna idea, nessun vento ideologico: semplice violenza e furti.

Dal carcere, inizia ad avvicinarsi alla sinistra estrema. E alla fine degli anni Settanta entra nei Pac, un piccolo e quasi insignificante gruppo armato del terrorismo di sinistra che si è specializzato in rapine come “espropri proletari”. “Pretendere di cambiare il mondo con le armi è una stupidaggine ma a quell’epoca tutti avevano delle pistole”, disse nel 1991 Battisti. Ma intanto il sangue scorreva a fiumi, mentre il comunismo serviva più per dare una parvenza di mito a una semplice e orribile  criminalità.

Arrestato nel 1979 a Milano, Battisti evade nel 1981 dal carcere di Frosinone. La giustizia italiana lo condanna in via definitiva per quattro omicidi tra il 1978 e il 1979, di cui due come esecutore materiale. Il terrorista si dichiara innocente. Ma i tribunali sono di ben altro avviso.

Sotto i colpi delle sue azioni e dei Pac, muoiono la guardia carceraria Andrea Santoro a Udine, il gioielliere Pierluigi Torregiani a Milano e il macellaio Lino Sabbadin, questa volta a Mestre. Gli ultimi due innocenti sono stati uccisi perché avevano sparato a dei rapinatori. Il figlio di Torregiani, Alberto, allora 15enne cade vittima dell’agguato rimanendo paralizzato. L’ultima vittima è il poliziotto Andrea Campagna, ucciso a Milano.

Inizia la latitanza. Scappa in Francia, dove conosce sua moglie, poi parte per il Messico, ma ritorna in territorio francese nel 1990, protetto dagli intellettuali francesi, dalla giustizia e dalla dottrina Mitterrand, varata nel 1982 dall’omonimo presidente e che garantisce la tutela dei terroristi di sinistra che hanno rinunciato alla lotta armata e che sono “perseguitati” in patria.

Nel 2004, Jacques Chirac decide di mettere fine a questa situazione, così, la giustizia francese dà il via libera alla sua estradizione. Ma gli intellettuali lo difendono: Fred Vargas, Bernard-Henri Levy, Tiziano Scarpa, Christian Raimo, Daniel Pennac, Vauro e Davide Ferrario.

A quel punto, il terrorista fugge in Brasile sotto falsa identità, e, a suo dire con l’aiuto dei servizi segreti di Parigi. Il 18 marzo del 2007, dopo tre anni in clandestinità, viene arrestato a Rio de Janeiro e spedito nel carcere di Brasilia, dove ci resta per quattro anni dicendo anche di “morire in Brasile piuttosto che tornare in Italia”.

Nel 2009 il ministro della Giustizia del governo Lula, Tarso Genro, gli concede l’asilo politico. Il 18 novembre del 2009 la Corte suprema brasiliana autorizza l’estradizione di Battisti, ma lascia l’ultima parola al presidente Lula, che nell’ultimo giorno del suo mandato, il 31 dicembre 2010, rifiuta di estradarlo con decreto. A giugno del 2011,gli viene assegnato un permesso di residenza permanente in Brasile.

Nel 2015 un giudice federale ordina la sua espulsione in Messico o in Francia. La polizia lo arresta, ma poi viene scarcerato. A ottobre 2017 viene arrestato, questa volta al confine con la Bolivia. Rilasciato, fino ad aprile del 2018 è sottoposto a obbligo di firma e della sorveglianza elettronica.

Inizia a vivere a San Paolo. Ma poi viene eletto Jair Bolsonaro, e le cose cambiano. Il candidato della destra brasiliana promette all’Italia la consegna di Battisti.  Il 14 dicembre 2018 un giudice della Corte suprema ne ordina l’arresto “in vista di un’estradizione”. Scappa di nuovo. Ma questa volta viene catturato. Nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2019, l’Interpol lo ferma in Bolivia. Forse per mettere la parola ”fine”alla sua carriera criminale.