La storia della battaglia di Kharkiv

La battaglia di Kharkiv ha avuto come obiettivo la conquista della seconda città ucraina da parte dell’esercito russo, nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022. I combattimenti hanno coinvolto la città già nelle prime ore di guerra e sono andati avanti per diversi mesi. La battaglia viene considerata conclusa solo con il contrattacco ucraino sferrato nel settembre 2022, con il quale i russi sono costretti al ritiro verso i propri confini.

Kharkiv nella storia viene attraversata da diverse battaglie. L’ultima, prima della crisi del 2022, riguarda la battaglia che porta il nome di Kharkiv-Izyum combattuta durante la Seconda guerra mondiale, con l’esercito sovietico che riesce a contrapporsi a quello nazista. Anche per questo la città viene vista dai russi come tra le più importanti a livello storico e culturale.

La sua posizione la pone poi in un nodo strategico, tanto a livello militare quanto forse soprattutto a livello politico. Situata infatti ad appena 100 km dal confine con la regione russa di Belgorod, Kharkiv ha al suo interno un’importante minoranza russofona. Tanto che nel 2014, quando a seguito della rivoluzione di Maidan a Kiev si insedia un governo filo occidentale, il suo territorio sembra destinato a seguire gli oblast di Lugansk e Donetsk nella rivolta organizzata da secessionisti filorussi.

In quell’anno Kharkiv vive momenti di forte tensione, tuttavia la città rimane in mano ucraina e non si ha la prevalenza di gruppi separatisti anti Kiev. Ad ogni modo, quando da Mosca si preparano i piani per un attacco contro l’Ucraina nel 2022, Kharkiv sembra rappresentare una delle priorità degli alti comandi russi. Proprio in virtù della vicinanza al confine e della popolazione russofona al suo interno, i vertici del Cremlino sperano di vedere una flebile resistenza ucraina e poter avanzare subito verso il centro cittadino.

Quando alle 3:51 del 24 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin annuncia, durante un discorso alla nazione, l’inizio di quella che viene chiamata “operazione militare speciale”, Kharkiv è tra le prime città a essere raggiunta dai bombardamenti. La popolazione viene svegliata dal rumore delle esplosioni provocate da raid che, nelle prime ore, prendono di mira soprattutto obiettivi militari situati in periferia.

All’alba nel territorio della regione di Kharkiv entrano i primi carri armati russi provenienti da Belgorod e ammassati a ridosso del confine già da diverse settimane. Mosca sembra puntare a una veloce avanzata almeno alle porte di Kharkiv. Si hanno infatti notizie di mezzi inviati dal Cremlino in prossimità della periferia nord e della periferia est al mattino del 24 febbraio.

Gli ucraini nella zona non sono colti di sorpresa, ma i comandi generali a Kiev sono alle prese con una situazione generale molto problematica dovendo fronteggiare un attacco su più fronti da parte russa. Viene però dato l’ordine, nonostante una veloce prima avanzata delle forze di Mosca, di non cedere la città e di preservarla. Se per il Cremlino prendere Kharkiv è importante a livello politico e strategico, è altrettanto vitale per Kiev evitare di perdere la seconda città ucraina e la prima capitale della vecchia Repubblica Socialista ucraina.

Tra i principali reparti ucraini in città c’è senza dubbio la 92esima Brigata meccanizzata, comandata da Pavlo Fedosenko. È lui a organizzare le prime linee di difesa a ridosso del centro urbano di Kharkiv. Gli ucraini riescono, nella giornata di sabato 26 febbraio, a ingaggiare importanti combattimenti nel villaggio di Tsyrkuny. Si tratta probabilmente della prima vera battaglia difensiva delle forze di Kiev nella regione di Kharkiv. I cronisti del New York Times arrivati nell’area descrivono scene di devastazione: si notano diverse vittime da entrambe le parti, così come mezzi corazzati distrutti e molti crateri sul terreno. Segno quindi di una battaglia molto aspra.

La giornata decisiva per questa prima fase della guerra è quella di domenica 27 febbraio. I russi spingono da nord e iniziano a spingere anche da ovest, provando ad aggirare le difese ucraine lungo la strada che attraversa i boschi in prossimità della località di Pisochyn. Il comandante della 92esima brigata intercetta però i mezzi corazzati russi, arrestando parzialmente l’avanzata.

La doppia spinta delle forze di Mosca permette comunque ai primi reparti russi di entrare a Kharkiv. Per l’intera giornata si susseguono notizie contraddittorie: da un lato fonti russe che danno per imminente la caduta della città, dall’altra però fonti ucraine che, oltre a invocare alla resistenza da parte di militari e civili, sostengono di avere ancora in mano il controllo del territorio.

Nemmeno i cittadini hanno contezza della situazione, specialmente quelli residenti a ridosso dei quartieri coinvolti dalla battaglia. Sui social spuntano video girati dagli abitanti asserragliati in casa, in cui si notano scontri strada per strada tra russi e ucraini in alcune zone della periferia. Immagini che testimoniano un primo serio tentativo di Mosca di sconfiggere nel giro di poche ore ogni resistenza. Sembra il preludio alla capitolazione delle forze ucraine locale.

In serata però arriva il dietrofront: da Kiev danno per ufficiale il respingimento dei russi lungo gli assi difensivi di Kharkiv. Il governatore della regione, Oleh Synyehubov, dichiara il 27 sera che la città è interamente in mano ucraina e che i russi penetrati nel territorio urbano sono da considerarsi respinti. Circostanza confermata il giorno successivo dal sindaco, Ihor Terekhov.

L’esercito ucraino riesce quindi a respingere le prime incursioni russe in centro, Kharkiv però non è risparmiata dalla guerra. Al contrario, per superare le difese di Kiev le forze di Mosca iniziano a bersagliare in modo molto pesante la città. Nei primi giorni è la periferia a essere colpita, a marzo invece anche il centro non è risparmiato.

La dimostrazione è data dal bombardamento subito dal palazzo che ospita la sede delle istituzioni regionali, nel cuore di Kharkiv. L’edificio il primo marzo viene colpito da un missile, la deflagrazione lo danneggia pesantemente e causa anche diversi feriti tra i civili. L’episodio diventa il simbolo di questa prima parte della battaglia per la seconda città ucraina, da subito considerata la più colpita dall’inizio della guerra.

I raid si susseguono giorno dopo giorno. I russi usano l’aviazione, così come i missili a media gittata e l’artiglieria nelle zone più vicine alla linea del fronte oramai consolidata poco più a nord dell’area urbana. In migliaia scappano in zone ritenute più sicure. Vengono organizzati treni e autobus per permettere alla popolazione di raggiungere Kiev e le regioni occidentali del Paese. Si calcola che almeno mezzo milione, sul milione e mezzo di abitanti dichiarati prima del conflitto, scappano da Kharkiv per le conseguenze della battaglia. Quasi un abitante su tre va via, lasciandosi dietro macerie e ansie per il futuro.

Chi rimane ogni notte è costretto a convivere con i rumori delle sirene antiaeree che risuonano costantemente. L’amministrazione comunale introduce più volte il coprifuoco sia come misura di sicurezza per i cittadini che come misura per coprire gli spostamenti notturni dell’esercito. I servizi essenziali sono erogati in modo discontinuo, anche se la popolazione non patisce comunque la penuria di cibo e acqua.

Sul campo i russi avanzano nelle campagne a nord di Kharkiv, lungo le linee di frontiera. Così come iniziano a marzo a guadagnare terreno nella regione meridionale dell’oblast di Kharkiv, puntando su Izyum, vera e propria porta del Donbass e dunque obiettivo strategico vitale per il Cremlino.

Se nella regione circostante i russi controllano i confini e avanzano nelle aree a ridosso di Izyum e del fiume Siversky Donetsk, nell’area urbana di Kharkiv invece si assiste a un vero e proprio stallo. Le forze di Mosca non riescono a sfondare, nonostante l’uso massiccio dell’artiglieria e nonostante i costanti bombardamenti, le linee difensive ucraine.

Si crea una linea di fronte stabile e sostanzialmente immobile per tutto il mese di aprile, con i russi alle porte di Kharkiv impossibilitati però ad avanzare verso il centro. Lo stallo fa venire meno anche una delle prime convinzioni politiche di Mosca. E cioè che la popolazione russofona della città viene incontro ai russi facilitandone l’avanzata. Al contrario, i cittadini di Kharkiv vedono nei raid e nelle azioni delle truppe di Mosca degli atti ostili che porta loro a supportare la difesa ucraina. Peraltro l’amministrazione cittadina è retta da una giunta che, pur avendo avuto in passato legami con il Partito delle Regioni, la formazione dell’ultimo presidente filorusso Viktor Yanukovich, dal 2014 in poi prende le distanze dal Cremlino evitando l’instaurarsi di repubbliche separatiste come nel Donbass.

Uno scenario politico quindi strettamente connesso a quello militare: Kharkiv mantiene una posizione legata al governo di Kiev e dalla capitale ucraina giungono continui input affinché la città non cada in mano alla Russia.

La situazione di stallo a nord di Kharkiv termina nei primi giorni di maggio. Gli ucraini infatti iniziano a contrattaccare e a guadagnare diverse posizioni. L’avanzata ha luogo il primo maggio e per i successivi 12 giorni le forze di Kiev rivendicano la riconquista di alcune importanti località, spingendosi in alcuni tratti anche a ridosso del confine russo.

A muoversi ancora una volta è la 92esima brigata meccanizzata, aiutata dalla 93esima. A confermare il successo del contrattacco ucraino sono i servizi segreti di Usa e Regno Unito. I russi dal canto loro sembrano preferire una progressiva ritirata ordinata, rimanendo in possesso solo di una zona cuscinetto importante per proteggere il confine.

Kiev dà il via libera alla controffensiva forse confortata dalle notizie passate dall’intelligence alleata, a partire da Washington e Londra. I servizi, in particolare, notano una certa debolezza russa nel quadrante attorno l’area urbana di Kharkiv. Una debolezza dovuta principalmente allo sforzo di Mosca attuato nell’area meridionale dell’oblast di Kharkiv, lì dove i russi a fine aprile conquistano Izyum e iniziano ad avanzare verso le aree di Lugansk e Donetsk. In qualche modo il Cremlino sembra accettare l’idea, una volta iniziato il contrattacco ucraino, di indietreggiare rispetto all’area urbana di Kharkiv.

L’azione ucraina si arresta intorno al 13 maggio, dopo aver permesso alle truppe di Kiev di riprendere in proprio possesso l’hinterland di Kharkiv e aver fatto indietreggiare verso il confine i soldati russi. Al termine del contrattacco, la seconda città ucraina non può più considerarsi “contesa” ma definitivamente in mano a Kiev. Inoltre il centro non è più a portata di artiglieria russa, con quindi un sostanziale alleggerimento della pressione bellica anche sugli stessi cittadini di Kharkiv. C’è però da sottolineare come i bombardamenti missilistici continuano a non dare tregua.

Per tutta l’estate non si assiste a significative variazioni lungo la nuova linea del fronte imposta dalla controffensiva di maggio. Una nuova svolta si ha però nel secondo fine settimana di settembre. Kiev infatti dà il via libera a un nuovo contrattacco, il cui obiettivo questa volta è la riconquista dell’intera area a nord e a est di Kharkiv.

La seconda controffensiva attorno alla seconda città ucraina è figlia in realtà dell’azione ordinata dagli alti comandi militari di Kiev nella regione meridionale dell’oblast’ di Kharkiv. Qui, tra l’8 e il 12 settembre in poche ore gli ucraini riprendono tutti i territori persi a vantaggio dei russi tra aprile e maggio. Le truppe ucraine entrano infatti a Izyum e in tutte le altre città a ovest del fiume Oskil, costringendo le forze di Mosca a una frettolosa ritirata verso est.

Forti del successo del contrattacco a sud di Kharkiv, domenica 11 settembre i soldati agli ordini del presidente Zelensky si muovono verso le posizioni russe a nord della città. In poche ore l’intero territorio posto tra il confine con la federazione russa e il fronte a ridosso di Kharkiv risulta tornato in mano ucraina.

La città non solo, come dopo la prima controffensiva di maggio, non ha più forze russe vicino l’area urbana, ma adesso assiste all’indietreggiamento di Mosca da tutta la regione a sé circostante. Secondo molti analisti, in questo modo può dirsi conclusa la battaglia di Kharkiv iniziata il 24 febbraio 2022.

Come a Kiev e a Kherson, altre città da dove i russi si sono ritirati oppure, come nel caso della capitale ucraina, in cui hanno dovuto rinunciare all’attacco, anche a Kharkiv sul finire del 2022 vengono registrati numerosi bombardamenti. Centrali elettriche ed infrastrutture energetiche sono costantemente prese di mira, con le autorità costrette a razionare l’erogazione di energia.

Kharkiv è costretta così a patire un inverno rigido affrontato senza riscaldamenti e con gravi disagi per i propri cittadini. La città non sente più i rumori dell’artiglieria, essendo i russi oramai lontani. Tuttavia subisce gli effetti del conflitto tramite bombardamenti e carenze di servizi basilari. La situazione al suo interno viene descritta come molto critica.

Ad ogni modo, sotto il profilo strettamente militare, il suo territorio è saldamente in mano ucraina con l’esercito di Kiev che ne mantiene il controllo. Questo nonostante, all’inizio del conflitto, nei piani di Mosca la presenza di una solida minoranza russofona doveva garantire appoggio alle operazioni del Cremlino. In realtà, anche alla luce degli esiti della battaglia, la popolazione di Kharkiv sembra aver scelto di rimanere vicina alle istituzioni ucraine.

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