Il Kurdistan è una regione storica che abbraccia cinque differenti Stati: Turchia, Iraq, Iran, Siria ed Armenia. Al suo interno vive la popolazione curda, la cui origine è iranica ed i cui discendenti sono identificati nell’antico popolo dei Medi.

Nonostante l’identità etnica dei curdi è ben definita, essi non hanno alcuno Stato: il Kurdistan perciò, oltre ad essere una regione distribuita in cinque nazioni diverse, può essere definito come uno “Stato mancato“, la cui nascita rappresenta la principale aspirazione futura di gran parte della comunità curda.
Come detto, i curdi sono una popolazione di origine iranica, secondo molti storici diretta discendente del popolo dei Medi.
Già nel 2000 a.C. si parla, in alcune fonti, di un popolo denominato “Gutei” o “Qurti” che abita una zona a cavallo tra l’attuale Anatolia e la Mesopotamia e che spesso è in contrasto con i Sumeri. Intorno all’800 a.C. i Qurti si sarebbero quindi fusi con i Medi, dando origine ad un popolo che oggi è possibile identificare come predecessore dei moderni curdi.
Tale popolo viene considerato ostile agli armeni, oltre che ai Persiani. La popolazione viene a contatto sia con l’impero di Alessandro Magno che con i Romani. Con quest’ultimi, come rivelano alcune fonti, risulterebbero spesso alleati.
Dunque, i curdi hanno sempre abitato nel corso della loro storia a cavallo tra Anatolia e Mesopotamia, oltre che in altre regioni del medio oriente. Così come gran parte delle popolazioni di questa parte dell’Asia, anche per i curdi arriva intorno al VII secolo d.C. la conversione alla religione musulmana. Attualmente, la stragrande maggioranza dei curdi professa l’islam sunnita anche se non mancano delle minoranze come, tra tutte, quella degli yazidi.
La lingua curda, parlata da gran parte dei curdi, è una lingua delle famiglie iraniche ed è indoeuropea. Non ha però lo status di lingua ufficiale in tutto il Kurdistan, solo alcuni Stati riconoscono il bilinguismo per le regioni a maggioranza curda.
Attualmente nella regione identificabile come Kurdistan, vivono circa 50 milioni di abitanti. In epoca moderna, diversi curdi emigrano all’estero: comunità curde sono esistenti in Europa, soprattutto in Germania, oltre che nelle Americhe ed in Australia.
Nelle epoche più recenti, ciò che viene identificato come Kurdistan viene diviso tra Impero Ottomano ed Iran. Una situazione che i curdi sperano di ribaltare costituendosi come Stato indipendente all’indomani della fine della prima guerra mondiale, dunque con la sconfitta degli ottomani.
Nel 1920, con il trattato di Sevrés, viene deciso che quella parte di Impero ottomano storicamente abitata dai curdi deve divenire Kurdistan indipendente. Per la prima volta dopo secoli, i curdi assaporano quindi la nascita di un proprio Stato.
Tre anni più tardi però, la promessa fatta dalle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale, viene disattesa. Nel 1923 infatti, viene firmato il trattato di Losanna che dà vita all’odierna Turchia i cui confini comprendono anche le regioni che sarebbero dovute invece essere assegnate al Kurdistan indipendente.
La regione viene quindi divisa tra Turchia e le zone di influenza francese ed inglese nate con il trattato di Sykes-Picot che, da lì a breve, darà poi vita agli odierni Stati di Siria ed Iraq.
Divenuti minoranza nei nuovi Stati nati negli anni Venti del secolo scorso, i curdi vanno quindi incontro a momenti di emarginazione che culminano con tentativi di omologazione della loro cultura con quella dominante.
Soltanto nell’immediato secondo dopoguerra si registrano importanti tentativi volti alla costituzione di un Kurdistan indipendente. Quello più meritevole di attenzione risale al 1946, quando nella parte iraniana del Kurdistan viene proclamata la Repubblica di Mahabad. Quest’ultimo è il nome della capitale del piccolo Stato che, nelle intenzioni dei suoi fondatori, deve costituire l’embrione del “grande Kurdistan”.
Un tentativo che però fallisce dopo appena undici mesi: nessuna delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale appoggia la neonata Repubblica, capeggiata da Qazi Muhammad, uno delle figure più importanti dell’indipendentismo curdo. Al suo fianco, nel ruolo di generale, si pone Mustafa Barzani, il quale proviene da una tribù del Kurdistan iracheno. Il primo è morto impiccato dopo le avanzate dell’esercito iraniano, il secondo dopo il fallimento della Repubblica di Mahabad ritorna in Iraq.
Attualmente i curdi presenti in questa zona, compresi quelli che risiedono un po’ più a nord nell’odierna Armenia, non hanno autonomia ma al tempo stesso non si registrano situazioni di particolare tensione con i rispettivi governi centrali.
Il Kurdistan assume così l’aspetto attuale, ossia quello di una regione divisa tra diversi Stati. Venti dei cinquanta milioni di curdi che abitano in questa regione, risiedono nelle regioni sud orientali della Turchia.
La questione curda nella Repubblica turca è una delle più incalzanti tematiche che contraddistingue il dibattito nel paese anatolico. I curdi costituiscono infatti un quinto della popolazione della Turchia, ma soprattutto nei primi anni viene negato loro di considerarsi curdi. Già negli anni Trenta la definizione di questa popolazione data da Ankara è quella di “turchi delle montagne”.
La prima formazione che recepisce il malcontento e le istanze dei curdi della Turchia, è il Pkk: nato nel 1984, oltre alla lotta per l’indipendenza curda il movimento porta avanti le istanze marxiste – leniniste sotto la spinta del leader Abdullah Ocalan. È lui la figura di riferimento dei curdi in Turchia, per tal motivo diviene nemico numero uno di Ankara. Catturato in Kenya nel 1999, attualmente Ocalan è in galera a seguito di una condanna all’ergastolo.

Il Pkk è considerato dalla Turchia come un’organizzazione terroristica ed alla formazione vengono imputati diversi attacchi contro obiettivi militari e civili tra gli anni Ottanta e Novanta. Nonostante la prima apertura di un dialogo negli anni 2000, lo scontro con lo Stato centrale appare netto ed oggi la Turchia guidata da Erdogan persegue i vertici del Pkk come capi terroristi.
A livello politico, a sostenere la causa dei curdi nel paese anatolico sono tradizionalmente i partiti più a sinistra. Attualmente il partito politico di riferimento del popolo curdo in Turchia è l’Hdp, presente in parlamento e capace di piazzare numerosi sindaci nelle città più grandi del Kurdistan turco. Il centro di riferimento dei curdi in Turchia è la metropoli di Diyarbakır, la cui popolazione appartiene per il 72% all’etnia curda.
In Iraq il Kurdistan occupa una porzione della parte nord orientale del paese: la città di riferimento è Erbil, attuale capoluogo della regione autonoma, ma un altro importante centro è quello di Sulaymaniyah. Per arrivare però alla costituzione della regione autonoma, anche i curdi in Iraq hanno dovuto patire parecchio.
I rapporti con il potere centrale di Baghdad non sono mai stati ottimi, sia durante la monarchia che nelle successive forme di Stato del paese arabo. Una figura centrale per i curdi iracheni è quella di Mustafa Barzani: fondatore del Pdk, Partito democratico del Kurdistan, è lui a portare in primo luogo avanti le istanze del popolo curdo in questa regione.
Nel 1970 si arriva alla firma di un accordo tra Barzani ed il governo iracheno, da poco comandato dai vertici del partito Baath, tra cui un giovane Saddam Hussein. Quest’ultimo però, poco dopo si rivelerà acerrimo nemico sia di Barzani che in generale della questione curda. La regione del Kurdistan iracheno è sconvolta da almeno quattro insurrezioni, uno delle quali culmina con il bombardamento chimico di Halabja del 1988, a pochi mesi dalla fine della guerra tra Iraq ed Iran.
Nel frattempo, all’interno della comunità curda, si assiste anche ad una scissione del Pdk: nel 1975 infatti, Jalal Talabani fonda l’Unione Patriottica del Kurdistan (Upk), la quale entra in forte competizione con il Pdk di Barzani. Tuttavia è quest’ultimo partito, la cui reggenza viene poi presa da Masud Barzani, figlio di Mustafa, ad assumere il ruolo di formazione guida della causa curda.
La situazione cambia nel 1991, all’indomani della prima guerra del Golfo: con la sconfitta dell’esercito iracheno in Kuwait ad opera degli Usa, viene imposta una no fly zone per impedire a Saddam Hussein di usare gli aerei per reprimere le rivolte che iniziano a scoppiare nella regione. Questo porta ad un’autonomia non sancita dalle leggi irachene, bensì “de facto”. Tuttavia, all’interno del Kurdistan iracheno scoppia una faida interna tra Pdk e Upk, con le due fazioni che raggiungono un accordo basato sulla spartizione delle rispettive aree di influenza.
La svolta vera e propria si ha nel 2003, con la caduta di Saddam a causa dell’intervento armato americano. Questo comporta per i curdi la possibilità di vedere inserita, all’interno della nuova costituzione, la nascita di una regione autonoma curda con un proprio governo ed un proprio parlamento. I peshmerga, storici combattenti curdi, vengono poi identificati come forze di sicurezza della regione. La regione autonoma del Kurdistan è realtà a partire dal 2005.
Nel 2014 sono proprio i peshmerga ad essere chiamati a combattere contro l’Isis: lo Stato islamico, sfruttando la debolezza dell’esercito iracheno, in quell’anno conquista Mosul e dilaga nel nord dell’Iraq, anche in alcune zone della regione curda. Dal 2014 al 2017, i Peshmerga sono impegnati nella battaglia all’Isis. Tuttavia, emergono contestualmente i dissidi con il governo centrale di Baghdad per la gestione delle risorse petrolifere, che iniziano ad essere vendute autonomamente, e per lo status della contesa provincia di Kirkuk. Per tal motivo Barzani, in qualità di presidente della regione autonoma del Kurdistan, promuove un referendum sull’indipendenza. Nel settembre del 2017 gran parte dell’elettorato vota a favore della secessione da Baghdad, tuttavia il mancato appoggio delle potenze internazionali e la reazione dell’esercito iracheno impediscono la proclamazione dell’indipendenza.
Rispetto alla composizione della regione storica del Kurdistan, i curdi che abitano in Siria occupano la parte occidentale. In curdo occidente viene indicato con il termine “Rojava“, da qui la denominazione con la quale gli stessi curdi riconoscono le regioni siriane da loro abitate.
Per la verità parlare di Kurdistan siriano è comunque improprio: a differenza che negli altri paesi dove si estende la regione a maggioranza curda, in Siria esistono più che altro delle aree contraddistinte dalla presenza curda. Tuttavia, nel contesto dell’intero Kurdistan, il ruolo dei curdo siriani è sempre stato importante. Questo perché il governo siriano retto da Hafez Al Assad, per tenere sotto pressione la Turchia, ha sempre concesso alla popolazione di queste aree un certo sostegno. Proprio qui, ad esempio, Ocalan ha organizzato il Pkk.
Tuttavia, il sostegno non ha mai coinciso con autonomia politica delle città a maggioranza curda. Tra queste occorre ricordare Qamishli, Al Hasakah, Kobane ed il cantone di Afrin. Nel 2004 a Qamishli una rivolta a seguito di tafferugli iniziati all’interno dello stadio, incrina i rapporti con Damasco.
La svolta però arriva nel 2012: con il presidente siriano Bashar Al Assad in difficoltà per via della guerra civile scoppiata nel paese, i curdi trainati dalle fazioni del Ypg si auto organizzano e prendono il controllo delle aree da loro maggiormente abitate. Nasce così la regione “de facto” del Rojava, controllata dalle milizie curde ed autonoma da Damasco. Dal 2014 le Ypg intraprendono una lotta contro l’Isis, il quale avanza nelle aree attorno Kobane. L’anno seguente, le milizie Ypg entrano nella coalizione denominata Sdf e, con l’appoggio Usa, dilagano in tutto l’est della Siria, anche in zone a maggioranza araba.
La prospettiva della formazione di una vasta regione autonoma curda lungo il confine con la Siria, agita la Turchia di Erdogan che, per tal motivo, dal 2016 inizia ad attuare operazioni militari all’interno del territorio siriano. Nel 2018, Ankara lancia l’offensiva denominata “Ramoscello d’Ulivo”, con la quale viene occupato il cantone di Afrin. Nel 2019 invece, analoga missione viene lanciata in gran parte del Rojava.