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Andrés Manuel Lopez Obrador: chi è il nuovo presidente del Messico

Ha i capelli bianchi, ma il taglio degli occhi ricorda quello dei nativi, nonostante parte della sua famiglia abbia origini europee. Ha scelto di guidare una coalizione di centro-sinistra dal nome altisonante, “Junto Haremos Historia“. Che, tradotto, significa: “Uniti faremo la storia”. E forse, per Andrés Manuel Lopez Obrador, che tutti conoscono come “Amlo”, questa potrebbe essere l’opportunità che il suo partito aspetta da tempo. Perché Amlo, eletto presidente del Messico il 1° luglio e in carica dai primi giorni di dicembre, ha promesso molto al suo Paese.

Obrador non è uno sconosciuto della politica messicana. In diversi lo definiscono unpopulista di sinistra. Prima della politica nazionale, oltre a essere stato il leader del partito che ha fondato trent’anni fa, è stato sindaco di Città del Messico. La militanza, nella sua vita, è arrivata presto. Ha origini modeste ed è il primo di otto fratelli. Le prime esperienze le fece all’interno del Partito Rivoluzionario Istituzionale. Che, però, lasciò nel 1988 per unirsi ai dissidenti di Cuauhtémoc Cárdenas e formare il Partito della Rivoluzione Democratica.

Con quella formazione si candidò alla presidenza del Paese nel 2006. Ma quella competizione elettorale, di fatto, la perse. Per meno di un punto percentuale. Ci ha riprovato nel 2012, candidandosi alle presidenziali per il movimento progressista. Non vinse nemmeno in quella circostanza e si posizionò dietro Enrique Peña Nieto, candidato appoggiato dal Partito Rivoluzionario Istituzionale e dai Verdi. Amlo la vetta l’ha raggiunta dopo dopo sei anni e tanto lavoro. Nelle piazze, come oratore incendiario. E ha vinto, con il 53,19% dei voti.

Amlo è, ufficialmente, il leader del Movimento di rigenerazione nazionale. Che in Messico tutti chiamano con l’acronimo Morena, un partito fondato nel 2011 e che vede in lui molto più di un capo. Alla cerimonia di insediamento ha promesso di lottare contro la corruzione, le diseguaglianze e di ridurre povertà e violenza. Secondo quanto riportato dal quotidiano messicano El Universal in molti considerano Obrador un potenziale dittatore. Ma a chi lo ha descritto in questo modo, il presidente ha promesso di non ricandidarsi “in nessuna circostanza”  e di rispettare tutte le libertà fondamentali. A partire da quella di espressione. Nel suo discorso inaugurale ha espresso il desiderio di incoraggiare l’economia nelle comunità rurali, di voler raddoppiare le pensioni e di fornire internet gratuito nelle scuole di tutto il Paese.

Si è detto pronto a operare una trasformazione in un contesto pacifico e organizzato. E la promessa a cui sembrerebbe tenere di più è quella di porre fine alla corruzione a all’impunità. Che ha distrutto e affamato lo stato e che, secondo Amlo, “ostacola il rinnovamento”. In campagna elettorale ha toccato, più di altri, alcuni temi in particolare. Uno su tutti, la rivoluzione che riguarderà la pubblica amministrazione, che ritiene di ridimensionare con una netta riduzione dei salari dei dipendenti.

Per avere dalla sua parte il consenso degli industriali e dei settori economici del Paese, durante la campagna elettorale, Amlo ha fatto un’altra promessa destinata a pesare più delle altre. Quella di non intervenire con una riforma fiscale durante i suoi primi tre anni di mandato. Eppure il Messico è tra i Paesi latini a ottenere meno introiti dalle tasse in relazione al prodotto interno lordo e senza uno strumento per ottenere una raccolta delle imposte potrebbe essere più complesso attuare gli investimenti promessi in campagna elettorale.

Obrador ha dichiarato più volte la volontà di pacificare il Paese, nonostante si tratti di uno dei luoghi più violenti al mondo, dove i cartelli della droga e le reti criminali controllano gran parte di alcune zone. Amlo, in campagna elettorale, aveva promesso di togliere i militari dalle strade per rimandarli nelle caserme. Ma alcuni deputati del suo partito hanno proposto di mantenere l’esercito più esposto e di costituire una Guardia Nazionale per unire tutti i corpi. Polizia militare, marina e polizia federale. Il Messico ha un rapporto strano con le sue forze dell’ordine. Per molti rappresentano, infatti, l’istituzione sulla quale viene riposta più fiducia. Per altri sono l’espressione della violazione perpetua dei diritti umani e della giustizia sommaria. Una questione delicata nei Paesi ispanici, che ancora non hanno dimenticato gli anni della dittatura.

Amlo, però, ha ottenuto una vittoria piuttosto ampia e sono tanti i messicani che hanno riposto in lui grandi speranze di cambiamento.  Il 63% dei suoi concittadini, infatti, ritiene che il neo presidente sarà in grado di risolvere il problema della corruzione, mentre il 70% prevede che la sua presidenza ridurrà la povertà e migliorerà l’economia.

Obrador sostiene di voler realizzare “la quarta trasformazione” del Paese dopo le lotte per l’indipendenza cominciate nel 1810, le riforme del presidente Benito Juarez e le guerre rivoluzionarie, che tra il 1910 e il 1920 diedero vita all’assetto attuale del Messico contemporaneo. A cui Amlo ha detto di ispirarsi.

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